28 gennaio 2011

DELLA VITA DOPO LA MORTE, DELLA CANZONE ITALIANA, DEL CATERING DI GIANNI MORANDI E DI POVIA CHE CI MANCA PARECCHIO

Ridateci la salma di Mike Bongiorno, che c'è un festival da presentare. Eh sì, perché sta per iniziare il Festival di Sanremo ed è sparita l'attrazione principale, colui che doveva far fare il salto di qualità alla celeberrima kermesse sonora, il valore aggiunto in grado di fare la differenza: in poche parole Mike Bongiorno, ingiustamente catturato da alcuni ricattatori che vogliono impedire lui un trionfale quanto incredibile ritorno sulle scene a diversi mesi dalla morte.

Nessuno ha ancora avuto il coraggio di dirlo perché è un dettaglio che avrebbe dovuto rimanere segreto fino all'ultimo (non lo sapevano neppure i figli e la moglie), ma Mike quest'anno avrebbe presentato il festival in coppia con Gianni Morandi. Più o meno una cosa tipo Weekend con il morto (uno dei film più belli di sempre) con Luca Bizzarri e Paolo Kessissoglu a fare la parte dei due tipi che si portano in giro Bernie Lomax morto e Belen Rodriguez ed Elisabetta Canalis a fare la parte delle tipe che andavano alle feste a casa di Bernie Lomax solo per scroccare alcoolici e fornicare, ma che fa molto più ridere perché di mezzo c'è pure Gianni Morandi e quando c'è Gianni si ride sempre date le orrende voci ludico-culinarie che circolano da tempo su di lui (voci che peraltro sono solo leggende metropolitane e sono assolutamente false, o almeno lo spero. Anzi no, spero che siano vere perché fanno troppo ridere anche se mi fanno schifo).

Va da sé che gli organizzatori avevano in serbo altre sorprese incredibili (tipo Mino Reitano, Maurizio Mosca e i Pooh – ah no, i Pooh sono ancora vivi. Niente Pooh. Allora Povia – no Povia è vivo e lotta insieme a noi ed addirittura presenta un programma di canzoni per bambini su Canale Italia. Nessun Povia da sbeffeggiare perché ce l'ha con i gay o con i parenti di chi si trova in stato vegetativo, ad occhio e croce mi sa che ci penseranno i bambini del suo programma ad insultarlo di persona), ma purtroppo con la scomparsa di Mike è saltato tutto e le cose non saranno belle come avrebbero potuto essere se ci fosse stato lui a presentare insieme a Gianni Morandi.

Peccato, dovremo accontentarci del solito noioso Festival di Sanremo dove si sa già chi vince e chi perde, e dovremo farcene una ragione. That's life, per quest'anno purtroppo è andata ma al prossimo giro saremo più fortunati, perché prima o poi La Ruota della Fortuna si ferma sul tuo numero vincente e quando succede hai svoltato davvero e la tua vita cambia per sempre. Per la cronaca: quest'anno il Festival di San Remo lo vince Al Bano e lo sconfitto principale come sempre sarà la musica leggera italiana.

Tra l'altro Ylenia Carrisi, la figlia di Al Bano anch'essa scomparsa nel nulla come la salma di Mike, iniziò la sua carriera con il grande presentatore italo-americano a La Ruota della Fortuna, dunque tutto torna.

25 gennaio 2011

“Me fa 'na pippa a due mani quel frocetto” (cit.)





Nel bar dove tutte le mattine vado a fare colazione l'espositore che a mo' di altare pagano pubblicizzava il nuovo disco di Michael Jackson è stato sostituito da un videopoker. Non ho ancora capito perché il gestore abbia preso questa assurda decisione, ma da qualche giorno a questa parte gli occhi di Michael non mi fissano più mentre bevo cappuccini e mangio bomboloni alla crema ed io un po' soffro perché mi rendo conto che la gente sta perdendo di vista le religioni per inseguire fama e denaro. Ok, Michael Jackson credeva di essere Cristo e fino ad un certo punto della sua carriera è stato una macchina da soldi, ma sostituirlo con una macchina che mangia i soldi alla povera gente ed induce a puntare sempre più in alto mi pare eccessivo e poco rispettoso della sua importantissima figura di idolo delle masse. Povero Michael, se fossi ancora qui tra noi le cose andrebbero senz'altro diversamente (soprattutto per quei necrofili della tua casa discografica, che hanno fatto uscire un tuo disco postumo che fa davvero schifo e che tu non avresti mai e poi mai fatto uscire) - ma siccome cercavi di andare avanti nonostante fossi artisticamente morto già dai tempi del tour di Dangerous forse pensandoci bene non è poi così grave sostituirti con un videopoker. In un modo o nell'altro si tratta sempre di fottere la gente che ci crede (ovviamente mi astengo dal fare gesti inconsulti del tipo aggiungere “e tu oltretutto fottevi anche i bambini, il che rappresenta un'aggravante” perché non ho mai creduto fino in fondo alle accuse di pedofilia e poi perché sono un garantista).

