24 novembre 2011

Il disco dell'estate scorsa, il disco della prossima: Nothing Gold di Joakim



Diciamo la verità: a fare le cose semplici non si sbaglia mai. Sei più immediato, fai meno fatica e soprattutto fai far meno fatica all’ascoltatore perché il suono è più umano più vero (come il Pippero di Elio, per intenderci). Mica te lo ordina il dottore di comporre musica utilizzando l’iPad o altre cose iper-moderne che tra un paio di anni non saranno più così moderne, mica è obbligatorio spaccare il capello in quattro (e magari spaccare in quattro pure qualcos’altro che qui indico utilizzando il termine scientifico “gonadi maschili”) con sterili esercizi di stile. A che serve mettere nel disco una suite di applicazioni Apple se poi manca tutto il resto? A che serve fare le cose complicate se poi tutto ciò che ottieni dal povero ascoltatore son solo sbadigli (o peggio, pernacchie)? Quello che conta sono le canzoni e che le stesse abbiano un’anima, il resto è fuffa (o truffa). Vero Björk?

Che poi “Nothing Gold” del francese Joakim non è mica poi così semplice. Non deve essere facile concepire un disco del genere, tutto in analogico con suoni ed atmosfere che sembrano uscire dai sepolcri imbiancati di certi anni ottanta marci & viziosi (le musiche del telefilm Miami Vice quando i due investigatori si appostavano per catturare i criminali, la balearic, la cosmic disco, Jean-Michel Jarre, le cassettine italo che i paninari ascoltavano con i primi pionieristici walkman, gli Human League). E non è nemmeno tanto facile ascoltarlo, un disco del genere: arriva dopo parecchi ascolti, ma quando arriva è una botta non indifferente dalla quale è molto difficile riprendersi. Magari “Nothing Gold” sembra lambire alcune cose che attualmente vanno per la maggiore, ma le tocca solo di striscio perché quando hai in mano la chiave per decifrarlo già è volato altrove, lontano, e comunque riesce ad essere personale come pochi perché Joakim è un ragazzo che ha una visione, un obiettivo.

Pop ipnagogico? Qui andiamo oltre, c’è un suono che esce netto dalle casse del tuo stereo e c’è “Rent” dei Pet Shop Boys con Neil Tennant e Neil Lowe sotto morfina (“Find a Way”). Electro anabolizzata tipo Bloody Beetroots et similia? No grazie, Joakim ha altro per la testa, ha la musica per la testa, ha “Der Mussolini” dei D.A.F. con protagonista un ipotetico Mussolini devastato dall’ecstasy (“Wrong Blood”). Dentro a “Nothing Gold” ci sono una manciata di canzoni che ti fanno capire che a questo giro Joakim è forse riuscito a tirare fuori il suo album definitivo (almeno fino al prossimo, visto che Joakim sembra proprio non voler sbagliare un colpo), roba che da qualunque parte la si voglia vedere è da ascoltare senza menate concettuali di sorta, senza voler cercare per forza significati nascosti o chissà cosa.

(IFB)

1 commento:

casadivetro ha detto...

...suona davvero bene, grazie accento.