28 luglio 2008

ONE NATION UNDER A GROOVE

Sul fatto che l'eurodance (volgarmente detta musica da autoscontri) sia ormai leggenda non ci piove. Un genere musicale nobile che ha avuto tanti fan quanti detrattori, ma che molto spesso i detrattori ascoltavano di nascosto ed apprezzavano senza avere il coraggio di ammetterlo. Musica semplice e sempliciotta dotata però di un alto tasso di emotività, suoni che hanno avuto il loro boom dal 1992 al 1996 per poi estinguersi di colpo ed essere elevati al rango di un ricordo mitologico, uno di quelli che al solo pensiero ti viene un nodo in gola difficile da mandare giù. Ma c'è di più, molto di più. C'è che tutti quelli che allora la disprezzavano perché volevano bullarsi di essere alternative ora la adorano. C'è che oggi un certo tipo di indie ed un certo tipo di mainstream hanno il coraggio di riconoscerne la decisiva importanza e stanno recuperando quei suoni e quella estetica.
Non ci piove: l'eurodance è stata l'unica, plausibile forma di punk che gli anni novanta hanno saputo regalarci, e finalmente qualcuno se ne sta rendendo conto. Sia chiaro, punk inteso come musica ma soprattutto come attitudine, sprezzo delle regole e delle convenzioni, voglia di uscire dagli schemi e ribellarsi. Non come una cresta ed un paio di borchie tanto per darsi un tono.
Come il punk nel '77 inglese ha avuto il suo boom in virtù del suo rappresentare una risposta al progressive e al rock elefantiaco dei settanta (e al loro corredo di gente che si prendeva troppo sul serio, partiture molto complesse suoni manieristici, masturbazioni mentali) e veicolava un messaggio totalmente opposto a ciò che lo ha preceduto (e quindi tutti potevano suonare tutto senza saper suonare, bastava avere rabbia verso il sistema e tanta faccia tosta, il resto non contava), l'eurodance ha avuto il proprio boom nel periodo in cui andavano per la maggiore cose come grunge e punk californiano, e quindi ha veicolato un messaggio di pace e amore, esortazioni a far festa e divertirsi con sincerità in risposta alla negatività (e per certi versi, all'autolesionismo) del grunge e al divertimento a buon mercato di gruppi come i Green Day e gli Offspring. In poche parole: una sorta di reazione mentale a ciò che al momento imperava nel mercato musicale e, di riflesso, nella mentalità dei giovani, Come nel punk '77, le produzioni erano facili e dozzinali, molto spesso tutte simili tra loro. Non importava essere troppo raffinati, contava essere concreti (e magari vedersi staccare un altro sostanzioso assegno dalla casa discografica). Le chitarre erano sostituite da sintetizzatori ed altre diavolerie elettroniche, ma la semplicità e la ripetitività dei riff erano le medesime (con rabbia e violenza sostituite da melodie che si stampavano nel cervello e non ne uscivano più). In breve tempo l'eurodance è divenuta fenomeno di massa (grazie anche al supporto di specifici programmi radio) e si è arrivati ad un livello in cui ogni settimana uscivano miriadi di produzioni che riscuotevano successo sempre crescente. Come nel primo punk i progetti duravano poco nel tempo, e gira e rigira le facce dietro agli stesso erano sempre le stesse: bastava dare un' occhiata alle classifiche per rendersi conto che dietro ai tormentoni di successo c'erano sempre gli stessi team di produttori, coadiuvati da vocalist diversi a seconda del progetto. E, a dire il vero, magari il nome del vocalist cambiava, ma la sostanza restava la stessa. Ma mentre nel punk '77 c'era chi suonava la chitarra in un gruppo, cantava in un altro e magari suonava la batteria in un altro ancora, qui si andava davvero oltre: le stesse vocalist lavoravano in studio su progetti diversi (vedi Corona e Playahitty) e, al momento delle esibizioni live, ci si affidava al playback e a frontwomen senza voce in capitolo che non avevano nulla a che vedere con chi aveva realmente inciso il brano. Più punk del punk, molto più alternativa di ciò che all'epoca si proponeva come l'alternativa. Semplicemente, per andare contro certe logiche le cavalcava e sfruttava al massimo tutti i meccanismi più biechi dell'industria musicale, quasi come per combatterli dall'interno.
Ed ovviamente c'è molta similitudine tra i due generi musicali anche in ciò che avvenne al momento del declino: mentre il punk '77 venne rimpiazzato dall'hardcore (più fisico e violento) e dalla new wave (più cerebrale e ragionata), l'eurodisco venne in breve rimpiazzata da progressive (più cerebrale e ragionata) e techno trance (più fisica e violenta).
Nulla vieta dunque di pensare che, per capacità di uscire dagli schemi e dalle convenzioni, la musica da giostre sia stata il vero punk degli anni novanta ed Albertino il suo John Peel (cit.), nulla vieta di sognare un pochino mentre la ascolti. Ora la dance da superclassifica non è più così, ed in tempi in cui anche ciò che definiscono indie è parte integrante del mainstream, perché non cercare di battere una certa cultura ormai imperante prestando orecchio a dei Culture Beat qualsiasi?