A proposito di bambini (ovviamente mi astengo ancora una volta dal fare gesti inconsulti del tipo aggiungere “e tu oltretutto fottevi anche i bambini, il che rappresenta un'aggravante” perché non ho mai creduto fino in fondo alle accuse di pedofilia e poi perché sono un garantista nonché fan del copiaincolla), quasi quasi ha ragione Papa Ratzinger quando dice che i giovani devono conservare intatto il loro set di valori di riferimento e nel tempo libero possono anche utilizzare internet ed i social network, a condizione però che non si costruiscano una vita parallela e soprattutto che non aprano un profilo Facebook utilizzando una falsa identità. Ci son problemi ben più gravi nel mondo, eppure la Chiesa Cattolica trova il tempo anche per illuminarci sull'annoso aspetto dei falsi profili Facebook. Io per tagliare la testa al toro ho un profilo Facebook legato al mio blog e non ho un mio profilo personale, non me ne frega nulla di costruirmi una vita parallela perché sono già più che soddisfatto della mia vita vera e non ho neanche un profilo falso, dunque ad occhio e croce non dovrei trovarmi a casa le Guardie Svizzere (anche perché sono maggiorenne, e da un pezzo) e nemmeno il Moige, ma tanta altra gente potrebbe avere grossi problemi col Vaticano e col Moige (una su tutti: Ruby Rubacuori, che non si chiama così e dunque il suo profilo Facebook è falso, e poi si costruisce una realtà parallela perché da piccola è stata violentata dallo zio – che poi secondo quanto dice Berlusconi è Mubarak, e qui mi trovo a casa l'esercito egiziano e i Promotori della Libertà). Ma poi, a dire il vero, c'è ancora qualcuno che ascolta ciò che dice la Chiesa Cattolica? Che io sappia sono ormai rimasti in pochi. Bene, avanti così fino al trionfo dell'umanità sulla religione cattolica (anzi, fino al trionfo dell'umanità sulle religioni in generale – ad abbondare non si sbaglia mai).

Chiude il tutto una cosa che non c'entra un cazzo (o forse sì), ossia il fatto che l'ex cantante de Il parto delle nuvole pesanti si è offeso perché a suo dire Antonio Albanese nel suo ultimo film ha usato una sua canzone senza chiedergli il permesso ed oltretutto si è preso il lusso di distorcerne il messaggio fornendo una immagine sbagliata della Calabria. A parte il fatto che dopo averlo letto ho riso dieci minuti buoni, ma c'è qualcuno che ascolta Il parto delle nuvole pesanti oltre agli studenti fuorisede con i pantaloni a righe, lo zaino Invicta, il cartone di Tavernello e/o la birra Moretti, le sigarette autofabbricate con tabacco Drum e cartine Rizla, i peli ascellari visibili anche sotto la felpa andina, la bandiera della Giamaica, la maglia con Che Guevara ed i genitori ricchi? C'è qualcuno oltre a Rockit che sa cosa sia Il parto delle nuvole pesanti? C'è qualcuno che ha ancora senso dell'ironia, capacità di prendersi poco sul serio e voglia di ridere? C'è qualcuno che ha l'umiltà di capire che il proprio messaggio non è il Verbo assoluto e soprattutto che spesso e volentieri il proprio messaggio non è comprensibile a tutti (anzi purtroppo non gliene frega un bel niente a nessuno)? A questo punto vien perfino spontaneo dire che Albanese ha fatto bene a distorcere senza permesso e che solo per questo bisognerebbe catapultarsi al cinema in massa a vedere il suo film, ma mi astengo dal fare pubblicità gratuita e mi limito a fare una citazione-colta-che-non-c'entra-nulla dicendo che i Prophilax su Wojtyla avevano ragione da vendere ed il loro ragionamento si può applicare anche ad altri personaggi e ad altri ambiti. La cultura bassa vince sempre, ed in realtà è cultura altissima anche se una certa sinistra non se ne è ancora accorta.

(ed un grazie ad Idiotaignorante per la foto che gli ho rubato)

23 gennaio 2011

LA BEFANA VIEN DI NOTTE CON LE SCARPE TUTTE ROTTE



Guardare una puntata di Annozero è favoloso perché poi capisci il motivo per cui la gggente vota a destra. Una trasmissione del genere sembra un circo nel quale puoi trovarci dentro di tutto, ma soprattutto è un posto in cui si parla sempre malissimo di Berlusconi sicché gli ospiti di destra possono fare la parte delle vittime e l'italiano medio che ha paura dei comunisti che mangiano i bambini si convince del fatto che Berlusconi è meglio degli altri (o, al limite, meno peggio degli altri) e che Michele Santoro porta avanti un piano di persecuzione al Premier per conto della nuova Internazionale Comunista (ossia i giudici di Milano).

Tanto per dire, giovedì scorso c'era nelle vesti di rappresentante della destra c'era Daniela Santanché, che sfoderava addirittura una arrogantissima caccola di discrete dimensioni nella narice sinistra (i primi piani erano impietosi e si vedeva benissimo questa incertezza spuntare dal naso, così come si vedeva benissimo un lifting estremo che le proiettava verso l'esterno le labbra e gli zigomi ogni qual volta urlava – cioè per l'80% circa della trasmissione. Ho riso un sacco) eppure riusciva a sembrare vittima di un vile agguato mediatico e probabilmente finiva per suscitare compassione negli spettatori a casa, che nel loro intimo le avranno pure dato ragione (anche se non lo ammetteranno mai perché si vergognano di dare ragione ad una donna con le palle)(donna con le palle non nel senso che sembra un/una trans, ovviamente, ma nel senso che è una bella donna di carattere e temperamento. Daniela, grazie per la ricarica da cento che mi hai fatto nel cellulare). Ad esempio, il Direttore de L'Unità Concita De Gregorio argomentava farfugliando di fronte alle cose a caso urlate dalla simpatica Santanché eppure sembrava colei che aggrediva e non il contrario. Un grande risultato senza ombra di dubbio, l'ennesima vittoria della sinistra italiana.

La Santanché poi se ne è andata via sul finire di trasmissione dopo una vignetta di Vauro sul Papa che faceva troppo ridere ed ha fatto bene perché l'italiano medio non capirà mai una vignetta del genere così come non riderà mai alle esilaranti vignette di Vauro (un genio) - e dunque a ragione lei e torto gli altri perché non sanno parlare al popolo – ma è un dettaglio secondario. Conta solo il fatto che in trasmissioni del genere gli ospiti di destra fanno sempre un figurone anche se l'intento iniziale è totalmente diverso, e pure certa stampa sembra quasi aiutare involontariamente Silvio. E poi, diciamoci la verità: l'ultima campagna di L'Unità che propone di boicottare Berlusconi perché non rispetta la figura della donna è quanto di meno ironico, più prevedibile e più noioso si sia visto in giro da parecchi anni a questa parte. Solo che se lo dici in giro sei automaticamente un maschilista, così come sei un maschilista, intollerante ed omofobo se dici che la Santanché è una gran bella donna (altro giro, altro regalo, altra ricarica da cento).

