
Il dato di fatto è che gli
Hot Chip sanno come far muovere la gente, anche se dal punto di vista estetico sono letteralmente impresentabili. Essere nerd non è una colpa, però da gente così mai e poi mai ti aspetteresti un concerto come quello che ho visto sabato scorso. Li vedi in faccia e ti chiedi come possano tirare fuori roba del genere. Grandissimi.
Già prima del concerto all'interno dell'Estragon si respirava l'aria del grande evento, e l'impazienza di vederli entrare era palpabile. E poi sono arrivati, tra l'ilarità generale. Per rendere l'idea, uno di loro, per tratti somatici e stazza fisica, assomigliava in maniera inquietante al Barone
Andrea Lo Cicero, il pilone della nazionale italiana di rugby, ma sfoderava una agghiacciante maglietta degli Iron Maiden. Quando l'ho visto neanche ci credevo. Un altro aveva addirittura una canotta Nike Air che
nemmeno nel 1992, mentre quello che finiva per risultare il più decente del lotto sembrava Dj Jad degli Articolo 31 in versione pre-calvizie, ma aveva una camicia a fiori acquistata con ogni probabilità all'Uba Uba
[*]. Complimenti per la scelta.
Considerazioni estetiche a parte, gli
Hot Chip si sono presentati sul palco in cinque, armati di una chitarra, percussioni, drum machine e di un plotone di sintetizzatori e hanno dato vita ad un concerto estremamente
fisico, che è sembrato un dj set per l'attitudine con cui hanno proposto i brani. Un unico flusso con rarissime pause per scambiarsi gli strumenti, strutturato con il chiaro intento di fare muovere il culo al pubblico, che ha prontamente risposto. Sembrava di essere in discoteca, la cassa incalzava e la gente ballava divertita. Io personalmente non riuscivo a stare fermo e ho sudato le proverbiali sette camicie, completamente assorbito dalla loro musica, per definire la quale potrebbe essere comodamente utilizzato il temine
martellone, direttamente dal
Deejay Time. Hanno proposto quasi per intero l'ultimo (e fantastico) The Warning, assieme ad alcuni brani del precedente Coming On Strong, all'inedita My Piano e ad una straniante cover di Temptation dei New Order, che è stata la vera chicca della serata ed ha fatto saltare definitivamente tutti gli schemi. E' stato molto bello per me sentirmi mentre la cantavo a squarciagola, come se fosse il 1996 e Trainspotting fosse uscito l'altro ieri. Probabilmente in quei frangenti avevo assunto sembianze
mostruose, ma non importa. E' stato un bellissimo momento.
Il concerto è finito troppo presto, e ne avrei voluto ancora. Ma purtroppo non è stato possibile, e forse è stato meglio così, perché altrimenti il tutto avrebbe finito per perdere la sua carica di spontaneità. Il gioco è bello quando dura poco, tanto per usare la solita frase fatta.
Due salti in pista e poi a casa, giusto in tempo per affrontare la solita insonnia post concerto. Grande stanchezza ma orecchie che fischiano e non si riesce a dormire. Finisco per stazionare davanti alla tv in cerca di qualcosa che mi faccia addormentare. Ghezzi a Fuori Orario stavolta non offre nulla di particolarmente psicotropo, e allora faccio zapping e finisco su
La 9, nota emittente del nord-est che una volta offriva esilaranti sexy show e ora ha ripiegato su
Quiz Show, che come dice il nome è un quiz a premi con telefonate da casa. Estenuanti dirette che vanno avanti tutta la notte, in cui il pubblico da casa deve indovinare la parola giusta a partire da lettere sparse in disordine su uno schermo in studio. Un gioco in cui si vincono ricchi premi e per partecipare si deve telefonare e sperare di essere estratti, ma soprattutto si spendono 15 euro a chiamata e si acquisisce il
diritto a ricevere loghi e suonerie sul cellulare. Le parole sono facili e banali ma la gente che telefona da casa non indovina mai, o al massimo indovina quando la posta in gioco è passata da 4000 euro ad una ricarica del cellulare.
L'Italia è anche fatta di cose come questa.
Sono assai perplesso ma me la rido di gusto, e finalmente vado a letto soddisfatto. Ho appurato che Quiz Show è un programma chill out. Mai fare senza.
[*] Uba Uba: grande magazzino di abbigliamento in auge a Ferrara nella prima metà degli anni novanta, famoso per vendere a prezzi molto economici capi di dubbio gusto (e molto spesso di scarsa qualità), caratterizzati da colori sgargianti e dalle fantasie francamente improponibili. Finiti gli anni novanta, è finita anche l'epopea dell'Uba Uba, ed ora al suo posto sorge una sala Bingo. É il segno dei tempi.