29 dicembre 2007

LA MIA BANDA SUONA IL ROCK

Vacanze di Natale uguale tempo libero e relax, e di conseguenza io ho a disposizione parecchio tempo per una delle mie attività preferite: guardare con calma Mtv ed Allmusic, tanto per rendermi conto di come vanno veramente le cose tra la gente che conta sul serio. Dopo qualche giorno di visione casuale ma estremamente attenta, di fronte a tale splendido panorama il dato di fatto è uno solo: in Italia il rock mainstram è roba fatta apposta per far sentire ribelli i giovani che in realtà sono già vecchi dentro, vecchissimi. È dura da digerire ma è così, non si scappa.

Prendiamo i Negramaro: una band inutile, che ha fatto della libera ispirazione (o addirittura del plagio) la sua ragione di vita ma che inspiegabilmente piace davvero a tutti. Quando ho sentito il loro nuovo singolo stavo per avere un mancamento: riesce a suonare senza pudore alcuno come qualunque cosa presa di peso da Ok Computer ma sfodera una linea vocale degna di Tiziano Ferro, impreziosita da un indimenticabile featuring di Jovanotti. Musica per stomaci forti, che in teoria dovrebbe far spegnere il televisore all'istante ma che evidentemente piace alla gente che piace, visto che viene programmata almeno due volte ogni ora. Il video è concettualmente vecchissimo e la panza che Giuliano Sangiorgi sfodera orgoglioso sotto le sue magliette aderenti é roba da bollino rosso. A letto i bambini.

E che dire dei Vanilla Sky? Finalmente è sbarcato in Italia il pop-punk, che nel resto del mondo era mainstream dieci (o quindici? O venti?) anni fa. Finalmente una band con idee nuove (una cover di Umbrella di Rihanna), davvero trasgressiva (il relativo video è stato così definito da fonti molto autorevoli), che ha una notevole storia alle spalle (affermano di essersi conosciuti sul canale chat Punkitalia nel 2002, di aver preso il nome dall'omonimo film con Tom Cruise perché suonava bene e di aver fatto grossi sacrifici ai primi tempi, come dormire nel tour bus mentre suonavano in giro per l'Europa – qualcosa non mi torna) e un radioso avvenire di fronte (tour in Giappone di spalla ad autentici mostri sacri del rock come gli Offspring). Praticamente, dei Lunapòp con le chitarre dure che per loro sfortuna non possiedono neanche un briciolo dell'immenso carisma di Cesare Cremonini e Ballo. Imprescindibili nella loro inutilità.

Poi nel gigantesco calderone della New Wave Of Italian Rock'n'Roll c'è sempre spazio anche per il Liga, al secolo Ligabue rocker-padano-che-se-ce-l'ha-fatta-lui-ce-la-possono-fare-tutti, vero e proprio padrino delle nuove generazioni rock. Ovvero: come cantare da quindici anni la stessa canzone senza che la gente lo noti troppo, continuando imperterrito a sfornare dischi su dischi e a riempire gli stadi. Una carriera davvero folgorante culminata con l'adesione al V-Day di Beppe Grillo, forse il picco più prestigioso toccato dal giovane Luciano. E oggi il Liga se ne esce con l'ennesima raccolta che prova a tirare le somme, trainata da un nuovo, esaltante singolo uguale ai precedenti, un nuovo video in cui gioca a fare il rocker che lancia messaggi alle masse, una nuova tinta mogano per i capelli che ringiovanisce decisamente il suo aspetto e lo rende improvvisamente più credibile. Ormai è paragonabile una cover-band con pezzi propri, e Vasco ed il suo medley di megasuccessi che gira da qualche tempo sulle tv di regime gli fanno un baffo.