20 gennaio 2011

Un disco uguale agli altri due: The Go! Team - Rolling Blackouts

Il nuovo disco dei Go! Team risponde al nome di “Rolling Blackouts” ed è assolutamente identico ai precedenti “Thunder, Lightning, Strike” e “Proof Of Youth”. E quando dico identico intendo uguale in tutto e per tutto: stesso impasto di pop e ritmi anni sessanta, funk, electro, hip hop, colonne sonore di telefilm polizieschi americani di serie Z e chitarre indie, stessa attitudine tritatutto alla Fatboy Slim, stesso immaginario di sempre ed addirittura stessa sequenza nella tracklist con tanto di cavalcata iniziale, singolone-ruffiano-che-ci-sta-a-pennello e stracciamutande conclusivo che chiude in bellezza come è giusto che sia. Cambiano solo i titoli dei brani e (di poco) il minutaggio di ognuno di essi, ma un disco del genere avrebbe anche potuto essere sostituito dal loro disco di esordio o dal suo successore e nessuno si sarebbe accorto di nulla.

Per descriverlo si potrebbe anche iniziare a copiaincollare brandelli di vecchie recensioni altrui cambiando titoli e ricorrendo al vecchio, caro dizionario dei sinonimi e contrari per camuffare meglio il plagio, ma non mi sembra corretto e dunque non lo faccio (anche perché il dizionario dei sinonimi e contrari l’ho gettato nella spazzatura dopo l’esame di maturità e non ne ho a disposizione un altro. Peccato). Per quanto mi riguarda i Go! Team fanno benissimo a ripetersi. Se solo avesse avuto un minimo di decenza avrebbe dovuto fare così anche Beck, replicando “Odelay” all’infinito.

A dire il vero, nessuno avrebbe chiesto ai Go! Team qualcosa di diverso. Un gruppo del genere o ti piace tantissimo o non ti piace per nulla, e se ti piace vuoi risentire qualcosa che ti diverta come il loro primo album. Non ti aspetti di certo da loro novità o rivoluzioni nel sound, non ti aspetti svolte epocali – anche perché ormai nel mondo della musica tutto è già stato detto e fatto, non si inventa più nulla ed allora tanto vale prenderla alla leggera e spassarsela – e non ti aspetti nemmeno sterili sperimentazioni che lasciano il tempo che trovano (ma soprattutto annoiano tutti tranne i musicisti che non troverebbero un/una partner manco pagando fior di quattrini e/o coloro che sono soliti masturbarsi mentalmente dibattendo per giorni e giorni su uno specifico disco analizzandone ogni singolo aspetto, ossia annoiano tutti tranne i casi umani irrisolti che popolano oscuri forum e gruppi di discussione).

Ha senso un disco del genere, identico a quelli che lo hanno preceduto e (spero) identico a quelli che lo seguiranno? Io dico di sì, perché è un gran bel disco, fila via che è un piacere, funziona bene anche ascoltato mentre stai guidando di notte, ti diverte e ti invoglia ad andare a sentire in concerto la band in questione (così ti puoi divertire ancora di più e puoi anche smaltire i chili in eccesso ballando, il che non è male). Piacerà un disco del genere agli indie snob con la puzza sotto al naso e la spocchia di chi crede di sapere tutto perché ascoltava gli Everything Everything prima di te (per la cronaca: gli Everything Everything non li reggo proprio e se provo ad ascoltarli in macchina inizio ad avere insidiosissimi deficit di attenzione)? No, perché è identico agli altri ma non è il primo e poi perché i Go! Team non vanno più di moda nei giri che contano (per quanto mi riguarda, quei giri contano le pippe che si fanno dopo aver scoperto una band che nessuno conosce).

Ma chi se ne frega. Noi la vita la viviamo ed apprezziamo incondizionatamente i Go! Team anche solo perché fanno la loro cosa per farci divertire e se ne sbattono di chi potrebbe anche rinfacciare loro di essere la copia sbiadita di un gruppo che nel 2004 ha dato alle stampe un esordio dirompente.

(IFB)

19 gennaio 2011

«Ho sempre inventato una vita parallela» (cit.)



Silvio Berlusconi ha mandato il miliardesimo videomessaggio ai Promotori della Libertà (senza ombra di dubbio la nuova Hitlerjugend) ovviamente ripreso quasi per intero da tutti i telegiornali di regime e non. Ha detto le solite cose di sempre, aveva la solita bava alla bocca di sempre solo che invece di essere ripreso dai telegiornali avrebbe dovuto essere ripreso da rotten.com, visto che sembrava truccato come una salma posata nella bara per ricevere l'ultimo saluto da parte dei propri cari. Tra poco si mangia sul serio da solo come Pizza the Hutt di Balle Spaziali, e a salvarlo non servirà di certo Ruby che racconta il suo disagio giovanile a quel busone di Alfonso Signorini (lo chiamo busone perché certa destra gli omosessuali li chiama così e probabilmente a lui piace, mica perché sono solito avercela con gli omosessuali). Chi ce lo dà un altro come Berlusconi? Come faremo senza di lui? La risposta arriverà tra un paio di settimane quando si mangerà da solo per non essere arrestato oppure fuggirà dall'Italia tra lo sconcerto generale.

