Questo fine settimana mi sono rovinato il cervello ascoltando praticamente solo due dischi. Il primo è la raccolta
Acid: Can You Jack?, doppio cd edito dalla benemerita etichetta londinese
Soul Jazz che raccoglie tutte le pietre miliari del suono che ha caratterizzato la fine degli anni ottanta e l'inizio degli anni ottanta, la
acid house. Premetto che non sono un appassionato di musica dance. Ma la acid mi piace. Punto e basta.
Un suono ricchissimo nella sua semplicità, scarno e visionario, che suona ancora oggi avanti sui tempi ed estremamente coraggioso. Tutto incentrato sulla figura del sintetizzatore
TB-303 della Roland, può essere considerato una nuova forma di psichedelia. Linee di basso acidissime e dementi che ti entrano nel cervello, ritmiche scarne ed ossessive e pochi altri arrangiamenti di synth per una piccola rivoluzione partita da Chicago alla conquista di Manchester e poi dell'Europa intera. Una vera goduria.
L'altro disco è
1968 to 1970: an Anthology, di
David Axelrod. Americano, autore di colonne sonore per film e documentari, è il coraggioso artefice di un jazz-funk che ha anticipato tanto, tantissimo, ed ancora oggi sa dire la sua. Si devono a lui tante intuizioni che oggi paiono ovvie e quasi banali, ma che per i tempi erano quasi aliene: è stato il primo ad acccostare ad un certo tipo di ritmica archi di stampo cameristico, ad esempio. Fonte infinita di samples e campioni per generazioni di dj, gente come Madlib e DJ Shadow deve parecchio a lui. Questa antologia pesca materiale dai primi tre dischi, ed è superba.
Axelrod crea atmosfera e sa trattenere la tensione, ha classe, senso del groove, breaks pazzeschi ed arrangiamenti di archi che ancora oggi appaiono avanti. Piacerà molto al mio amico
Piero.
2 commenti:
AHuahauAHauhAUhauAhaUh grande citazione, grandi link... e soprattutto grandi dischi!!! questo blog è proprio partito bene!vai federico!!!
Bravo Bindo, sono già diventato uno dei fan del blog!
Continua così.
Toffo
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