E a proposito di Vasco Rossi, come si può non pensare automaticamente a Lamberto Dini, il vero Mr. Vita Spericolata della politica italiana? Una giovane speranza, un autentico Fregoli, il vero ago della bilancia intorno al quale ruota tutta la vita italiana. È stato banchiere, andreottiano, berlusconiano, post-berlusconiano, Presidente del Consiglio, Ministro, ranocchio, marito di Donatella Dini. È stato uno tra i più grandi fautori del Partito Democratico, ha perorato negli anni la causa con grande vigore ma si è inspiegabilmente sfilato appena un attimo prima del traguardo, col coraggio che solo i grandissimi sanno avere. È stato tutto e il contrario di tutto, ma soprattutto è stato comodamente seduto su poltrone prestigiose (e se andiamo avanti così continuerà ad esserlo per parecchio tempo ancora). Ultimamente si è lamentato della spesa pubblica troppo alta ma quando ha scoperto che è in corso una forte riduzione (e che forse la strada imboccata è quella giusta) è immediatamente passato ad altro argomento, come se nulla fosse. La sua ultima incarnazione conosciuta è quella di liberal-democratico, come dire tutto ciò che almeno l'80% dei politici italiani dice di essere.
Semplicemente, lui può. Anche se il suo movimento esiste solo in Senato ma non sul territorio, anche se i suoi video non passano su Allmusic o su Mtv. Ma è solo questione di tempo, il dado è tratto e ora si comincerà a fare sul serio, ed allora non ce ne sarà per nessuno. Lui è davvero un giovane ribelle: rendiamo realtà il suo sogno, troviamogli un bravo produttore e facciamolo cantare. Gli manca solo quello e poi nella vita ha fatto davvero tutto. Duttile e malleabile.

SUPER SIZE ME

Mentre Giuliano Ferrara ed il suo diario che documenta la dieta liquida per la moratoria sull'aborto hanno ormai raggiunto toni da operetta, la decisione è presa. Alla faccia sua e del Movimento per la Vita al cenone di Capodanno mi abbufferò a più non posso, in maniera laica e rispettosa del prossimo. Ho consultato il mio medico e mi ha detto che posso fare quel che faccio senza troppi problemi.

Peccato solo non poter avvolgere le patatine fritte con il Foglio, un giornale ormai buono solo per quello. La carta è troppo grossa e ruvida, e poi non so ancora quali effetti possa avere l'inchiostro se ingerito in massicce quantità. Tanto per dire, potrei anche diventare intelligente come Ferrara. Meglio non rischiare.

RAGIONIERE, PROVI A RANA

26 dicembre 2007

COMUNQUE VADA SARÀ UN SUCCESSO

Un evento epocale ha recentemente sconvolto il panorama televisivo italiano ed ha causato un vero e proprio terremoto nei palinsesti di tutte le emittenti nazionali, intimorite da tale sfoggio di grandeur: sabato scorso è cominciato Scalo 76, il programma musicale di Raidue condotto niente popò di meno che da Daniele Bossari, Paola Maugeri e Maddalena Corvaglia. Nomi prestigiosi per un programma sicuramente fresco, giovane e a modo suo rivoluzionario: in poche parole, tira aria di flop colossale, e sarà un autentico miracolo se la trasmissione riuscirà a proseguire oltre la quarta puntata.

Non ho avuto il privilegio di assistere al debutto, ma già mi immagino di che razza di pastone si tratti: zero rischi, buonismo a profusione, terrificanti marchettoni alle superpotenze discografiche di turno, l'immancabile angolo sperimentale in cui si cerca di contrabbandare come tale roba in realtà vecchia di quindici anni, lingue felpate, miraggi. Una roba da piazzarsi davanti alla tv e non schiodarsi per nessuna ragione al mondo, insomma. Il fatto che il programma si proponga come diretto concorrente di Amici di Maria De Filippi si commenta da solo, e la scelta del nome (a memoria d'uomo uno dei peggiori di sempre, talmente brutto da scoraggiare anche il meno esigente dei telespettatori) non invoglia di certo a mettersi davanti ai teleschermi il sabato pomeriggio dalle 14 alle 17. La Rai ci crede talmente tanto che ha affidato il tutto a Maddalena Corvaglia (ex velina di Striscia La Notizia, il noto programma musicale in onda su Canale 5), Paola Maugeri (una che a suo dire ha vissuto da protagonista qualsiasi rivoluzione socio-musicale dal 1992 ad oggi) e soprattutto a quello che è senza dubbio l'uomo di punta, il vero asso nella manica della trasmissione: Mr. Flop Daniele Bossari, l'inutilità fatta a persona.