27 luglio 2008

FALCO A METANO

Era un Gianluca Grignani sicuramente in uno stato di forma strepitosa quello che calcò i palchi del Festivalbar 1995. Un'estate vissuta pericolosamente, un'estate vissuta talmente al massimo che l'anno dopo era ridotto in queste condizioni. Ma non fa niente, l'importante è essere al di sopra delle righe, l'importante è essere fuori dagli schemi, poi delle conseguenze francamente chi se ne importa.
Gianluca Grignani con i suoi muscoli di plastica e di metano, entrata roboante, pallore cadaverico, disagio giovanile, ribellione al playback, il pubblico che non capisce, lancio e rilancio di oggetti, accenni di rissa con la security, atteggiamento sprezzante, il protagonista che se ne va, la gente che insulta.
Un filmato che è storia, un filmato che lo vedi e i neuroni ti salutano perché vorrebbero che diventassi come Grignani.

24 luglio 2008

AVRIL NEL PAESE DELLE MERAVIGLIE

Si è incazzata Avril Lavigne (anzi, a dire il vero si è incazzato il manipolo di discografici, manager, faccedieri, nani e ballerine che sta intorno a lei, un vero e proprio circo mediatico senza il quale lei sarebbe il nulla fatto a persona, ma tagliamo la testa al toro e facciamo finta che si sia incazzata lei) ed il mondo intero sta tremando. Per la precisione, se l'è presa perché anche lei vuole la sua parte. Il suo video Girlfriend è il più cliccato su YouTube, e lei una mattina si è svegliata ed ha deciso di chiedere i diritti d'autore ai titolari del sito. Due milioni di dollari. Geniale no?
A parte il fatto che a quanto pare alcuni fan a lei devoti hanno inventato un marchingegno per moltiplicare i click ai suoi video e quindi il dato sugli accessi non è del tutto attendibile, ma quando mai Avril Lavigne ha avuto una canzone sua? Non dico scritta da lei (sarebbe pretendere troppo), ma una canzone che non somigli in maniera impressionante a qualcos'altro già sentito in passato? Quando mai ha avuto un look suo? E una personalità sua? Capelli del suo colore naturale? Comportamenti veri, non studiati ad arte per sembrare trasgressiva? Non è reale, dunque non può pretendere di essere risarcita.
E poi è sposata con Deryck Whibley, cantante dei Sum 41 - gruppo che qualche anno fa venne plagiato da Nek. Dunque, sta insieme ad un tipo che è uno dei modelli musicali di Nek. Perché vuole altri soldi?
Cosa vuole di più dalla vita? Metal Carter?

BARBED-WIRE FEST REPORT: WE ARE FROM BARCELLONA vs. MONSERRAT CABALLERO

Mentre io in un colpo solo mi sto perdendo gli I'm From Barcelona all'Hana-Bi e Toumani Diabatè a Ferrara Sotto Le Stelle (sto diventando forse leghista?), qualcuno un mese fa è stato al Primavera Sound di Barcellona e ci ha donato un report che più che un report è un grandissimo pezzo di giornalismo ultra-gonzo, ultra-ganzo, ultra-Ganz (ovviamente nel senso di Maurizio Ganz, ex centravanti dell'Inter ed ora centravanti della nazionale della Padania Campione del Mondo).

23 luglio 2008

NOI NON SIAMO UMANI E TU LO SAI

"Per alcuni questo disco potrebbe essere una delusione. Ma la verità è che si tratta di un album più che dignitoso, anche se al di sotto delle aspettative. Forse però l’importante era rimettere in moto la macchina e ricarburare ispirazione ed equilibri interni ai Notwist. Per la pole position l’appuntamento è soltanto rimandato."

"Se non fossimo più che convinti circa la nobiltà degli intenti, penseremmo a The Devil You + Me come al classico esercizio di stile condito con qualche contentino, giusto per onorare un obbligo con l’etichetta discografica."

"Stucchevoli ripetizioni di idee."

"Se invece i Notwist vi piacevano davvero alla fine andrete avanti a testa alta. Senza troppe emozioni, ma a testa alta. L`eccellenza è ben altro, come ben altro è la qualità aurea. Ma nel marasma odierno The Devil You + Me mica sfigura. Perchè qualche pezzo dignitoso lo ha, la furbiza pop è lasciata da parte per potenziali fulgori folk elettro/elettrici ed il particolare viene sempre curato. Senza troppo ardire, va detto, e senza nemmeno grande ispirazione. Ma nell`ambito, che resta il solito, c`è molto di meglio in giro?"

