03 gennaio 2012

MARIA ANTONIETTA, OVVERO LA NEW SENSATION DEL 2012

Il suo Bandcamp recita più o meno “un’attitudine assolutamente punk. Come se Courtney Love cantasse al telefono”, ma in realtà è Giusy Ferreri che canta al telefono i Prozac + quando erano famosissimi (e cioè quando il loro chitarrista bestemmiò in diretta tv durante un Mtv Day), oppure a scelta la one hit wonder Carlotta (chi cazzo sono andato a tirar fuori dal cassonetto dei ricordi? La tizia che ci ammorbava con Frena una decina di anni fa? Non ci posso credere) che canta al telefono la sua unica hit strafatta di Martini & Aspirina e poi sviene su un divano del suo loft cortesemente pagato dai genitori o da chi ne fa le veci. O magari la cantantessa Carmen Consoli che cerca di imitare/ammaestrare/adescare I Cani (ormai un classico, dunque ci sta tutto che Carmen Consoli provi ad imitare/ammaestrare/adescare I Cani) al suono di cassette di gruppi della Lookout! Records risalenti agli anni che vanno dal 1982 al 1994, e se proprio vogliamo esagerare Gianna Nannini che si presenta da Steve Albini per chiedere di produrle un disco e lui le risponde ridendole in faccia (è successo davvero, io so). E poi le Muffs, le Lunachicks, le L7, le Babes in Toyland, le Lollipop, Jessica Morlacchi, tutte nella pentola – mescolare, mescolare, mescolare, mescolare come diceva la Paolino Paperino Band – a cercare disperatamente di avere la meglio l’una sull’altra, per cercare di sopravvivere, per cercare di emergere o semplicemente di farsi notare.

Ecco, Maria Antonietta è tutto questo o forse nulla. Posso dirlo perché ho ascoltato il suo disco d’esordio in anteprima esclusiva streaming su un sito di bella musica italiana che si chiama come un celeberrimo brano electro di Herbie Hancock, posso confermarlo perché ho letto i suoi testi in super anteprima esclusiva sullo stesso sito e mi è venuto il mal di mare perché la punteggiatura risultava non pervenuta (gli argomenti trattati, poi). New sensation del 2012 oppure clamoroso abbaglio? Ai posteri l’ardua sentenza. Per carità, diverse idee buone ci sono e sicuramente in futuro verranno sviluppate meglio perché Maria Antonietta ha buone potenzialità, ma intanto si fatica davvero ad arrivare sino alla fine del disco e questo è ciò che conta davvero (anche se ormai la musica odierna probabilmente conta poco perché dura poco meno di una stagione poi te ne dimentichi). Un power-pop piatto e monocorde che pesca a destra e a manca ma non arriva mai al dunque, addizionato a parecchio grunge all’ammorbidente di quello che girava in Italia quando il fenomeno stava ormai inesorabilmente svanendo e ad un cantato che spesso e volentieri finisce per ricordare una ipotetica Sabina Guzzanti che imita Moana Pozzi alzata di due ottave: in poche parole, un prodotto che visto che I Cani ha/hanno fatto il botto cerchiamo di farlo anche noi, magari con testi troppo milanesi per essere veri (a quanto mi risulta Milano non finisce a Porta Ticinese, ma chiederò informazioni a Red Ronnie e a Letizia Moratti) orientati ad un certo tipo di gioventù (bruciata e non) che è in grado di capirli molto più di quanto riesca a comprenderli io. Probabilmente perché non ho capito un cazzo della vita, direi.

Dodici anni fa musica del genere finiva giusto nel cd allegato a Rocksound ed era quella che regolarmente skippavi perché totalmente fuori luogo mentre ora in rete non si parla d’altro e probabilmente tra poco Maria Antonietta finirà pure per diventare famosa davvero: i tempi che stiamo vivendo sono quelli che sono, prendiamoli per buoni anche se così non è.






E, tanto per postare qualcosa a caso, il nuovo singolo de Il Teatro degli Orrori, forse una delle cose più brutte di tutti i tempi (almeno musicalmente parlando, del resto non so).

7 commenti:

Anonimo ha detto...

Se il popolo indie ha fame dategli delle brioches.

Unknown ha detto...

Lo sai chi mi ricorda spaventosamente?
Un pezzo qualsiasi dei libertines, tipo in the libertines. Cantato da(i) cani al telefono.

Ma devo dire che non sono riuscito a finire la canzone. Forse il finale meritava.

accento svedese ha detto...

@ anonimo: il popolo indie ultimamente si beve tutto. Colpa di Steve Jobs e degli mp3.

@ minkia mouse: vado a recuperarlo, ma non stento a crederci. Davvero, l'unica cosa bella della canzone è il finale - quando temina, intendo.

Unknown ha detto...

@accentosvedese, Ahahaha!!!

Sia chiaro, "the libertines" è il discomediocre della band.

Up the bracket, invece, è quasi un emozione continua!

ps: sono dell'idea che il popolo indie si è sempre bevuto di tutto. Bastava mettere un THE davanti ad un nome, e loro lo bevevano come una birra nei pub londinesi.

Anonimo ha detto...

Io mi sento leggermente preso in giro. Avevo scritto con entusiasmo di Marie Antoinette (quando ancora cantava in inglese), questo album è una mazzata ai sentimenti. Il singolo, vabè, lasciamo perdere. Le altre canzoni sono leggermente più interessanti, ma comunque molto al di sotto delle aspettative. Peccato.

日月神教-向左使 ha detto...

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