Ed otto anni dopo i Les Savy Fav suonano esattamente uguale e Tim Harrington è sempre un vero e proprio animale da palcoscenico, ma in fondo ad artisti del genere non si può chiedere di fare qualcosa di diverso (certi artisti possono permettersi di essere conservatori, tanto alla fin fine sembrano progressisti lo stesso). Nel frattempo, una manciata di singoli e niente dischi ufficiali per cinque anni (cinque anni in cui molta gente – un nome a caso, James Murphy. Un altro, The Rapture - è passata all’incasso suonando roba che i Les Savy Fav facevano prima, e decisamente meglio), un ritorno (“Let’s Stay Friends” ) che li ha resi un gruppo di culto anche per coloro che sono soliti cavalcare miti & mode del rock n’ roll (leggasi NME, Pitchfork e relativi lettori assidui), ed ora questo “Root For Ruin”, un disco che esce nel 2010 ma è come se fossimo ancora nel 2002, un disco senza tempo e senza spazio, un disco che è meno cerebrale del loro capolavoro “Go Forth” ma che è altrettanto lascivo, un disco che ti entra dentro e scava in profondità tanto quanto basta a farti commuovere.
Scava tra i tuoi ricordi, facendoti tornare a quella sera in cui li hai visti per la prima volta e da allora attendi con impazienza che tornino in Italia ad incendiare un palco, a travestirsi da coniglio, a mostrare la panza, a farsi fustigare dal primo che passa, per amore della musica e del proprio pubblico, per amore dell’Arte e dell’Ignoranza. Torni indietro a quando non lavoravi e facevi finta di studiare (o a quando studiavi e facevi finta di lavorare), a quando era tutto più facile e non dovevi caricarti di eccessive responsabilità, tanto avevi sempre chi per te raccoglieva i cocci ed aggiustava il tutto.
Combinare casini, divertirsi e non preoccuparsi di null’altro. Ecco, “Root For Ruin” è tutto questo e molto di più: un disco che non si carica di eccessive responsabilità ma che è in grado di arrivare agevolmente al dunque, si ascolta facile e non si fa troppe menate. Un disco da qui ed ora, ma che ascoltato poi e dopo manterrà intatto il suo fascino innato e sarà sempre in grado di combinare casini senza raccogliere cocci, senza aggiustare nulla perché tanto non c’è più nulla da aggiustare in questo povero mondo malato, ed allora ci resta solo la musica, ci restano solo l’Arte e l’Ignoranza. Ormai non c’è più salvezza, ma finché ci saranno gruppi come i Les Savy Fav potremo anche permetterci di stare tranquilli.
(Indie For Bunnies)
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