07 febbraio 2011

Abbiamo vinto il Festival di Sanremo: MACROBIOTICS - BALERASTEPPIN'

macrobiotico [ma-cro-biò-ti-co] agg. (pl.m. -ci, f. -che): Di alimento che mantiene integre le proprietà nutritive e i componenti biologici di base || dieta m., in cui si usano soltanto verdure, cereali integrali, frutta e pochi alimenti di origine animale e non compaiono quelli conservati o prodotti e lavorati industrialmente. Se cerchi su un buon dizionario il significato del termine “macrobiotico” trovi più o meno questo, mentre se verifichi su Wikipedia alla voce “macrobiotica” ti viene raccontato che è uno stile di vita basato sull’equilibrio tra le forze antagoniste e complementari che, secondo le antiche teorie cinesi, governano l’Universo. Non so se sia vero ma ci credo, e comunque i Macrobiotics comunque fanno proprio questo. Prendono forze antagoniste e complementari e le mettono insieme facendone musica che vive di vita propria, e lo fanno in maniera non industriale mantenendone intatte le proprietà nutritive. Vedono la musica italiana da un altro punto di vista – il loro, solo il loro – e la reinterpretano rendendola cosa nuova, fresca, salutare, emozionante servendosi del rap e della musica elettronica.

Quello che fanno i Macrobiotics ha davvero un senso. Il mondo sta andando in malora, e allora l’unica speranza è il riciclo. Anche in musica: non si inventa più nulla, tutto è già stato fatto in passato, ed allora perché non prendere grandi classici della musica italiana (o semplicemente grandi canzoni dimenticate) e riciclarli senza vergogna in chiave hip hop? E perché non prendere beats altrui e farne un uso lontanissimo dal punto di partenza, unendoli in uno straniante mash-up ad un elemento così diverso eppure così coerente come il rapping di grandi versi musicalmente immortali? Mi gira la testa, ma giuro che ciò che fanno i Macrobiotics è proprio questo – e tra l’altro lo fanno maledettamente bene.

Fare cover non è facile. Puoi prendere una canzone ed interpretarla freddamente come un impiegato che deve timbrare il cartellino per la millesima volta – ed allora tanto vale andare a fare pianobar ai matrimoni oppure andare a suonare Vasco Rossi nei pub del Nord-est (un panino, una birra media e quella di Vasco che parla di Steve McQueen) – oppure puoi fare come fa Giuliano Palma che le suona tutte uguali in chiave ska-rocksteady e fa contento il suo pubblico fatto di studenti fuorisede che cercano di eludere i controlli all’entrata dei locali portando nello zaino bottiglie di gin lemon artigianale e cartoni di Tavernello, puoi fare così e cosà, ci guadagni parecchio ma è pur sempre una operazione di spessore molto basso e soprattutto senza nessuna passione dietro. Oppure puoi vivere un brano (arrivando a definirlo ‘canzone di appartenenza’), assorbirlo, rubarne l’anima, cucirlo sulla tua pelle, renderlo tuo al cento per cento come fanno Dargen D’Amico e Nic Sarno (le due teste che stanno dietro al progetto Macrobiotics) ed allora la faccenda cambia e si vola alto davvero. C’è la passione, c’è l’arte, c’è la capacità di stupire, c’è la capacità di prendersi poco sul serio. C’è tutto ciò che serve per essere felici.

Non servono grandi doti vocali per comunicare emozioni. Per comunicare qualcosa basta avere un messaggio e basta crederci. Basta amare ciò che si fa. Si può fare musica anche senza saper suonare, si possono prendere scampoli di musica altrui e creare cose nuove, si possono prendere testi altrui e comunicare cose diverse. Dargen D’Amico e Nic Sarno mettono a disposizione tutto questo, le loro passioni e le loro idee in un mixtape in download gratuito sul sito de La Valigetta. Il mixtape si chiama “Balerasteppin’” ed appena spingi play ti sembra di salire su un ottovolante che passa attraverso cinquant’anni di canzone italiana: una sprezzantissima “Vita spericolata” di Vasco Rossi, una inarrestabile “Adelante Adelante!” di Francesco De Gregori, una sognante “Impressioni di Settembre” della Premiata Forneria Marconi, una cocainomane “Siamo ricchi” di Gianna Nannini, una paranoica “Banane E Lampone” di Gianni Morandi, una struggente “Albergo a ore” di Herbert Pagani, una ancestrale “Oh Angelo Mio” di Loredana Bertè, una surreale “Che Storia E’” di Laura Pausini, una epica “La Guerra Di Piero” di Fabrizio De Andrè, tutto sparato dritto in faccia, tutto senza compromessi. L’ottovolante passa veloce come il vento e vorresti che ripassasse ancora e ancora, poi vai a risentirti gli originali e tu rendi conto che non c’entrano un cazzo con quanto proposto dai Macrobiotics, o forse sì, c’entrano tantissimo ma i Macrobiotics li hanno fatti talmente loro da farti dimenticare che sono cover, li hanno resi talmente credibili da farti sentire consapevole della grandezza del loro progetto, ossia ciò che serve davvero quando si fa/si ascolta musica.

(IFB)

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Ma gli Autechre con Marco Masini ?

sto per sborrare

accento svedese ha detto...

Vorrei davvero una roba del genere, per me al prossimo giro lo faccio.