"I problemi vengono fuori quando il copione finisce pericolosamente per ripetersi senza melodie irripetibili."

Ed invece i Notwist ieri sera hanno pronunciato a pieni polmoni un grosso vaffanculo a tutti i critici da cameretta che magari neanche ascoltano i dischi che recensiscono però stroncano The Devil, You + Me, tanto poi c'è sempre Carlo Pastore garanzia di qualità che ormai è sceso ad un livello tale che intervista i dARI e chiede al tastierista se il suo look lo ha concepito da solo – no, lo ho concepito io perché avrei sempre voluto essere come lui, biondo ossigenato e tastierista. Che poi ognuno la può pensare come vuole perché siamo nella Casa delle Libertà e facciamo un po' come cazzo ci pare, però stroncare i Notwist e poi sbavare per i Ting Tings, i Ministri, i Numero 6 o i Glasvegas non è cosa buona e giusta, bisogna avere il coraggio di ammetterlo.
Comunque quello di ieri sera è stato un concerto di quelli che ti ricorderai anche tra dieci anni, con una band che non si è solo limitata ad suonare uguale a come suona su disco, ma è riuscita pure a suonare diverso, a cambiare, a rendere i propri brani irriconoscibili eppure molto familiari. I Notwist hanno pescato soprattutto dall'ultimo, favoloso The Devil, You + Me, ma anche dal penultimo, favoloso Neon Golden e dal terz'ultimo, favoloso Shrink e ciò che ne è venuto fuori è stato un flusso di coscienza che ha avuto come unico filo conduttore la figura drammatica del programmatore Martin Gretschmann a.k.a. Console, che devo ancora capire come faccia a controllare le sue diavolerie elettroniche utilizzando i controler per la Nintendo Wii però senza di lui il gruppo non è praticamente nulla.
I Notwist sono un gruppo immenso, e mi viene da piangere al solo pensiero di aver visto un concerto del genere. I Notwist non sono umani.
Concerto dell'anno, tra l'altro.

20 luglio 2008

UN'OPPOSIZIONE SERIA, UN'OPPOSIZIONE REPUBBLICANA (cit.)

Non capisco proprio tutta questa diffidenza verso un programma come Lucignolo. Ha ritmo, è vivace, ha il senso delle istituzioni, si segue con attenzione ma anche senza, affronta argomenti sempre interessanti ed ha pure belle musiche di sottofondo. Non si può certo pretendere di più dalla vita, eppure certa gente non lo capisce o, peggio, lo critica molto aspramente.
Cos'ha di tanto strano Lucignolo? In fondo in giro c'è di molto peggio. Credo di non aver mai visto una puntata intera di questo fantasmagorico programma tv, eppure mi piace (soprattutto nella sua versione estiva, che vedendola un po' ti sembra di essere nei luoghi di vacanza dove si reca la gente che conta) perché a modo suo è cultura. Cultura moderna, per l'esattezza, pillole di saggezza che permettono ai gggiovani d'oggi di aggiornarsi ed imparare come va il mondo.
Hai i soldi? Sei ganzo.
Conosci questo e quello? Vai avanti.
Frequenti gli ambienti giusti? Vai ancora più avanti, non ti ferma più nessuno.
Sei Mara Carfagna? Diventi Ministro della Repubblica Italiana.
È così, non si scappa.
Lucignolo ha una voce fuori campo ed è esso stesso insopportabile, ma chi se ne importa? È la vera alternativa, è un'oasi nel grande deserto culturale rappresentato dalla programmazione televisiva estiva, è la vera opposizione perché rappresenta una forma di reazione ad ogni tentativo di fare televisione in modo intelligente e costruttivo. Troppo facile tirarsela e voler fare un programma per pochi eletti, meglio fare un umile programma che parla di spazzatura indirizzato ad un pubblico più ampio, che poi gli inserzionisti pubblicitari pagano di più gli spot e chi ci rimette è sempre il consumatore finale.
Certa sinistra dovrebbe dunque capire che l'Italia oggi è Lucignolo, certa destra dovrebbe smettere di vergognarsene ed urlare al mondo intero il proprio orgoglio per quello che potrebbe (e dovrebbe) essere considerato il manifesto culturale del Popolo della Libertà. Di Pietro e i pericolosi manifestanti di Piazza Navona sono reazionari ed usano un linguaggio volgare, non la Lega di Bossi e Calderoli, non Lucignolo. Un programma che più lo guardi e più i neuroni se ne vanno via. Come fumare crack, con la sola differenza che per guardare Lucignolo non spendi nulla e non devi nemmeno rivolgerti a tipi poco raccomandabili.

