06 novembre 2011

Un disco che in un colpo solo ridefinisce i concetti di trash, pecoreccio e tamarro: JUSTICE - AUDIO, VIDEO, DISCO

I presupposti perché il nuovo album dei Justice fosse un (mezzo) capolavoro c’erano tutti. Quattro anni di attesa, ultimi mesi di incessanti rumors e boatos, indiscrezioni sulla nuova direzione musicale intrapresa dal duo francese e poi, a sorpresa, un mese fa i Justice stessi fanno uscire in rete un medley dei brani del disco che spiazza completamente i fan e porta testate specializzate in electro ed affini a stroncare perentoriamente il disco, sulla base di non so quali impressioni ricavate da tre minuti di porzioni di brano mixate a mo’ di scherzo di Carnevale.

Ed effettivamente “Audio, Video, Disco” è un disco molto coraggioso, di quelli che non ti saresti mai aspettato dopo il sopravvalutatissimo esordio “†”. Come suona? Suona come un disco prog rock anni ‘70, senza però tutte quelle impossibili masturbazioni tecniche che appesantivano il genere e con in sovrappiù una sana e robusta attitudine electro-tritatutto capace di rendere più moderno quel suono conservandone però intatto il grande fascino evocativo. In definitiva, questi Justice suonano come se i Daft Punk di “Human After All” avessero viaggiato nel tempo per poter ascoltare durante le registrazioni del disco solo ed esclusivamente le radio rock inglesi seconda metà anni settanta/prima metà anni ottanta. Nulla di particolarmente originale, ma suona alla grande e ti entra dentro ascolto dopo ascolto, convincendoti che questi due francesi hanno gusto e sanno come si fanno le cose per bene. “Ohio” è la musica che dovrebbero fare gli Air (ma che in parte hanno già fatto con il troppo sottovalutato “10,000 Hz Legend” ), “Canon” é la E.L.O. in jam sotto ecstasy con i Deep Purple e Jean-Michel Jarre, “Brianvision” sono gli Yes che provano a risuonare la colonna sonora de “I Guerrieri della notte” e ci riescono alla grande, “Newlands” è identica alla famigerata “Owner Of A Lonely Heart” (sempre a proposito di Yes), e così via – fino alla title track che è l’unico, vero legame col loro recente passato.

Inizieremo presto a vedere hipster con indosso le t-shirt di Emerson, Lake & Palmer che un tempo furono dei loro padri? Io dico di sì, anche se è ben più facile che questo disco si riveli un insuccesso colossale capace di alienare ai Justice quella fetta di ascoltatori che (a torto o a ragione) si sono innamorati di loro grazie al precedente lavoro. Comunque vada, un colossale salto nel vuoto che non tutti avrebbero avuto il fegato di compiere. Onore ai Justice che hanno scelto la via più difficile e più stimolante.

(IFB)

4 commenti:

casadivetro ha detto...

http://levitedeglialtri.blogspot.com/2011/11/sia-fatta-giustizia.html#.TraoGmCuWQM

a noi piace.

Unknown ha detto...

AUDIO VIDEO DISCO?

Come la scuola del professor fontecedro?

Aleroxxx ha detto...

Che salto.
Che salto signori.

Un disco per tossici di seghe chitarristiche che non esistono.
Anche i punk possono ascoltare prog ora, senza lanciare nulla dalla finestra.

Non posso smettere di ascoltarlo.

accento svedese ha detto...

Cresce ad ogni ascolto, roba da top 5 a fine anno.