Bossari è un bravo ragazzo, pacato, sempre sorridente ed educato, talmente inoffensivo che quasi dispiace parlarne male, ma a volte certe cose vanno dette, con una sana dose di cinismo. Non ho mai capito cosa possa dare uno del genere ad una trasmissione televisiva: dove lo metti sta, non esce un millimetro dallo steccato, non riesce a dare una sua impronta, non ha uno stile ben definito. In poche parole sembra sempre quello che ad Mtv annunciava i video musicali, e messo in un contesto diverso, finisce per non incidere e farti rimpiangere il Bossari che, dall'alto dei suoi capelli tinti di rosso e del suo pizzetto con orecchino incorporato, conduceva i programmi direttamente dalle spiagge di Ibiza. Ma era il 1998 ed è passato un sacco di tempo, talmente tanto che non me lo ricordo nemmeno più.
Il buon Daniele, dopo un lungo pellegrinaggio che lo ha portato a condurre di tutto collezionando insuccessi uno dietro l'altro, ora è tornato ai programmi musicali, il campo in cui
ha cominciato la sua sfavillante carriera. Teoricamente potrebbe anche fare bene, ma troppe cose sono accadute e i tempi sono cambiati. Credo che quel Bossari al giorno d'oggi non funzionerebbe più, per impressionare il telespettatore medio serve ben altro.
Quanto a Scalo 76, una domanda nasce spontanea: chi è la mente geniale che sta dietro a quest'opera d'arte? E, soprattutto, perché si continua a buttare denaro pubblico per realizzare cose del genere? Ai posteri l'ardua sentenza.

SCRATCH THE SURFACE

Ho finalmente capito perché i Parts & Labor mi piacciono così tanto: più o meno sono tutto ciò che ho ascoltato durante l'adolescenza, suonato però da un gruppo molto più bravo tecnicamente che usa synth sporchissimi al posto delle chitarre.
La chiamano avanguardia ma in realtà altro non è che hardcore, appena ricoperto da una sottile patina di vernice scura tanto per mandare fuori strada l'ascoltatore. All'inizio può lasciare interdetti, ma basta saper ascoltare e ci si entra dentro. E a quel punto uscirne diventerà molto difficile.
Mapmaker è un disco fatto di veri e propri hc-anthems carichi di speranza e voglia di reagire, un batterista che sa andare anche oltre il classico tupa-tupa tipico del genere, basso chirurgico e rumore utilizzato in maniera estremamente intelligente. In poche parole, vero e proprio caos strutturato ed organizzato per colpire ancora più forte. Un disco perfetto sotto ogni punto di vista, che avrebbe meritato almeno un posticino nella classifica di fine anno. Ma ero distratto e me ne sono completamente dimenticato.

Tra l'altro i Parts & Labor suonavano un paio di settimane fa al Bronson ed io me li sono clamorosamente persi perché lo sono venuto a sapere giorni dopo, quando era già troppo tardi per rimediare. A volte nella vita succede anche questo.
Peccato, ne sarebbe valsa la pena.

21 dicembre 2007

I CRITICI ONLINE, POI, SONO ROBA DA DUE SOLDI. BASTA AVERE UNA BOCCA E UN COMPUTER

Si fa un gran parlare di revival degli anni novanta. Tornano gruppi musicali simbolo di quell'epoca, tornano personaggi che erano ormai stati degradati al rango di leggende metropolitane, tornano mode e miti che sembravano totalmente superati. In quello che sembra davvero poter essere l'inizio di un Nuovo Rinascimento, nessuno ha però il coraggio di riproporre l'unico, vero capo abbigliamento simbolo di un'epoca: il bomber.

Chi in vita sua non ha mai posseduto un bomber? Penso che chiunque sia stato adolescente negli anni novanta ne abbia indossato con orgoglio almeno uno. Dal 1992 al 1998 ce l'aveva chiunque, ne sono certo. Un giubbotto brutto esteticamente, talmente tamarro da risultare splendido, talmente corto da non proteggere in nessun modo le gambe dal freddo. Viaggiare con lo scooter d'inverno indossandolo era una vera sofferenza, ma ne valeva la pena. Quantomeno si provavano emozioni forti.
Ma poi, diciamocela tutta, chi badava al caldo e al freddo a quei tempi? Le cose importanti erano ben altre. Oltretutto, l'imbottitura di quel giubbotto era chiaramente concepita in modo da non proteggere dal freddo durante l'inverno e, al contrario, far soffrire per il caldo eccessivo durante tutte le altre stagioni dell'anno, per cui la questione metereologica non era eccessivamente importante. Solo un vero duro poteva indossare un giubbotto del genere, solo chi lo portava era considerato un vero figo.