LA TERRA DEI CACHI

L'Italia è in festa. Napoli è ormai libera dai rifiuti ed il sempre benvestito Ronaldinho è arrivato da Barcellona giusto per risolvere gli altri problemi (calcistici e non) del nostro povero Paese. Grazie all'arrivo dell'asso brasiliano, infatti, l'economia tornerà definitivamente a girare e la gente potrà di nuovo essere felice e dedicarsi alle cose veramente importanti della vita.
Nonostante la controinformazione veltronian-casinian-dipietrista provi a distrarre la gente per offuscare i successi del liberalissimo governo italiano con notizie bomba come quelle del sex tape di Avril Lavigne, delle crisi d'astinenza del povero martire delle Toghe Rosse Matteo Cambi ma soprattutto del sempreverde Umbertone Bossi che fa un gestaccio nei confronti dell'inno italiano, nulla può intaccare il grandi traguardi finora raggiunti dal governo di Milvio Bentruscoskij.
Ora con l'arrivo di Ronaldinho per il nostro magnifico esecutivo la strada è tutta in discesa, e per l'Italia si annuncia un futuro di pace e serenità.
Fabrizio Corona libero.

DEDICATO A TUTTI GLI AMANTI DELLA COMMEDIA SEXY ALL'ITALIANA

Senza ombra di dubbio Leone di Lernia è il Lester Bangs italiano.

16 luglio 2008

UNA ROTONDA SUL MARE / IL NOSTRO DISCO CHE SUONA

Il bello della musica live è che si possono scoprire cose che prima non si conoscevano, e non solo a livello musicale, ma anche a livello sociale, politico e comportamentale. I concerti infatti sono delle autentiche scuole di vita in cui si imparano sempre cose nuove riguardo all'altra gente ma soprattutto riguardo a sé stessi, con tutto ciò che ne consegue in termini di rapporto con il prossimo e con la propria persona.
Tutto questo per arrivare a dire che, oltre a continuare a non sopportare la gente che fuma come una ciminiera durante i concerti che mi interessano (e pure a quelli che non mi interessano), ieri sera mi sono reso conto che non sopporto nemmeno chi ai concerti particolarmente affollati urta, spinge e con grande arroganza cerca di farsi largo in tutti i modi per poi magari piazzarsi proprio davanti a me ed ostruirmi la perfetta visuale che fino ad un attimo prima mi era garantita dall'ottima postazione guadagnata arrivando a destinazione con largo anticipo. Chi si comporta così è il solito italiano pizza mandolino e spaghetti, quello che non vuole fare la fila, non vuole pagare le tasse e cerca sempre una scappatoia perché crede di essere intoccabile, il solito italiota che dopo averti ostruito la visuale (perché generalmente è sempre alto e particolarmente ingombrante) inizia a saltare e magari a fumarti in faccia senza ritegno (o peggio, farti annusare l'ascella tonante – l'Ascella della Libertà, nel senso di Libertà dall'obbligo di fare la doccia e/o usare un buon deodorante). Nervi a fior di pelle e voglia di prenderli a schiaffi, ma non essendo Jean-Claude Van Damme meglio lasciar perdere e concentrarsi sulla musica.
Musica che ieri sera a Ferrara è stata nonostante tutto di alto livello. Hanno aperto la serata danzante i dEUS, un gruppo che ha finito la broda da anni ma riesce a nasconderlo molto bene. Dal vivo suonano più ruvidi e diretti, Tom Barman ha una presenza scenica inimitabile ed anche i brani degli ultimi loro due debolucci dischi reggono il confronto con il resto del loro repertorio, segno che oltre al mestiere c'è molto di più. The Architect (il supersingolo tratto da Vantage Point) è ufficialmente il brano più puttano del loro repertorio - roba che neanche il Moby dei tempi d'oro avrebbe mai osato neppure lontanamente concepire, roba che dal vivo lascia impietriti tutti i fan della prima ora, roba che forse hanno scritto per mere ragioni contrattuali ma che a me piace tantissimo – e il loro tastierista/violinista sembra un fuoriuscito dai Rammstein ma riesce a non fartelo pesare, e tutto questo non può che giocare a favore della grande band belga.
Gli Interpol mi rimangono invece un tantino irrisolti: per carità, sono bravissimi ed il loro è stato un bel concerto, però cheppalle! Non un colpo di scena, non un'uscita dalle righe, non una sbavatura, non un'improvvisazione, non un particolare fuori posto. Ed oltretutto, non una benché minima differenza da ciò che si sente su disco: se al loro posto qualcuno avesse messo sul palco un giradischi e i loro dischi sarebbe stato uguale. L'unica soluzione sarebbe stata avere molto più tempo a disposizione e dilatare la loro esibizione lungo un arco temporale di sette o otto ore: ogni tre brani degli Interpol venti minuti di dj set di musica altra, tanto per far riprendere le forze al pubblico e distrarlo un pochetto. Ma purtroppo non si può fare cose del genere, sennò la gente ci rimane male.
Che poi invece il pubblico ha gradito parecchio, tanto che pareva quasi di essere ad un concerto del Liga e gli energumeni davanti a me saltavano ed alzavano le mani al cielo. Si torna sempre lì, al fatto che la gente che ostruisce la visuale ai concerti andrebbe tolta dal mercato, ma anche al fatto che devo rendermi conto conto che ai concerti si va anche (e soprattutto) per divertirsi. Il rap per me è fare finta ma non fare finta. Faccio finta di far finta, in realtà il rap per me è dire cose che non credo, vedere cose che non vedo (cit.). E dunque probabilmente devo tacere.

