28 marzo 2009

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30 euro per un concerto sono troppi, ma 30 euro per vedere gli ultimi Franz Ferdinand lo sono ancora di più. E dunque ad un evento del genere sarò assente giustificato, anche perchè ci andranno cani e porci (tanto per dire, la data di Bologna è già sold out). Peccato solo perché sarebbe stata un'occasione per rivedere in giro un rutilante personaggio Fusi di Testa, uno che in situazioni del genere non manca mai. Ma non si può pretendere tutto dalla vita, tantomeno dopo aver scagliato contro il muro il cd di Tonight: Franz Ferdinand, un'opera che sul bianco candore della parete ha lasciato un segno indelebile della propria attitudine totalmente democristiana. Il fatto che su Vanity Fair ne parli pure un personaggio indefinibile come Guido Bagatta è un'aggravante.

Ed alla fine di tutto questo bailamme, quando meno te lo aspetti viene fuori che la parte migliore del nuovo disco dei Franz Ferdinand sono le
Dub Sessions ufficialmente presenti nella deluxe edition ma che circolano in rete in maniera più o meno carbonara. Sono sessions che si prendono sulle spalle tutti i rischi che i Franz Ferdinand non hanno voluto prendersi nella stesura dell'album e che in pratica mostrano ciò che l'ultimo disco avrebbe potuto essere ed invece non è stato - sia per colpa delle dure leggi di mercato che per mancanza di coraggio da parte del gruppo scozzese. Sono sessions per gente che ne sa ed ha buon gusto, da assaporare in determinati momenti della giornata come la fase post-prandiale o la sera tardi nelle serate in cui addormentarti non ti riesce proprio.

Ma chi se ne frega poi dei Franz Ferdinand e di quanto sono bolliti quando si può benissimo dormire serenamente ascoltando i
Fleet Foxes e le loro nenie insostenibili. Ci provo e ci riprovo ma non ce la faccio, mi addormento sempre alla terza/quarta traccia. Tutti ne parlano, tutti li cercano, tutti li vogliono, generalmente gli indiebloggers impazziscono per loro perché la loro musica è allo stesso tempo progressista e conservatrice, ma il loro debut album omonimo è un disco che contiene al suo interno tutti gli elementi che spingono un essere umano ad iniziare a soffrire di narcolessia.

Non sempre la narcolessia è il male assoluto, ma allora tanto vale bruciarsi i neuroni guardando vecchi filmati del Deejay Time live @ Riccione Estate 1994, filmati punk in tutto e per tutto in quanto sono emotivamente devastanti e mostrano gente che ci crede(va) e che ha saputo inventare qualcosa di nuovo uscendo dal solito stereotipo concerto-folla osannante-rockstar e/o gruppo che suona sul palco compiaciuto da tale devozione. La musica da autoscontri come unica plausibile forma di ribellione ad un sistema che ti prende il collo come un cappio, ribellarsi al sistema entrando a far parte di questo prendendolo al contempo per i fondelli (e guadagnandoci pure un bel po' di soldini, il che non è male).

Viene quasi da piangere pensando a quei bei tempi che furono perché a differenza di Franz Ferdinand, Fleet Foxes et similia Albertino sapeva rischiare, si metteva in gioco di continuo ma alla fine ne usciva a testa alta, sempre vincitore. E con lui everyone's a winner per davvero.

4 commenti:

disorder ha detto...

I Bloc Party del pasticciato Intimacy escono decisamente rivalutati dal confronto con il terzo FF, ammettilo! A me non hanno detto niente neanche le versioni dub.

accento svedese ha detto...

Escono svalutati (e bolliti) entrambi. Diciamo che se senti il nuovo dei Who Made Who te ne rendi conto.

20nd ha detto...

Lacrimuccia sul digeitaim

accento svedese ha detto...

Pienamente giustificata.