18 gennaio 2011

RICH IN PARADISE



In tutto questo bailamme di intercettazioni, mignotte minorenni, mignotte e basta, foto scattate col telefonino, personal computer sequestrati, appartamenti messi a disposizione, posti di lavoro regalati, cene e dopocena è venuta fuori una cosa clamorosa: Silvio Berlusconi è fidanzato. L'ha detto lui stesso in un grottesco filmato di autodifesa, ed è esploso subito un boato di risate.

Fa troppo ridere il fatto che a 75 (o 76? o 105?) anni usi ancora il termine “fidanzato” e pretenda di poter piacere ad una che ha più o meno 50 (o 80?) anni in meno di lui, ma soprattutto fa ancora più ridere il fatto che non si sappia ancora bene chi sia la fidanzata di Berlusconi.

Che sia la Santanché? No, la Santanché no perché sembra uno di quei travoni che vedevo quando andavo ai matinée al Classic agli inizi degli Anni Zero e a Silvio piacciono le donne vere (scherzo, la Santanché è una bellissima donna e non ha la barba come i travoni del Classic). Che sia la Zanicchi? No, è troppo vecchia e poi è troppo casalinga emiliana – con tutto ciò che ne consegue in termini di “comunismo all'emiliana” e “capello cotonato”. Giorgia Meloni? No, ha le occhiaie. Mara Carfagna? No, sta per sposarsi poi è già stata nell'occhio del ciclone e sarebbe troppo ovvio. Platinette? No, è cicciona. Giuliano Ferrara? No, è ciccione. Lele Mora? No, sta già con Corona è poi è un ciccione pure lui. Alfonso Signorini? Beh, Signorini può anche essere. Probabilmente la fidanzata di Berlusconi è quel culattone di Signorini (lo chiamo “culattone” perché a destra è cosi che chiamano gli omosessuali come lui ed allora io mi adeguo al loro linguaggio da caserma. Chissà quante volte Berlusconi e gli altri l'hanno chiamato culattone e lui ha dovuto incassare fingendo di ridere...), solo Silvio che non può dirlo perché il Vaticano poi se la potrebbe prendere a male ed allora per metterci una pezza Alfaggot Signorini dovrà per forza inventare uno scoop su Chi così le casalinghe e le persone in coda dal parrucchiere si convinceranno che Berlusconi è fidanzato con una donna e non può aver fatto tutte quelle schifezze che va raccontando in giro la stampa comunista.

16 gennaio 2011

WE, ARE THE CHAMPIONS



La tv è un ottimo modo per far passare le ore. Tanto per dire, oggi pomeriggio non sapevo che fare, ho acceso il televisore e – meraviglia del digitale terrestre – sono comparsi molti canali nuovi tra cui un fantomatico Canale Italia Musica, parente di quel favoloso Canale Italia dove fanno vedere Cantando Ballando, i programmi sportivi con Ciccio Graziani, i finti quiz-truffa e i porno show notturni con protagoniste che rispondono al telefono, fingono di telefonare ed hanno le cicatrici viola sotto le tette (probabilmente si sono fatte rifare il seno da un macellaio e non da un chirurgo, ma magari è solo perché hanno voluto spendere poco). È superfluo dire che grazie a Canale Italia Musica il pomeriggio è passato che è una meraviglia: video bollitissimi, notizie in sovraimpressione vecchie di tre giorni (veniva spacciata come notizia fresca l'affluenza record del primo giorno di referendum a Mirafiori), jingle pubblicitari con logo dell'emittente e frutta (non capisco il nesso tra – chessò io – una fragola ed il logo dell'emittente, ma mi adeguo). Favoloso.

Copiaincollo a caso dal sito dell'emittente: “Canale Italia Musica intercetta un pubblico giovane e dinamico. Una sorta di DJ Television con i video clip delle canzoni più belle del momento integrata con un crawl ricco di tante informazioni”. Pubblico giovane e dinamico (come me, che mi sono addormentato più volte e leggendo le notizie in sovraimpressione credevo che Ben Alì fosse tornato a guidare la Tunisia), DJ Television (che poi si scrive DeeJay Television ed ha lanciato Gerry Scotti ed Amadeus, e dunque è un programma televisivo che ha più colpe che meriti e di certo non è un esempio da seguire) e crawl (che devo ancora capire cosa vuol dire, forse si riferisce al crawl del nuoto ma magari è una traduzione fatta alla cazzo di cane con Google Translate). C'è da ridere tantissimo, ed infatti ho riso tantissimo, ed ho riso ancor di più quando ad un certo punto hanno passato il video di We Are The Champions di quell'abominevole rock band che risponde al nome di Queen ed ho visto come si vestiva Freddie Mercury nel 1977 circa - ossia quando il punk incendiava tutto e spazzava via il vecchiume allora imperante: capello cotonato ed una tuta aderentissima bicolor bianco-nera, aperta sul davanti con pelo in bella vista. Va bene essere delle rockstar, va bene avere un fisico adeguato, ma così si va oltre la soglia del ridicolo, dell'esilarante, dell'eccessivo. Oltretutto, se non ci fosse stata la selva sul petto e se la tutta fosse stata monocolore bianca o nera sarebbe stata anche accettabile, ma così proprio no, non va. Che ridere, però Canale Italia Musica non può cadere su queste cose dopo essersi definita emittente che intercetta un pubblico giovane e dinamico. Il punk avrebbe dovuto fare qualcosa nel 1977, adesso ormai è tardi.

O magari il video di We Are The Champions non l'hanno passato su Canale Italia Musica ma su una qualsiasi altra emittente musicale del digitale terrestre ed io non me ne sono accorto. Non è colpa mia se le emittenti musicali sono tutte uguali e fingono di essere indirizzate ai giovani ma poi mandano i video dei Queen o di gruppi giovani che in realtà sono concettualmente più vecchi dei Queen.