14 luglio 2008

DOMANI SERA C'È DA PRENDERE DELLE PASTE (cit.)

La Ferrara che conta era tutta nei bagni più chic dei Lidi Ferraresi a partecipare a benefit per la liberazione di Matteo Cambi (ingiustamente esiliato ad Hammamet assieme a Fabrizio Corona, altro grande martire delle solite, temibili Toghe Rosse che vogliono punire tutti quelli che fanno la bella vita) o a festeggiare la vittoria della nazionale padana alla Viva World Cup, però al concerto degli Hercules and Love Affair c'è stato ugualmente da divertirsi.
Non il concerto della vita che mi sarei aspettato, ma un bel concerto in cui c'è stato da ballare, sudare e fare balotta - e, visti i tempi che corrono, non è poco. Quel grande studioso pavese di costumi e comportamenti giovanili che risponde al nome di Max Pezzali direbbe "mezzo pieno mezzo vuoto", io invece dico "aspettative troppo elevate", "disco troppo bello per essere vero", "mancava Antony", "progetto da studio" e soprattutto "band da rodare, composta di elementi che non hanno ancora trovato la giusta alchimia". In sostanza, da una band che schiera un bassista che sembra un fuoriuscito dai Downset attualmente non si può pretendere di più.

TODAY I FOUND A BIKE AND RODE AROUND FERRARA WITH A HANGOVER

Da non crederci: Alex Kapranos dei Franz Ferdinand prende una bici e filma il suo giro panoramico per le vie del centro cittadino di Ferrara.

13 luglio 2008

PARAURTI

Ieri sera i Franz Ferdinand hanno spaccato. Grande concerto sotto tutti i punti di vista, ed il fatto che i brani del loro secondo disco You Could Have It So Much Better continuano a risultare deboli anche quando sono vengono sottoposti alla prova live è stato ben più che compensato dal valore dei tanti inediti proposti – per la cronaca, delle vere e proprie bombe che fanno ben sperare in vista del prossimo album.
Il problema però è un altro. Il problema è che i Franz Ferdinand (probabilmente per obblighi contrattuali) in questo tour si portano appresso i Cribs. Un gruppo mediocre con un cantante-chitarrista in pigiama, con un bassista che non suona, con un batterista che ogni tanto si alza come se fosse il batterista di Vasco Rossi e soprattutto con brani senza capo né coda, tutti uguali ed intercambiabili. Vorrebbero essere l'anello di congiunzione tra Foo Fighters e Joy Division, sono uguali a qualsiasi band che va per la maggiore oggi in Inghilterra. Anzi, oserei addirittura dire che i Cribs sono un gruppo-paraurti (nel senso che dopo un po' ti vien voglia di prendere i tre Cribs, legarli al paraurti dell'auto e trascinarli per un paio di chilometri per vedere di nascosto l'effetto che fa) ma non lo dico perché temo di essere linciato dai loro affezionatissimi fan.
Probabilmente i Cribs erano solo in serata storta o, più probabilmente, sono io che non so capire bene la loro Arte. I tanti neoalternativi presenti invece hanno capito, apprezzato e si sono divertiti, e questo è l'importante. La musica è anche divertimento, ogni tanto devo ricordarmelo.

LO SCALATORE

Torna Francesco Fruttelli, e come suo solito lo fa in grande stile.
Fruttelli il neosindaco di Roma, Fruttelli il trionfatore, Fruttelli l'uomo che da solo sposta milioni di voti, Fruttelli la sinistra che vince, Fruttelli il politico in motorino, Fruttelli il politico in bicicletta, Fruttelli il bello ha detto che il PD deve cambiare alleanze e puntare ad un legame stabile e duraturo con l'UDC. Ripeto, con l'UDC.
Una conferenza che ormai leggenda, in cui è stato detto di tutto e di più, ma soprattutto in cui si è discusso di qualunque cosa tranne che di problemi reali del paese ha visto il grande Fruttelli sparare autentiche bombe come "dettare l'agenda a costo di essere minoranza", "prendere impronte digitali non solo ai ROM ma a tutti gli abitanti del nostro paese", "mi hanno obbligato a ricandidarmi, io non volevo" ha ufficialmente sancito il prossimo addio al PD del buon Francesco e di quei quattro o cinque aficionados che ancora lo seguono.
Finalmente ce ne siamo liberati!