Il vero bomber dei 90's è quello dell'Alpha. Verde militare oppure blu petrolio, talvolta nero o bordeaux, molto raramente grigio, era (anzi è, visto che in giro un qualcuno ogni tanto se ne vede ancora) caratterizzato da quell'impossibile scelta estetica che risponde al nome di “imbottitura di colore arancione”. Un vero insulto al buon gusto e al vestire ricercato, un autentico affronto alla decenza che però, forse per una strana combinazione della vita, allora appariva come un'autentica figata. Ricordo che c'era addirittura chi aveva il fegato di portare il bomber rovesciato e se ne andava in giro a testa alta con il suo bel giubbetto in versione arancione, pronto ad affrontare le mille insidie della adolescenza con irriverenza e simpatica verve. Il vero clou del modello prodotto dall'Alpha era però il taschino laterale, un must per tutti i giovani maragli dell'epoca. Un anfratto davvero poco capiente che poteva contenere a malapena un pacchetto di sigarette, ma che forniva però l'incommensurabile privilegio di poterlo decorare con tappi di penna bic, raudi o veri bossoli (a seconda di quale fosse il grado di ribellione verso la società che si voleva ostentare).
L'Alpha in quegli anni ha venduto un'infinità di bomber, talmente tanti che credo che Mr. Alpha ci campi ancora di rendita. Era il giubbotto più venduto e logicamente, come ogni prodotto di successo che si rispetti, ne sono nate migliaia di imitazioni. Alcune che cercavano di imitarlo pedissequamente (come il Dik o l'Avirex), altre che cercavano invece di trovare una via alternativa allo strapotere del modello originale servendosi di fantasiose variazioni sul tema. E' il caso del bomber dell'Energie, che per un certo periodo sembrò addirittura poter soppiantare il modello dell'Alpha nelle preferenze dei ragazzi. Erano gli anni d'oro della eurodance e la Energie si mise in scia producendone una versione più sbarazzina e discotecara, che aveva il suo punto di forza in colorazioni che uscivano dallo schema classico (ad esempio rosso e, orrore, giallo), decorazioni in stile simi-hip hop ed ornamenti di metallo come targhe e altri ammennicoli vari. Fu una linea vendutissima, ma che finì nel dimenticatoio nel momento esatto in cui la eurodance cominciò ad imboccare il viale del tramonto. Peccato, perché la Energie era sulla buona strada ed avrebbe potuto regalare ancora grosse soddisfazioni a noi sbarbati di allora.
Alpha, Energie o qualsiasi altra marca, il dato di fatto è che negli anni il bomber è rimasto una costante, un punto di riferimento di sicura affidabilità per i giovani anni novanta, ed in quel periodo nulla poteva sembrare in grado di scalfirne le vendite. Il bomber sembrava invincibile, ma poi come succede nei film più tristi cambiarono gli eroi, cambiarono le mode, e quel delizioso capo d'abbigliamento venne accantonato da tutti. Un tunnel senza fine, un oblio che purtroppo va avanti anche oggi, visto che (ultras, skin e metallari a parte) praticamente nessuno lo porta più.

Io però continuo a sperare che tornino i bei tempi, ed il bomber torni ad essere un capo che fa tendenza. Sarebbe stupendo vedere di nuovo la gente ai limiti del congelamento d'inverno ed ai limiti della disidratazione negli altri periodi dell'anno, sarebbe bellissimo poter tornare ad un'epoca che purtroppo non ritornerà. Staremo a vedere.
Io nel dubbio il mio vecchio bomber lo conservo ancora, in attesa di tempi migliori. Non avrò mai il coraggio di indossarlo di nuovo, ma casomai potrò sempre rivenderlo a caro prezzo.

20 dicembre 2007

VIVA L'ITALIA DA OPERETTA

La telefonata Berlusconi-Saccà è putrescenza allo stato puro.
Di fronte a cose del genere non ho nemmeno la forza di dire nulla.





19 dicembre 2007

UN INQUIETANTE MORPHING TRA CECCHI PAONE E MALGIOGLIO, CON IN SOVRAPPIÚ UN ANANAS IN TESTA

Vince il prestigioso premio "Parole messe lì alla cazzo, tanto per dare aria alla bocca" Gianfranco Rotondi della Democrazia Cristiana per le autonomie (sic) che, in merito alla probabile discesa in politica del Generale Roberto Speciale, ha avuto il fegato di dichiarare che «potrebbe avverarsi una profezia di Indro Montanelli, il quale disse nel '94 che dopo Berlusconi ci sarà spazio solo per un generale». Bene, bravo, bis.

No, caro Sen. Rotondi, non ci siamo. Le cose non stanno proprio così. Quando parlava del dopo-Berlusconi Montanelli non intendeva un generale giunto al governo in maniera democratica, ma un generale come quelli che si vedevano in Sudamerica negli anni settanta. Quelli con i baffoni e gli occhiali Ray-Ban, ometti che sorridevano sempre mentre la gente spariva nel nulla. Mi risulta che siano due cose parecchio differenti, ma non mi stupisco più di tanto. La storia ormai é un'opinione, e magari all'occorrenza anche la geografia può diventarlo.

