07 ottobre 2011

Un disco con i baffi: il nuovo di Bugo

Corre l’anno 1996. Gianluca Grignani non ne può più e sta per deragliare. Si è sente un pupazzo chiuso in una vetrina di giocattoli da bambina, non regge più la pressione seguita al clamoroso successo ottenuto col disco d’esordio, è in crisi di identità, vuole fuggire dal retro.Vuole sparire e sparisce sul serio. Le malelingue giurano che è stato trovato stecchito in mezzo ai cassonetti in un vicolo di Milano. Overdose, ma non è vero. È in Giamaica per ritrovarsi, ha la folgorazione e decide di farsi i dreadlocks, poi si pente, taglia i capelli in stile punk e li tinge di biondo. Ascolta tanta musica altrui, ma soprattutto se ne fotte e scrive musica nuova, reagisce agli eventi, riprende a respirare, ricomincia a vivere. Ed il suo riscatto, la sua autentica fuga per la libertà si chiama “La Fabbrica Di Plastica”. Un disco vero, bellissimo, che dopo quindici anni è ancora vivo ed in grado di abbagliare. Il tracollo di un uomo e la sua resurrezione, croce e delizia, flop clamoroso e allo stesso tempo vero successo perché ha permesso a Grignani di esser figlio di se stesso, di riacquistare la propria autostima, di tornare ad essere carne da dare in pasto ai leoni che popolano il mondo discografico italiano. “La Fabbrica Di Plastica” è stato seguito da un altro grande disco come “Campi di popcorn”, poi è venuta la normalizzazione perché con certa roba in Italia non si campa ed è meglio fare marchetta – ma chi se ne importa, “La fabbrica di plastica” rimane un disco unico ed irripetibile in Italia (almeno a livello mainstream, almeno per quei tempi).

Mi piace pensare che se Gianluca Grignani avesse potuto continuare a fare ciò che voleva oggi se ne sarebbe uscito con un disco come “Nuovi Rimedi Per La Miopia” di Bugo. E mi piace pensare a Bugo, a quanto si mette in gioco cambiando pelle in occasione di ogni disco, a quanto è in grado di rischiare facendo solo la cosa che vuole (e facendola pure parecchio bene, ma tant’è), alla sua indipendenza artistica ai limiti dell’incoscienza. A questo giro Bugo ha scelto di fare le cose in grande, ha scelto di essere quel Gianluca Grignani – per la precisione una sorta di Gianluca Grignani che si esprime come Enzo Jannacci – ed ha dato alle stampe un disco parecchio spiazzante, che arriva dopo parecchi ascolti ma quando arriva, arriva (come il Natale secondo Renato Pozzetto testimonial di panettoni). In “Nuovi rimedi per la miopia” c’è molto Grignani epoca “La fabbrica di plastica” ma ci son dentro pure i Flaming Lips (il primo singolo “I miei occhi vedono”), il miglior Cesare Cremonini di “Gli uomini e le donne sono uguali” (“La salita”), la spiritualità elettrico-elettronica dell’ultimo Franco Battiato (“Lamentazione nr 322”), il Lucio Battisti post-Mogol (“Città Cadavere”) e molto altro. Riferimenti “alti” (sia nel senso culturale che di gradimento del grande pubblico, quello che compra ancora i dischi e li fa schizzare alti nelle hit parade) che traggono nutrimento da un solido humus indie (ammesso che questo termine voglia ancora dire qualcosa nel 2011) per portare avanti certe intuizioni ultra-pop del precedente “Contatti”. Insomma, pop da classifica fatto alla maniera di Bugo.

Con questo “Nuovi Rimedi Per La Miopia” Bugo è riuscito a fare un disco facile e nello stesso tempo difficile, dipende solo dal punto di vista da cui lo si vuole osservare. Secondo il mio modesto parere, sarebbe ora di accendere la radio e sentirlo a qualsiasi ora, sarebbe tempo di heavy rotation su Mtv. Probabilmente pretendo troppo, ma è bello sognare grazie alla grande musica pop.

(IFB)

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