25 agosto 2011

Un disco con i controcazzi: Pnau - Soft Universe

Contestualizziamo, perché per capire certe cose è importante anche sforzarsi di inserirle nel loro contesto naturale: i Pnau sono in due ed in Australia sono (quasi) dei divi, mentre in Europa non se li è mai filati (quasi) nessuno. Sono in giro da più di dieci anni, uno di loro due è la metà di quei famigerati Empire Of The Sun che un paio di anni fa fecero il botto ed iniziarono ad allietare (o ad infestare, a seconda dei punti di vista e dei gusti personali) le tv musicali e le frequenze radio di regime, l’altro ha arrotondato lo stipendio lavorando come produttore, remixer e all’occorrenza ghost writer di famose popstar. Il loro omonimo disco precedente è del 2007 ed è uscito prima del botto degli Empire Of The Sun, in Australia è stato un successo mentre in Europa no. Era un buon prodotto ma era molto disomogeneo, pareva più una raccolta di singoli usciti nel corso di un arco temporale di cinque/sei anni che un album vero e proprio e lo si ascoltava proprio così, come un bel dischetto di cui ascolti un paio di pezzi scelti a seconda del tuo stato d’animo poi passi ad altro perché lo stato d’animo cambia in fretta e la musica va di conseguenza. La vita è sempre una questione di mood, non si scappa.

Ed ora che siamo nel 2011 e l’esperienza Empire Of The Sun ha insegnato loro qual’è il mood giusto (il mood di chi ha preso coscienza dei propri grandi mezzi e del proprio talento ed ha capito che può scrivere grandi canzoni, fare un album che non sia una mera collezione di singoli e all’occorrenza anche farci i soldi) i Pnau se ne sono usciti con un disco pomposamente intitolato “Soft Universe”, un album che riesce finalmente nell’impresa di suonare omogeneo dall’inizio alla fine e che più o meno sta alla musica di oggi come “United” dei Phoenix stava alla musica degli Anni Zero. Ossia, lo stesso recupero della musica di due decenni prima (il soft rock da radio Fm anni settanta per i Phoenix, i New Order e più in generale tutto quel technopop carico di spleen che ha caratterizzato certi anni anni ottanta per i Pnau) finalizzato ad una freschissima scrittura pop adolescenziale con i piedi ben saldi nel passato e lo sguardo rivolto al futuro. In definitiva in questo disco i Pnau dimostrano di saper guardare molto lontano e tirano fuori dal cilindro una sorta di house music da arena, fatta di cassa dritta, sintetizzatori che paiono provenire da una discoteca ibizenca a caso, chitarre evocative e ritornelli killer da cantare a squarciagola (il primo singolo “The Truth” è da lacrime agli occhi ed un clamoroso esempio di brano che potrebbe anche incendiare le platee di mezza Europa, se solo qualcuno si decidesse ad offrire a questo duo australiano la visibilità che merita) per esorcizzare ogni traccia di paranoia e nel contempo ballare e divertirsi – che del doman non v’è certezza.

Preso così potrebbe anche diventare un disco con il quale trovarsi per forza a fare i conti in spiaggia nei resti di questa estate che sembra non arrivare mai e quando arriverà sarà già finita, e nel momento esatto in cui “Soft Universe” si chiude con la enigmatica e sognante “Waiting For You” – una cosa che non c’entra nulla con il resto e sembra uscita da un film di Frank Capra visto sotto sedativi oppure da un disco dei loro conterranei Avalanches – ci si rende conto che la vita è una cosa meravigliosa proprio perché c’è musica come questa ad allietarla. Si entra nemmeno tanto in punta di piedi ed uscirne è molto difficile.

(IFB)

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