A proposito Senatore: mi sa dire dove si trova il Sudamerica?

«UNA DATA CHE IL MONDO RICORDERÀ»

Un primo, grande passo é stato fatto. Il prossimo deve essere l’abolizione completa della pena capitale.

17 dicembre 2007

LA LEGGENDA DEL SANTO BEVITORE

Ieri sera ospite a Che tempo che fa c'era uno Zucchero veramente in gran forma. Sfoderava barba e capelli pittati con una clamorosa tintura mogano, si è esibito cantando il suo nuovo cavallo di battaglia Wonderful Life (che poi tanto nuovo non è, visto che si tratta di un pezzo del 1987 in passato già coverizzato dai Bluebeaters-garanzia-di-qualità) e poi ha dato il meglio di sé in un'intervista a tratti veramente delirante. Un qualcosa talmente al di là dei limiti dell'umana comprensione che ho addirittura temuto di non riuscire più a proseguire. Tanto per dire, si è inaspettatamente scusato per quanto avvenuto quest'estate al suo concerto in Sardegna. Un vero gentleman.

Ormai è un dato di fatto: ogni volta che Zucchero appare tra noi é sempre una festa. Santo subito.

PRÊT À PORTER


Sul Corriere della Sera un'imperdibile galleria fotografica dedicata evoluzioni del look del Cavaliere. Manca solo il costume da Batman e poi ci sono tutti.

REVISIONISMO

Curiosando su YouTube in cerca del video di From Disco to Disco, mi sono imbattuto in un divertente filmato.
A dire il vero chiamarlo filmato é forse un po' eccessivo (visto che si tratta di una collezione di immagini tamarrissime), ma ciò che che conta più di tutto è il sonoro che lo accompagna.




Un medley di megasuccessi dance anni '90. Cose ancora oggi famosissime e cose che invece ho totalmente rimosso. Addirittura Coco Jamboo di Mr. President che fa capolino per qualche secondo, mantenendo intatto tutto il suo enorme carico di cafonaggine.

Dopo una visione del genere affermare che la dance anni '90 è stata più importante del grunge non mi sembra assolutamente un azzardo. I libri di storia della musica vanno riscritti.

15 dicembre 2007

SHINY HAPPY PEOPLE

Nel suo favoloso show di ieri a Bologna, Silvio Berlusconi ha pronunciato una frase che mi ha colpito e mi ha fatto pensare molto. Ha detto (testuali parole)"La differenza tra noi e la sinistra è che noi abbiamo il sole in tasca." Una sparata apparentemente senza un senso logico, che sembra messa lì quasi per caso e proprio per questo appare parecchio inquietante. Forse addirittura più inquietante di tutte le altre accuse che ha lanciato da quella piazza.
Non so perché, ma non appena ho sentito pronunciare quella frase ho pensato subito a questo:


In lontananza si formavano parole a lettere dorate che parevano appese a
tende tremolanti. C'erano la parola "AMORE", la parola "BONTÀ", la parola
"TENEREZZA", la parola "FEDELTÀ'", la parola "FELICITÀ". Partite dal nero
totale, esse si modificavano, attraverso sfumature d'oro opaco, fino a pervenire
ad una luminosità accecante, poi ripiombavano a alternativamente nella notte, ma
susseguendosi nella loro ascesa verso la luce, cosicché sembravano, in certo
qual modo, generarsi a vicenda. (Michel Houellebecq, La possibilità di un'isola,
Bompiani Ed.)

Il sole, la luce. Immortalità tecnicamente dimostrata, santoni o presunti tali, gente che ha paura di invecchiare, bontà a buon mercato usata solo per creare shock emotivi e colpire l'avversario. Un mondo nuovo, diverso, migliore di quello precedente ma assolutamente virtuale proprio perché manca il contatto tra le persone e l'individualismo regna sovrano. In quel libro Houellebecq aveva già previsto tutto, bastava saperlo capire.

Mi chiedo solo una cosa: ma perchè da un po' di tempo a questa parte Berlusconi ha iniziato a mettere sotto al doppiopetto quel fantastico pullover a girocollo ? A parte avrebbe più senso portarlo sotto una normalissima giacca, ma indossarne uno di colore scuro sotto un doppiopetto scuro non si può. Non ha senso. Forse lo fa per risultare più giovane, ma il solo effetto che ottiene con quella divisa è quello di sembrare ancora più vecchio. Un arzillo vecchietto che tenta di fare il giovane. Sul nuovo e fantasmagorico foulard a pois stendiamo un velo pietoso.

