16 ottobre 2008

COUNTRY FIRST

Non pago delle figuracce collezionate quando di nome faceva Diego, era argentino e giocava nella Fiorentina, Nicola Latorre ne ha combinata un'altra delle sue. Il dalemiano di ferro, il grande trascinatore di folle, l'uomo che è sempre in pista nonostante sia sconosciuto ai più, il fautore del dialogo con la destra-perché-dobbiamo-smetterla-con-l'antiberlusconismo, il politico che finge di essere di sinistra in realtà è un ibrido è andato in Libia assieme ad altri quattro esponenti politici di rilievo ad incontrare il colonnello Gheddafi alias il Colonnello Gheddàun. Il leader libico è un noto campione mondiale di democrazia solito a non andare tanto per il sottile con gli oppositori, mentre i quattro politici italiani che sono andati il Libia assieme a Latorre sono addirittura superstar del calibro di Giulio Andreotti, Vittorio Sgarbi, Beppe Pisanu e Lamberto Dini.
E qui viene il punto. Dei primi tre e del loro destino sapevamo già praticamente tutto (Andreotti ha recitato in un film,Vittorio Sgarbi e la sua forfora sulla giacca sono primi cittadini di un comune siciliano, Beppe Pisanu grazie ad una magistrale gestione delle Elezioni 2006 ora gioca a fare la voce critica in Forza Italia), mentre Lambertone Dini pareva scomparso nel nulla, cancellato dalla Storia, quasi evaporato. Voci di corridoio parlavano di una sua uscita dai Liberaldemocratici, di una sua malcelata insoddisfazione per non essere stato eletto Presidente del Senato come gli era stato promesso tanto tempo fa, di un Silvio Berlusconi che non gli ha assegnato il Ministero delle Difesa o degli Interni perché porta sfiga, di un Dini che ha acquistato la stessa camera iperbarica in cui dorme Michael Jackson perché spera di vivere fino a 150 anni, di una sua fuga dall'Italia per andare a fare l'eremita nel mausoleo di Lenin sulla Piazza Rossa a Mosca. Solo voci e nulla più, ma niente di certo e, soprattutto, nessuna apparizione tv a testimonianza del suo buono stato di salute. Cominciavo a preoccuparmi per lui che solo fino a sei mesi fa era sulla bocca di tutti, ero certo che fosse depresso per la mancanza di attenzione, ma vederlo di nuovo così vispo e pimpante mi ha reso sinceramente felice.
Dini se lo merita. Finalmente ha potuto sentirsi di nuovo importante ed ha potuto assaporare ancora una volta l'ebbrezza di posare le sue nobili terga su una poltrona che conta. In segno di rispetto i presenti lo assecondavano - allo stesso modo si assecondano i molto anziani ridendo forzatamente ad ogni loro battuta – ma erano e restavano consapevoli della grandezza morale e materiale del personaggio. E tutto questo senza nessuna decisa azione per la riduzione della spesa pubblica, nessun ridimensionamento delle persone che vivono di politica, nessuna riduzione del carico fiscale per i contribuenti, nessuna rinuncia alle centinaia di programmi inconcludenti in cui vengono dispersi fondi preziosi, nessuna realizzazione del sistema nazionale di valutazione dei risultati scolastici, nessuna riduzione dei giorni di sospensione feriale dei termini processuali, nessun ridimensionamento del ruolo della politica nella gestione della sanità pubblica. Le sette richieste che Dini proponeva come essenziali per continuare ad assicurare il proprio sostegno al governo Prodi sono finite nel cesso, accompagnate da una delicata musichetta mentre qualche anima pia tirava lo sciacquone: un'altra grande vittoria del Governo Berlusconi che ci rende grandi anche fuori dall'Italia. E tutto questo grazie a Nicola Latorre che ha tirato fuori Dini dal sarcofago dentro al quale rifletteva serenamente sui propri errori. Non possiamo che essergliene estremamente grati.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma poi perchè una tal banda di losers è andata in gran pompa dal Gheddafi?

accento svedese ha detto...

Non l'ho ancora capito. Probabilmente c'è troppa ricchezza in questo paese ed allora meglio sperperare un pochino in viaggi a spese del contribuente.