Tre anni fa accendevi la radio e sentivi il loro power-pop, gradevole fin che vuoi ma pur sempre del tutto inoffensivo, roba che te ne scordavi un attimo dopo averlo ascoltato e non ti chiedevi nemmeno perché. Tre anni dopo tre anni fa (quindi adesso, ma potremmo essere anche ai tempi di certi Beatles di fine anni sessanta, del Prince più illuminato, del Beck che cazzeggia con il funk in “Midnite Vultures”, dei Blur del disco omonimo, dei They Might Be Giants più maestosi, degli Eels dei primi due dischi) gli OK Go pubblicano il loro capolavoro, “Of the Blue Color of the Sky”, un disco che ha voglia di osare e sperimentare e che soprattutto non c'entra assolutamente nulla con quanto il combo americano ha finora detto.
Un disco che inizia con una cosa (“WTF”?) che suona come Prince che canta chiuso nel bagagliaio dell'auto degli Enon non è un disco che passa inosservato, eppure via via che si procede nell'ascolto e ci si addentra nelle pieghe più nascoste dell'opera ci si rende conto che gli OK Go sono arrivati ad un tale livello di consapevolezza che se ne fregano delle vendite perché vogliono suonare solo ciò che amano. E, visti i risultati ("Skyscrapers", “In the Glass”, “White Knuckles”), fanno benissimo.
Se fossero una band esordiente tutti griderebbero al miracolo, ma siccome sono quelli del video sul tapis roulant e dell'heavy rotation su Mtv se li fileranno in pochissimi. Brutta cosa lo snobismo a prescindere.
(IFB)
3 commenti:
M'hai messo troppa voglia di ascoltarlo, speriamo ne valga la pena!
Ascoltalo tutto che ne vale la pena!
Hai proprio ragione, ho ascoltato il singolo (quello suonato con la banda) ed è grandissimo! Adesso mi cercherò l'album
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