15 gennaio 2011

SAI LA GENTE È STRANA, PRIMA SI ODIA POI SI AMA / CAMBIA IDEA IMPROVVISAMENTE, PRIMA LA VERITÀ POI MENTIRÀ LUI / SENZA SERIETÀ COME FOSSE NIENTE



Venerdì 14 (ossia ieri, ma anche oggi e forse domani – visto che da parecchio tempo a questa parte sembra di vivere nel film Ricomincio da capo) è stata una giornata incredibile, di quelle da segnare sul calendario per essere ricordate quando lo andrai a sfogliare dopo tanto tempo, una roba che se me l'avessero detto prima non ci avrei creduto mai e poi mai. Berlusconi accusato di sfruttamento della prostituzione minorile e concussione, Ben Alì che scappa dalla Tunisia e forse ripara a Cagliari poi va in Arabia Saudita, il no che a Mirafiori rischia di vincere e perde solo grazie al sì di chi tutto il dì osserva gli altri lavorare per davvero (ossia i quadri ed i dirigenti). Mi gira la testa, e sulle prime avevo addirittura letto che Berlusconi e Marchionne erano scappati in Tunisia (magari ad Hammamet), Ben Alì era ad Arcore a fare il trenino assieme a Ruby, Emilio Fede e quel vecchio fascio-culattone di Lele Mora (che saluto) e gli operai delle catene di montaggio avevano vinto per davvero, ma poi ho visto come sono andate le cose ed ho dovuto accontentarmi.

D'altronde, Berlusconi che verrà processato per direttissima non è cosa da poco, così come non è cosa da poco il fatto che un paese come la Tunisia sia riuscito a liberarsi dalla partitocrazia e/o dalla figura tragica dell'uomo solo al comando da troppo tempo. Marchionne ha vinto, ma non ha stravinto ed esteticamente continua a sembrare uno seduto sulla tazza del cesso che spinge e fatica per far scendere una cosa che non ne vuole proprio sapere di uscire. Sempre sudato e spettinato, sempre con l'espressione del viso stralunata, Nerchionne non ha nulla da festeggiare di fronte a gente che si spacca il culo per davvero tutto il giorno ed ha deciso finalmente di rialzare la testa – ed è questo ciò che conta per davvero in tutta questa complicata faccenda.

14 gennaio 2011

Un libro a caso: Daft Punk - Icons After All di Marco Braggion

Ecco, se c’è un merito che deve essere riconosciuto ai Daft Punk è quello di essere riusciti a far piacere la dance (chiamiamola così, anche se il termine è alquanto generico e dunque riduttivo) anche agli alternative (ai tempi dell’uscita di “Homework” si era soliti chiamare così le persone che avevano gusti musicali e modi di vestire diversi dalla media) o comunque a tutti quegli snob che hanno sempre ritenuto la dance un genere musicale troppo poco intellettuale o, addirittura, un non-genere musicale. Ricordo l’impatto che ebbero, ricordo l’isteria collettiva, ricordo “Da Funk” ed “Around The World” in heavy rotation sulle radio e sulle tv musicali di regime, ricordo il modo in cui i Daft Punk riuscirono subito ad entrare di prepotenza nell’immaginario collettivo. Sembra ieri ma son passati più di tredici anni, e nel frattempo i Daft Punk hanno smesso di essere umani e si sono tramutati in icone, passando attraverso una personale proiezione della musica e dell’atmosfera che hanno loro malgrado assorbito durante l’infanzia (ossia “Discovery”), un disco-truffa messo in piedi a caso in quindici giorni eppure bellissimo (“Human After All”), un megatour nel 2007 in cui se ne stavano chiusi in una piramide a giocare a Pro Evolution Soccer mentre facevano finta di suonare, sfilate di moda, party esclusivi, una progressiva eliminazione della loro presenza fisica per sostituirla alla presenza di due robot uguali ed identici a loro (si è perso l’uomo ed è rimasto il robot, come diceva la Paolino Paperino Band in “Maicol” – ed infatti i Daft Punk stanno alla dance più o meno come Michael Jackson sta al pop. Stesso impatto, stessa voglia di mettersi in gioco, stessa capacità di essere sempre un passo avanti rispetto alla concorrenza che cerca disperatamente di imitarli ma non ce la fa proprio. Speriamo solo che non facciano la stessa fine, teniamoli lontani dal Demerol e dagli antidolorifici in generale) e tante altre belle cose. Lo dichiaro: i Daft Punk sono una delle cose musicalmente più importanti di sempre.

E finalmente qualcuno ha riconosciuto i loro meriti e la loro importanza e li ha messi nero su bianco per tramandarli ai posteri o per farli conoscere a chi non c’era (o magari era distratto oppure dormiva). Questo qualcuno si chiama Marco Braggion ed è uno di noi (in senso figurato, ma anche no) che ha scritto “Daft Punk – Icons After All”, la prima monografia interamente dedicata ai Daft Punk. Era ora che qualcuno decidesse di mettersi alla tastiera per scrivere una monografia sui Daft Punk, era ora che qualcuno dedicasse quasi duecento pagine a questo fondamentale duo francese, personaggi dopo i quali nulla è stato più come prima (almeno in un certo ambito, ma forse anche nel mondo della musica in generale. Anzi sì, confermo: nel mondo della musica in generale). E che monografia: Marco Braggion con competenza, gusto e stile da vendere riesce a tratteggiare alla perfezione l’universo dei Daft Punk, partendo dalle loro radici fino ad arrivare ai loro possibili discendenti/figliastri, passando attraverso tre dischi e l’enorme impatto che questi hanno avuto sulle sorti della musica degli ultimi dieci/quindici anni. La forza di quest’opera sta proprio nel fatto che Marco Braggion non si limita a descrivere ed elencare fatti e cose, ma contestualizza il fenomeno, ne riconosce l’importanza, argomenta e descrive tutte le implicazioni che ha avuto in termini di ’schiere di imitatori – alcuni validi e molti altri no’ (leggasi Justice, Crookers e compagnia danzante), ’schiere di nostalgici di un passato che per ragioni anagrafiche non hanno mai vissuto’ (tutte queste Reebok Pump che vedo in giro? Tutto questo revival primi novanta – fine ottanta? Questa atmosfera che stiamo vivendo? Vien tutto da lì, non si scappa. È colpa dei Daft Punk), ‘estetica uber-cool’ (direttamente legata alla nostalgia del passato mai vissuto per mere ragioni anagrafiche, ma anche no) ed altre belle cose.