A Francè, con Cuffaro, Buttiglione, Volontè ci vai te. E già che ci sei portati via la Binetti, che non ce ne facciamo nulla. Prendi la bici e pedala più forte che puoi, ricordandoti magari di togliere il cavalletto.

11 luglio 2008

08 luglio 2008

CI HANNO TOLTO PROPRIO TUTTO!

La notizia è di quelle drammatiche, che lasciano senza fiato e fanno precipitare un intero popolo nello sconforto: quest’anno il Festivalbar non si farà, e mai vuoto fu più incolmabile.
Un pezzo di storia che se ne va (pare solo momentaneamente) perché mancano le risorse economiche necessarie organizzare un’edizione degna dell’enorme prestigio accumulato in 44 anni vissuti pericolosamente. Erano già stati scelti i conduttori (gli antipaticissimi Teo Mammucari e Lucilla Agosti), era già stato definito lo staff, era già stato contattato Vasco Rossi (che ha vinto praticamente tutte ultime venti le edizioni e dunque non è festival se non c’è Blasco), quando hanno cominciato a circolare le prime voci di difficoltà economiche.

UNA FINE ANNUNCIATA - Si è parlato di fare un festival in tre sole tappe (Padova, Palermo e la finale di Verona) ma poi, visto come si sono messe le cose, è stata presa la decisione di fermarsi per un anno per concentrarsi sulla realizzazione di una galattica edizione 2009. Non è giusto, non doveva finire così. In realtà il Festivalbar era già virtualmente finito da anni e anni ma andava avanti, continuando a trascinarsi sempre più stancamente. Per la precisione è finito nel 1998 nell’esatto momento in cui è salita sul palco Natalia Estrada per cantare Chiquita Bon Bon (forse una delle canzoni più trash della storia della televisione italiana) e poi si è trasformato in una mera scusa per vendere le relative compilation rossa e blu (tanto che sono uscite nei negozi anche quest’anno, nonostante il festival sia saltato - chiara dimostrazione che l’evento in sé non era poi più così importante). A dire il vero il pubblico non mancava, ma nemmeno gli organizzatori ci credevano più ed alla prima occasione utile hanno colto la palla al balzo ed hanno chiuso la baracca. Succede.

NOSTALGIA CANAGLIA - Edizioni storiche come quella del 1996 condotta da Corona, come quelle megagalattiche degli anni ottanta, come quella 1997 dove vinsero Pino Daniele e il suo favoloso mullet ma la vincitrice morale fu Alexia oppure quella del 1994 dove chiudevi gli occhi ed un po’ ti sembrava di essere al Deejay Time restano un dolcissimo ricordo. Si potrebbe stare ore ed ore a recriminare contro il Premier che non è intervenuto per salvare questo autentico patrimonio nazionale (mentre ha preferito raddrizzare Alitalia, risolvere il problema dei rifiuti a Napoli, far sparire la disoccupazione e nominare la Carfagna Ministro della Repubblica), contro i soliti bolscevichi-che-il-Festivalbar-è-una-roba-di-destra-meglio-musica-noiosa (gli stessi esponenti di una certa sinistra che poi sta all’opposizione per sempre e se ne vanta), oppure contro Veltroni che vuole manifestare in autunno invece di smuovere da subito la situazione infiltrando i suoi manifestanti tra il pubblico nelle varie tappe del festival, ma non avrebbe neanche tanto senso. Si rischierebbe l’effetto nostalgia, che in casi come questo finisce solo per essere controproducente.È che i tempi sono cambiati e non c’è più spazio per i sentimenti. Conta l’apparire e non l’essere, conta il denaro e non il talento, conta l’amico influente e non la gavetta. La realtà purtroppo è questa, e non ci si può fare nulla. Una volta non era estate se non c’era il Festivalbar, oggi c’è Lucignolo Estate e tutti vissero felici e contenti.

HAI PIÙ PENSATO A QUEL PROGETTO DI ESPORTARE LA PIADINA ROMAGNOLA?

Passi il fatto che sabato scorso era la Notte Rosa della Riviera, passi il fatto che sono partito fuori tempo massimo rimanendo imbottigliato nel traffico ed impiegando un paio d'ore per arrivare a Marina di Ravenna, passi il fatto che ero a stomaco vuoto ed avevo una fame da lupo, ma la piadina della Piadineria Nadia è proprio buona. Basso prezzo ed ottima cottura, impasto fatto a mano morbido al punto giusto, qualità degli ingredienti ed abbondanza nella farcitura sono i punti di forza di questa autentica prelibatezza - che per placare l'appetito ho addirittura osato testare in due differenti versioni (prosciutto cotto, crema di funghi e mozzarella – prosciutto crudo, squacquerone e rucola). Mai fare senza. Una pietanza che meriterebbe il massimo dei voti ma non lo ottiene solamente perché il gazebo nella quale veniva venduta al pubblico era affollatissimo di gente sfinita (con tutto ciò che ne consegue) ed una zanzara ha osato posarsi su una delle due piadine da me acquistate, guastando (anche se solo temporaneamente, visto che è stata prontamente rimossa) il sacro piacere della degustazione. Semplice sfortuna, colpo basso oppure probabile complotto delle Toghe Rosse? Ai posteri l'ardua sentenza, ma intanto competizione con Edoardo Raspelli per darti fastidio. (Voto: 4,5 cucchiai su 5 )

