Uno schermo televisivo, un telecomando, un divano, un ventilatore, acqua ghiacciata, i biscotti comprati al discount. I Black Angels che suonano a Marina di Ravenna e tu non ci sei. Rutto libero. Il nulla.
Giampaolo Pansa sullo schermo, ospite di Otto e Mezzo. L'encefalogramma piatto.
Non si capisce nemmeno se il programma sia in diretta, in differita oppure una banalissima replica però quello che conta è che Pansa è in forma smagliante. Dice sempre le stesse, identiche cose ma probabilmente stavolta il suo chimico di fiducia gli ha fornito l'additivo illegale giusto. Pansa ha 74 anni ma è ancora un animale da rave party.
Pansa presenta un suo nuovo libro in vendita nei migliori supermercati italiani, è animato dal risentimento, ha la bava alla bocca animata dal risentimento ed attacca in maniera generica e confusa “la sinistra”, a suo dire colpevole di gran parte dei mali di questo paese, ma soprattutto colpevole di avercela con lui e /o di snobbarlo perché scomodo. La mania di persecuzione.
Cita l'intellighenzia di sinistra intendendo per intellighenzia di sinistra Lotta Continua (infatti gran parte dei pezzi grossi di Lotta Continua stanno a destra). Attacca di continuo La Repubblica e la linea editoriale del giornale medesimo, giornale appartenente al gruppo L'Espresso (guarda caso Pansa ha scritto a lungo su L'Espresso e qualche tempo fa se ne è andato per presunte divergenze di fondo). Attacca le sinistre, attacca Dario Franceschini, attaccherebbe pure se stesso qualora fosse possibile. Gioca a fare la parte di quello fuori dal coro, quello ghettizzato perché portatore di idee controcorrente, però suscita nei presenti (e negli assenti) solo pena e tristezza. Ma quaggiù non siamo in cielo, e se un uomo perde il filo è soltanto un uomo solo.
In studio lo sbeffeggiano tutti, sia i due conduttori che l'altra ospite Miriam Mafai. Non riesce più a parlare, dice le solite panzane, è imbufalito ma cerca di nasconderlo con grande classe. La classe non è acqua, la classe è una fiasca di vino. La classe è fare fiasco e non rendersene conto.
Avrei voluto essere in studio, per sbeffeggiarlo senza pietà come si fa con i vecchi al bar del proprio paese. Ma in fondo l'intervista di Pansa è stata un meraviglioso viaggio psichedelico, e sembrava quasi di essere in studio assieme ai protagonisti di questa memorabile avventura tale era il livello di intensità emotiva raggiunto dal dibattito. Io me la sono risa di gusto, come si fa quando si guarda la Gialappa's. Con la differenza di sentirmi il malcapitato protagonista di una trasmissione della Gialappa's, in un delirio metafisico. Non più sicuro, dietro il mio schermo, superiore, con la schiena sul mio divano. Ma dentro. In fondo all'imbarazzo di un'emulazione fallita. In fondo al trash (cit.). In fondo alla parabola discendente di Giampaolo Pansa, un signore che è stato un grande giornalista ma ora altro non è che un'emulazione fallita di un grande giornalista, credibile come il vecchietto che arriva al bar di prima mattina e non molla più la Gazzetta dello Sport fino a pomeriggio inoltrato. Pansa, domenica prossima Alex Del Piero gioca o resta in panchina?
1 commento:
Infatti
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