In poche parole, una lettura parecchio interessante ed istruttiva che non dovrebbe mancare nella biblioteca di ogni appassionato di musica che si rispetti. Per conoscere, per conoscersi o semplicemente per capire meglio un fenomeno che un tempo sembrava un fenomeno passeggero legato all’universo dance ed invece ha dimostrato di essere fondamentale per le sorti della musica tutta. A questo punto spero in una buona traduzione ed un’altrettanto buona diffusione all’estero, un’opera come “Daft Punk – Icons After All” potrebbe funzionare anche (e soprattutto) fuori dai confini italiani. Braggion se lo meriterebbe davvero.

(IFB)

11 gennaio 2011

INQUINARE È BELLO (un post che dura due mesi)

Ormai la vera fonte di ispirazione per riuscire a combattere il logorio della vita moderna non è più nelle riviste musicali ma nelle riviste di costume. Tanto per dire, mentre Rumore mette in copertina i Verdena (i Verdena? Nel 2011? Un disco nuovo??? Hanno ancora qualcosa da non dire oltre a ciò che non sono riusciti a dire nei cinque dischi precedenti? Gruppo inutile e sopravvalutatissimo, eppure piacciono – dunque sbaglio io che non sono mai riuscito a farmeli piacere pur avendo tentato di sentirli in concerto per ben tre volte in tre epoche diverse) Vanity Fair ha il coraggio di pubblicare un pezzo in cui Paola Maugeri gentilmente ci informa che il 23 gennaio termina il suo esperimento di vita ad impatto zero ed un po' è dispiaciuta perché oramai ci aveva fatto il callo e si sentirà vuota senza il conforto della sua vita interamente biodegradabile. La Maugeri questa volta si è superata, e dopo aver letto due volte la sua opera d'arte (di primo acchito non credevo ai miei occhi ed allora ho dovuto rileggere per avere la conferma che l'articolo non era frutto della mia immaginazione ma esisteva ed era terribilmente reale, anzi oserei dire reazionario) mi è venuta una terribile voglia di:

  • prendere una decina di fustini di Dixan e versarne il contenuto nel primo corso d'acqua a portata di mano;

  • prendere la Citroën Squalo con cui mio padre in gioventù andava a sentire Daniele Baldelli al Cosmic (finalmente dopo tanti anni di attesa mi permette di guidarla, inquina tantissimo anche se ha i sedili di pelo e gli adesivi anti-nucleari) e consumare un paio di pieni di benzina girando a casaccio per le vie del borgo / dal ribollir de' tini va l'aspro odor de i vini l'anime a rallegrar;

  • mescolare apposta i rifiuti invece di fare la raccolta differenziata e/o gettarli in un cassonetto diverso da quello apposito, così da vanificare gli sforzi di chi ce la mette tutta per fare correttamente la raccolta differenziata;

  • catturare un agnello e mangiarlo vivo, vello compreso;

  • tuffarmi in acqua come Sampei, catturare un paio di grossi pesci e mangiarli vivi, squame e lisca compresi (fottendomene altamente del contenuto dei fustini di Dixan che ho versato in acqua precedentemente, anzi sfruttando il fatto che a causa del detersivo ingerito i pesci perdono del tutto la loro proverbiale mobilità);

  • distruggere l'orto del vicino, adducendo come scusa il fatto che credevo che tra le altre cose coltivasse anche ganja e volevo salvare dalle droga i bambini che giocano a calcio nel campetto di fronte a casa mia;

  • dare fuoco a sterpaglie, farmaci scaduti e non correttamente smaltiti, vecchi pneumatici e materie plastiche varie ed eventuali per salvare dalle droga i bambini che giocano a calcio nel campetto di fronte a casa mia (tra l'altro disturbandomi tantissimo) facendo respirare loro le esalazioni che si generano da tale prodigiosa combustione;

  • andarmene in giro dopo aver tolto la marmitta al mio Booster, soprattutto nel pomeriggio quando gli anziani stanno riposando e i ragazzini che giocano a calcio nel campetto vicino a casa mia devono ancora iniziare perché rispettano il riposo degli anziani;

  • indossare un giaccone da puttaniere con collo di pelliccia tipo quello che indossava Clemente Russo il giorno del suo matrimonio, avendo magari cura di non fargli mai sapere che ho definito il vestito del suo matrimonio “giaccone da puttaniere con collo di pelliccia”

ma non farò mai nulla di tutto ciò perché nel mio piccolo (e soprattutto senza eccedere) cerco di proteggere la natura e rispetto le opinioni altrui (anche quando probabilmente sono figlie dell'entusiasmo incontenibile tipico di certi neo-convertiti come quelle delle Maugeri) e poi perché alla pagina successiva c'è la un articolo in cui Barbara Palombelli dice che gli studenti di oggi scioperano e si lamentano ma hanno tutto, non hanno mai lavorato e neppure lavato i piatti una volta in vita loro, mica come quando era studente lei che quelli della sua generazione non avevano nulla e talvolta dormivano anche per terra pur di riuscire ad andarsene via (come se suo marito Francesco Rutelli non rappresentasse in tutto e per tutto il prototipo dell'uomo che in gioventù è stato un culattone raccomandato). La Palombelli non prova compassione per gli studenti che manifestano, io provo un po' di compassione per lei (ma soprattutto per Rutelli, per il suo micropartito Api e per gli enormi manifesti con cui sta invadendo le stazioni di mezza italia, un vero gesto da disperati in cerca di attenzione) e desidero manifestare tutta la mia solidarietà ai suoi incolpevoli figli.