E che dire della festa anni novanta all'Hana-Bi che si è tenuta la sera stessa? Marina di Ravenna pullulava di bancarelle nelle quali fare acquisti ed io sono arrivato molto tardi all'appuntamento, ma appena sono entrato il dj ha calato l'asso ed è partita un'accoppiata da urlo: Smack My Bitch Up dei Prodigy + Out of Control dei Chemical Brothers, ed è stato subito delirio in pista. Un chiaro segno del destino, i prodromi di una grande serata caratterizzata da un set talmente discontinuo da risultare irresistibile (se non addirittura commovente). Si è passati da Maryliano Mansoni ai Nofx, dai Deftones ai Verdena, dai La's ai Pearl Jam, dai Pantera agli Offspring. Tutto senza soluzione di continuità, come se fosse una cosa normale, come se fossimo davvero ancora negli anni novanta ed io avessi ancora la cresta ma non le borchie. Il top lo si è raggiunto quando è partita Stand By Me nella superba versione regalataci dai Pennywise, seguita a ruota da una clamorosa All That She Wants degli Ace of Base. Due mondi una volta acerrimi nemici che si incontrano per il bene comune (ma soprattutto per il mio bene), ed io che ho le lacrime agli occhi e canto a squarciagola perché si è simbolicamente chiuso un ciclo cominciato ben dodici anni fa, quando ancora sbarbatello entrai in un disco-bar di Lido di Spina e gli schermi televisivi stavano trasmettendo il video di Isms dei Dog Eat Dog, ma l'audio era quello di una megahit di Alexia (una qualsiasi, tanto i pezzi dance di Alexia erano tutti uguali ed intercambiabili – e tutti bellissimi nella loro ingenuità). Un momento emotivamente devastante, un momento di gloria, un momento che conto di vivere ancora in occasione della prossima festa anni novanta - ce ne sarà un'altra prima o poi? Io lo spero molto vivamente, e magari spero che venga programmata molta più musica da autoscontri, l'unica, vera e compiuta forma di punk-rock che gli anni novanta abbiano mai prodotto e vissuto. E dunque, a costo di ripetermi: ai poser l'ardua sentenza, ma intanto competizione con Mario Fargetta per mettere musica che infastidisca le ragazze più indie.
(Spadrillas in da mist)

CASA ROSSA vs. CASA ITALIA

«Berlusconi era considerato da molti un dilettante in politica che ha conquistato la sua importante carica solo grazie alla notevole influenza sui media nazionali finché non ha perso il posto nel 2006».
Quei soliti gran comunisti dello staff della Casa Bianca (che d'ora in avanti chiamerò Casa Rossa per evitare la censura ma anche per sottolineare il fatto che sono dei bolscevichi) hanno provato a mettere i bastoni tra le ruote al Magnifico & Liberalissimo Governo Italiano attualmente campione in carica, ma non ce l'hanno fatta. Fortunatamente sono stati fermati ed il Paese è salvo e può continuare la strada di crescita e prosperità intrapresa con le elezioni del 13 e 14 aprile. E tutto grazie alla rabbiosa reazione dell'ambasciata italiana a Washington, che per riuscire a risolvere la questione è stata costretta ad usare toni durissimi, toni che hanno fatto rischiare lo scoppio di una grave crisi diplomatica.
«Una biografia ufficiosa del primo ministro Berlusconi inclusa nel press kit adopera un linguaggio insultante nei confronti suoi e del popolo italiano», hanno detto gli ambasciatori. Parole sante, giustizia è fatta, però ultimamente si inizia un po' troppo a far corrispondere il personaggio di Milvio Bentruscoskij con il personaggio "popolo italiano".

