11 dicembre 2007

PAVEL JAGGER CONTRO IL GRANDE FREDDO

Devo cospargermi il capo di cenere per aver sottovalutato in passato gli Enon. Un gruppo attivo da circa dieci anni, titolare di dischi bellissimi che però io, forse per uno strano scherzo del destino cinico e baro, non ho mai preso in considerazione. Forse ero troppo impegnato ad inseguire altri gruppi più apparenza che sostanza, o forse più semplicemente non era ancora tempo. Da un mese a questa parte ci sono finalmente arrivato e ora ci sono dentro fino al collo, rapito dalla loro musica all'apparenza semplice ma mai banale. Meglio tardi che mai.
Chiariamoci subito una cosa: gli Enon sono il classico gruppo che non finirà mai in copertina sulle riviste specializzate. Sono già troppo vecchi per potercela fare. Ma un gruppo che schiera tra le proprie fila l'ex chitarrista dei Brainiac (John Schmersal) e l'ex bassista dei Blonde Redhead (Toko Yasuda, oltretutto anche ex Van Pelt) non è una cosa da poco. Se poi a questo si aggiunge il fatto che gli Enon sono titolari di un art-rock che suona come qualcosa esattamente a metà strada tra i Blonde Redhead in botta di anfetamina e i Les Savy Fav degli esordi, si ottiene che gli Enon sono una grande band e Grass Geysers... Carbon Clouds è un disco immenso. Uno dei migliori dell'anno, se proprio vogliamo dirla tutta.
Un album uscito di recente nel quale gli Enon tirano le conclusioni del discorso e ottengono un suono che è l'esatto punto di equilibrio tra elettrico ed elettronico, tra sporco e pulito, tra chiaro e scuro, tra pieno e vuoto. Un suono che è una sintesi ma non un compromesso per un disco che ha nel contrasto tra i brani cantati da John Schmersal (più selvaggi ed animaleschi) e quelli cantati da Toko Yasuda (più dolci e sognanti) il suo vero punto di forza. Non una debolezza, non una caduta di tono per quaranta minuti che passano in un attimo e vorresti che ricominciassero subito.

Tra le altre cose, ho avuto l'onore di vederli live venerdì scorso al Covo ed, in tutta sincerità, posso affermare che gli Enon dal vivo sono semplicemente pazzeschi e non fanno prigionieri. Trattasi di gente che la sa lunga e sul palco dà tutto, senza sconti. I brani di Grass Geysers... Carbon Clouds sottoposti alla prova live suonano molto più ruvidi e tirati e, nonostante venga privilegiata la parte elettrica rispetto a quella elettronica, l'efficacia ed il fascino e la loro rimangono gli stessi, grazie anche al formidabile batterista Matt Schulz, una vera macchina dalla potenza inaudita. Ed i presenti hanno gradito assai, come hanno gradito i due inediti eseguiti per l'occasione (che suonano inaspettatamente molto, molto più punk rispetto al resto del loro repertorio), vera ciliegia sulla torta a coronamento di una grande serata.
E' sempre bello vivere serate del genere e rendersi conto di come anche un gruppo con un cantante/chitarrista che esteticamente sembra un impossibile morphing tra Pavel Nedved (centrocampista della Juventus) e Mick Jagger (ex compagno di università di Romano Prodi) riesca ad accontentare sia i palati più fini che quelli più trash (come il sottoscritto). La grande magia della musica sta soprattutto in questo. Un'affermazione del tutto mastelliana, ma che in circostanze del genere ci sta proprio a pennello.

5 commenti:

20nd ha detto...

Thumbs Up

Cosucce Psicotrope ha detto...

cioè....messa così potrebbero piacere anche a me! dici?

accento svedese ha detto...

@ zonda: grazie grazie! ;)

@ cosucce psicotrope: per me ti potrebbero piacere. Melodici ma anche sporchi dal punto giusto, indie ma non troppo. Devi assolutamente provarli.

20nd ha detto...

Si' che ti piacciono. Non fare l'asociale solo perche' non si vedono delle zinne!

accento svedese ha detto...

In compenso si vede un batterista spettacolare, che oltretutto ha un taglio di capelli impossibile. I suoi capelli phonati sebrano quelli di Muciaccia il prensentatore di Art Attack. :D