E Il Fatto Quotidiano (organo ufficiale della sinistra radical-chic e salottiera che perde tutte le elezioni perché non ha un'identità che non sia demolire Berlusconi ed incensare Di Pietro e/o Vendola) che scrive che dietro alla vicenda di una escort che dice di essere stata con Gianfranco Fini c'è Tiziano Motti, solo perché Tiziano Motti è proprietario della testata giornalistica web su cui è apparsa una intervista alla escort in questione? Fa ridere tantissimo e mi convince sempre più che il mio voto a Tiziano Motti alle ultime elezioni europee non è stato un voto sprecato.

E Black dei Pearl Jam sentita mentre ero in coda in un affollatissimo negozio durante il primo giorno dei saldi? Sentendola mi sono improvvisamente reso conto che quest'anno son passati vent'anni dall'uscita di Ten e non sembra. Chissà se tra dieci anni sentiremo Valvonauta dei Verdena mentre saremo in coda in un negozio durante il primo giorno dei saldi e diremo lo stesso. Chiediamolo alla Maugeri, magari lei sa la risposta esatta avendo sicuramente intervistato sia i Pearl Jam che i Verdena durante la sua brillante e gloriosa carriera.

E l'Avvenire che contesta a Mediaset lo sdoganamento della bestemmia sul Grande Fratello? E Cassano che è passato al Milan? E del suo compagno di squadra Strasser che parla quattro lingue ma non riesce a capire nulla di ciò che dice Cassano? E Mario Balotelli che ha cambiato tre ragazze in pochissimo tempo, tutte e tre bionde siliconate che sembrano uscite dall'archivio di un Tommy Lee qualsiasi? Non me ne frega nulla, preferisco di gran lunga galvanizzarmi con l'incredibile ritorno in panchina di Dan Peterson (uno che va rispettato a prescindere anche solo perché negli anni novanta commentava gli incontri wrestling su Italia 1). Personaggi come lui sono maestri di vita, altroché i soloni che vogliono venirci a consigliare cosa mangiare, cosa contestare e quale musica ascoltare.

E il pezzo su Blow Up di questo mese in cui Christian Zingales si apre e racconta la sua passione per la house ma soprattutto i suoi sei anni di usi/abusi di sostanze psicotrope con conseguente crollo nervoso? Da paura, da far impallidire la neo-salutista Maugeri o la neo-esperta di problematiche giovanili Barbara Palombelli. L'ispirazione per affrontare il logorio della vita moderna sta anche in cose come questa, sta anche nelle riviste musicali e non solo nelle riviste di costume o nel trash fine a se stesso.

10 gennaio 2011

SEI GIÀ DENTRO L'HAPPY HOUR / VIVERE VIVERE COSTA LA METÀ / QUANTO COSTA FARE FINTA DI ESSERE UNA STAR?



Ho provato a guardare Nichi Vendola ospite al programma del maggiordomo Fabio Fazio ma non ce l'ho proprio fatta a seguirlo fino alla fine. Parla troppo complicato ed io non capisco nulla di ciò che vuol dire. Anzi no, parla in maniera molto forbita ma alla fine non dice proprio nulla. Parla un quarto d'ora, pone domande ma non dice quali sono le risposte e soprattutto ne so come prima di quali siano le sue idee su come risolvere i problemi dell'Italia. Quando l'ho sentito pronunciare il termine "sinistra plurale" (credo che abbia detto così, ma ero svenuto e non sono sicuro di aver capito bene) ho spento tutto ed ho iniziato a guardare su YouTube dieci volte di fila Alla Consolle di Luca Bizzarri e Paolo Kessissoglu. Erano stati intervistati da Fazio prima di Vendola, sono due che non ci credono più e l'ultima volta che hanno fatto ridere davvero è stata quando viaggiavano a bordo di un carro funebre su Mtv però in confronto a Vendola hanno fatto davvero un figurone. E mentre a sinistra su impazzisce per Nichi senza capire veramente cosa cerca di finge di comunicare Berlusconi è ormai pronto a mettere in piedi un nuovo partito e a chiamarlo Italia come la nazionale di calcio. Come minimo vince altre venti elezioni.

06 gennaio 2011

LI INCONTRI DOVE LA GENTE VIAGGIA E VA A TELEFONARE COI DOPOBARBA CHE SA DI PIOGGIA (Gli psicofarmaci sono il sale della vita)