05 luglio 2008

SE CI SEI BATTI UN COLPO

Che fine ha fatto Giuliano Ferrara? Se lo chiedono in molti (anzi, probabilmente se lo chiede tutto il popolo italiano), ma lui sembra sparito e, a parte dirigere un quotidiano che conta meno lettori de Il Riformista di Polito, non sta facendo più nulla di rilevante. Niente tv, niente radio, niente libri, niente cinema, niente sport. Non ci ha nemmeno degnati di un'intervista in cui esprime un suo parere sugli Europei di calcio o sulle impeccabili mosse dell'attuale Governo. In definitiva, non si vede più in giro da parecchio tempo e, data l'effervescenza del personaggio, ciò è molto preoccupante.
Non si hanno più notizie di lui dopo la grande vittoria elettorale ottenuta dalla sua lista pro-life. Si bullava di poter ottenere almeno un 4%, ha ottenuto percentuali da prefisso telefonico ma ha mantenuto intatti l'orgoglio e l'arroganza. Per un certo periodo ha continuato a vantarsi di aver scosso la politica italiana per il solo fatto di essere riuscito ad inserire nell'agenda elettorale il tema dell'aborto, poi si è eclissato come solo i grandissimi sanno fare. Si è letteralmente volatilizzato, ma molto più probabilmente è in vacanza. In vacanza da una vita, magari al seguito del nuovo potente di turno.
Voci di corridoio parlano di un suo probabile rientro in tv in autunno, con uno spazio di approfondimento dopo il Tg1. Io non so se credere o meno a questi pettegolezzi, però un pochino ci spero. Sarà una soddisfazione immensa poterlo vedere ancora una volta sproloquiare a caso riguardo ad argomenti che non conosce del tutto, fare l'arrogante ed il provocatore, attaccare tutti tranne uno, lanciare il sasso e poi togliere la mano. E sarà una soddisfazione ancor più grande sapere che tutto ciò avviene a spese del contribuente italiano che paga il canone credendo di doversi sorbire solo il ritorno di Bonolis (che in realtà a quanto pare starà fermo un anno e dunque niente ritorno in Rai).

Anzi, l'ideale sarebbe un bel programma di approfondimento condotto dalla frizzante accoppiata Bonolis-Giulianone, ma purtroppo non si può avere tutto dalla vita. In tasca manca money, e dunque o uno o l'altro. In futuro si vedrà se il matrimonio del secolo s'ha da fare oppure no, ma intanto per ora mi accontenterei di Giuliano Ferrara di nuovo in pista. Anzi, attendo con ansia il suo ritorno per poter ridere ancora una volta di lui, come ai vecchi tempi.
Giuliano, ritorna!

04 luglio 2008

I PIÙ CORROTTI

Come un fulmine a ciel sereno irrompe sul mercato Spadrillas in da Mist, il blog della Ferrara-bene, il blog della Ferrara by Night. Una guida per vivere alla grande la notte e non stancarsi mai a cura del sottoscritto (che come Beppe Grillo ormai è diventato uno human-blog) e del fantomatico critico luchador Ill Bill Laimbeer. Praticamente, Lucignolo rinchiuso nel bagagliaio di una Fiat Ritmo che sta sfrecciando a tutta velocità in direzione Lidi Ferraresi.
Recensioni-wrestling, dischi inesistenti, sagre paesane, maccheroni pettinati (a mano), locali affollati di gente sfinita (o finita), concerti impossibili, concerti mai visti, librerie ben fornite, paninoteche, ribellione a buon mercato, querele. Si rischia grosso.

03 luglio 2008

VOULEZ-VOUS UN RENDEZ-VOUS, TOMORROW

Di solito ascolto musica di cattivo gusto, però il concerto di Cat Power mi è piaciuto parecchio. Nonostante la durata forse eccessiva, nonostante la troppa perfezione nei suoni e nell'esecuzione, nonostante la totale assenza di legna ma soprattutto nonostante non conoscessi per nulla la musicista in questione ho gradito assai. Ma il punto è un'altro. Il punto è che in occasione di questo tour Cat Power si porta appresso come gruppo spalla gli Appaloosa, un duo franco-tedesco che suona un pasticcio che più o meno vorrebbe unire electro anni ottanta e Patti Smith tirando fuori qualcosa di nuovo e diverso dal solito. Dunque, roba che sulla carta si presenta eccellente.
Il problema è che a Ferrara gli Appaloosa non erano tanto un duo ma un laptop+1, in quanto la tizia alla voce era da sola perché il suo compagno d'avventura ha dovuto dare forfait all'ultimo, ed allora dovuto arrangiarsi come ha potuto. E dunque karaoke su basi di livello eccellente fatte partire un po' a casaccio, interruzioni repentine per passare da un brano all'altro, imbarazzo, un pizzico di noia (da parte del pubblico, ma anche da parte della musicista), risate, sincera compassione per una musicista in difficoltà, applausi al laptop che sul finire è rimasto solo sul palco ad intrattenere i presenti. Una sontuosa esibizione che grazie alla sua comicità involontaria mi ha regalato venti minuti di buonumore. Vorrei ripetere l'esperienza, magari vedendomi gli Appaloosa in formato duo. Nonostante a volte finiscano per suonare come certe sortite musicali di Amanda Lear, potrebbero regalare grosse soddisfazioni.