Siamo nel 2011 e (ad oggi) i Pooh sono ancora tutti vivi mentre i tre membri fondatori dei Ramones sono già passati a miglior vita. Il mondo è ingiusto ed io non ci posso proprio fare nulla, però una volta o l'altra per vendicare i Ramones mi toglierò la soddisfazione di andarmi a fare due risate ad un concerto dei Pooh (suonano il 28 gennaio a Ferrara, qualche fascistello del cazzo va dicendo che è un concerto anteprima del prossimo Ferrara Sotto Le Stelle ma è una grossa bugia e mi sa che ci andrò, magari dicendo che sono amico del Trota così entro gratis e mi regalano un agghiacciante piumino verde come quello da lui sfoderato in un paio di servizi che ho visto nei giorni scorsi al telegiornale). Deve per forza essere un bello spettacolo perché i Pooh sono dei grandi professionisti, sanno suonare bene ed i loro cavalli di battaglia sono canzoni pop notevoli, però basta guardarli in faccia e ridi tantissimo. Tanto per dire, ridi molto più di quando vedi Berlusconi col piumino della Russia che – sempre più somigliante ad un manichino con una parrucca che è stato gonfiato col compressore fino ad arrivare al limite dell'esplosione (o al limite della somiglianza con Fonzie) – cerca i voti dei medioborghesi che hanno ancora una paura fottuta dei comunisti porgendo omaggio al figlio di una delle vittime di Cesare Battisti (è stato Battisti ad uccidere o era solo il mandante morale dell'omicidio? Non ricordo, anzi non me ne frega un bel nulla perché se hai le pezze al culo con l'estradizione di Battisti non ci compri di certo un chilo di pane. Cesare Battisti era solo un criminale comune che si è nascosto dietro al comodo paravento dell'ideologia ed ora finge di essere un intellettuale per salvarsi il culo. Deve tornare in Italia e pagare le proprie colpe, ma deve tornare anche e soprattutto Delfo Zorzi altrimenti avevano ragione i B-NAR quando nel lontano 1994 dicevano che Battisti non esisteva perché non si faceva vedere in giro). Berlusconi ti fa ridere amaro perché è triste come un vecchio figurante che ripete stancamente lo stesso copione da sedici anni, mentre i Pooh ti fanno ridere sano e ti fanno crescere intelligente come Dj Francesco – ed è questo ciò che conta veramente in un mondo in cui essere democristiani è visto come un merito e non come una cosa di cui vergognarsi.

Siamo nel 2011 ed uscito dal lavoro ho visto dei ragazzini ancora sbarbati che, indossando un piumino di marca indefinita ma dalla foggia alquanto pacchiana, facevano i gaggi gettando raudi nei sotto le auto in sosta e ridendo a crepapelle ad ogni esplosione (e ad ogni allarme che suonava). Sono rimasto parecchio perplesso perché non riuscivo a capire dove trovassero il coraggio per compiere prodezze del genere di fronte ai medioborghesi che hanno paura dei comunisti e che chiamano la Polizia non appena qualcosa supera la loro scarsa soglia della tolleranza, ma poi girato l'angolo ho visto una confezione abbandonata di Rivotril, ho fatto due più due ed ho capito tutto. Berlusconi e i Pooh dovrebbero preoccuparsi di salvare i ragazzi italiani dall'uso sconsiderato di psicofarmaci senza prescrizione medica, altroché cantare sui palcoscenici di tutta Italia.

03 gennaio 2011

NEL DUBBIO MENA

Rimpiango parecchio i tempi in cui lavoravo quattro ore e le altre quattro mandavo in giro curricula, cercavo musica e giocavo a Pro Evolution Soccer. Guadagnavo due terzi di quello che guadagno adesso, non avevo contributi Inps versati però almeno ero lanciatissimo nel mondo dei colloqui di lavoro, mi tenevo aggiornatissimo sulle novità musicali ma soprattutto ho vinto quattro Champions League di fila con l'Ascoli. Un tempo ero un uomo migliore.

Lavorare stanca. Il lavoro nobilita l'uomo e lo rende simile ad una bestia, diceva un tale – e quel tale ha ragione. Se vincessi un sacco di soldi (tipo vittoria al Superenalotto dopo che nessuno indovina i numeri da sei o sette mesi) non lavorerei mai più e pretenderei che sulla mia carta d'identità alla voce occupazione venisse scritto “culattone raccomandato” o magari “agitatore culturale” (o magari farei finta di avere un lavoro giusto per non fare sapere alla gente della mia vincita e per non permettere al fisco italiano di tassarla del 70% circa), se potessi tornare indietro non inizierei mai a lavorare e farei il mantenuto a vita. O magari giunto ai diciotto anni sceglierei di frequentare una facoltà universitarie di quelle che se vuoi puoi farle durare a vita, tipo Sociologia o Scienze della comunicazione. Conviene sempre (anche se mi riuscirebbe meglio trasferendomi a Milano o a Bologna).

Se avessi avuto diciotto anni nel 1977 tra punk e disco music avrei scelto sicuramente la disco music. Avrei preso un sacco di schiaffoni e mi avrebbero chiamato fascista, ma almeno avrei evitato di fare la fine che hanno fatto Enrico Ruggeri, Jo Squillo e Red Ronnie, tre personaggi considerati all'unanimità i portabandiera dell'allora nascente movimento punk italiano e che sono oggi diventati più reazionari del re. Ho visto su Rai5 uno special sul punk '77 condotto da Enrico Ruggeri, una roba in cui tutti gli intervistati avevano i denti sfasciati o almeno erano gonfissimi. Lui faceva da narratore col tono di chi sta raccontando una favola ed era credibile come un giovane di famiglia ricca e borghese che annoiato ha scelto di darsi al punk perché andava di moda a Londra e partendo dal punk è arrivato a vincere il Festival di Sanremo un paio di volte. Avrei preferito Ringo, che all'epoca è stato punk e poi si è arruolato subito nella Folgore ma almeno fa ridere ed è ancora giovane e ben conservato (non so cosa darei per arrivare ai cinquanta in quello stato di forma, ma come farà mai Ringo a mantenersi così?), ed allora ho spento la tv e me ne sono andato a dormire sperando di sognare Enrico Ruggeri che parlando di punk e di Sid Vicious mi comunicava i sei numeri vincenti della prossima estrazione del Superenalotto. Ovviamente Ruggeri non mi ha comunicato nulla, però è stato divertente crederci e capire che il mio futuro è quello di conduttore di programmi rievocativi di un passato che non necessariamente ho vissuto sul serio. Con cose del genere ci si campa alla grande e non si deve nemmeno scrivere sulla carta d'identità che la propria occupazione è culattone raccomandato o agitatore culturale. E si può pure parlare di punk pur dicendo di preferire la disco music (o ancor meglio la musica da autoscontri, l'unica cosa davvero punk che si sia mai vista a livello mainstream negli anni novanta).