Ovviamente si scherza, anche se in fondo non credo che se il Cavaliere sapesse se la prenderebbe più di tanto. Non ha forse affermato ieri "Sappiamo scherzare e ridere di noi stessi."?

13 dicembre 2007

SE VI PIACE CHIAMATEMI OSCAR

Puntuale come una puntata di Superclassifica Show presentata dal parrucchino di Maurizio Seymandi arriva la mia classifica dei dischi dell'anno.

Per quanto una mia top ten dei dischi dell'anno possa contare, l'ho redatta senza seguire nessun criterio particolare, seguendo solo l'istinto ed il mio gusto personale.
Con tutte le uscite notevoli che ci sono state quest'anno pensavo di impiegare molto più tempo, ma stavolta mi è andata bene.


La classifica è più o meno questa:

1) Disco Drive – Things To Do Today
2) !!! - Myth Takes
3) Les Savy Fav – Let's Stay Friends
4) Battles – Mirrored
5) Enon – Grass Geysers... Carbon Clouds
6) The Coral – Roots & Echoes
7) Arcade Fire – Neon Bible
8) The Horrors – Strange House
9) Chrome Hoof – Pre-emptive False Rapture
10) Prinzhorn Dance School – s/t


Runners:
Caribou – Andorra
Jens Lekman – Night Falls Over Kortedala
Manic Street Preachers – Send Away the Tigers
Settlefish – Oh Dear!
Maximo Park – Our Earthly Pleasure


Gli altri quindici.

Concerti:
!!! @ Estragon, Bologna
Hot Chip @ Estragon, Bologna
Fujiya & Miyagi @ Covo, Bologna


Raccolte/compilation:
Soulwax - Most of The Remixes
James Murphy & Pat Mahoney - Fabriclive.36
Daft Punk - Alive 2007

Mancati all'uscita, recuperati ed apprezzati come fossero nuovi:
Fujiya & Miyagi - Transparent Things
Anavan - s/t
Datarock - Datarock Datarock

Sono certo che il parrucchino di Seymandi apprezzerebbe.

11 dicembre 2007

PAVEL JAGGER CONTRO IL GRANDE FREDDO

Devo cospargermi il capo di cenere per aver sottovalutato in passato gli Enon. Un gruppo attivo da circa dieci anni, titolare di dischi bellissimi che però io, forse per uno strano scherzo del destino cinico e baro, non ho mai preso in considerazione. Forse ero troppo impegnato ad inseguire altri gruppi più apparenza che sostanza, o forse più semplicemente non era ancora tempo. Da un mese a questa parte ci sono finalmente arrivato e ora ci sono dentro fino al collo, rapito dalla loro musica all'apparenza semplice ma mai banale. Meglio tardi che mai.
Chiariamoci subito una cosa: gli Enon sono il classico gruppo che non finirà mai in copertina sulle riviste specializzate. Sono già troppo vecchi per potercela fare. Ma un gruppo che schiera tra le proprie fila l'ex chitarrista dei Brainiac (John Schmersal) e l'ex bassista dei Blonde Redhead (Toko Yasuda, oltretutto anche ex Van Pelt) non è una cosa da poco. Se poi a questo si aggiunge il fatto che gli Enon sono titolari di un art-rock che suona come qualcosa esattamente a metà strada tra i Blonde Redhead in botta di anfetamina e i Les Savy Fav degli esordi, si ottiene che gli Enon sono una grande band e Grass Geysers... Carbon Clouds è un disco immenso. Uno dei migliori dell'anno, se proprio vogliamo dirla tutta.
Un album uscito di recente nel quale gli Enon tirano le conclusioni del discorso e ottengono un suono che è l'esatto punto di equilibrio tra elettrico ed elettronico, tra sporco e pulito, tra chiaro e scuro, tra pieno e vuoto. Un suono che è una sintesi ma non un compromesso per un disco che ha nel contrasto tra i brani cantati da John Schmersal (più selvaggi ed animaleschi) e quelli cantati da Toko Yasuda (più dolci e sognanti) il suo vero punto di forza. Non una debolezza, non una caduta di tono per quaranta minuti che passano in un attimo e vorresti che ricominciassero subito.

Tra le altre cose, ho avuto l'onore di vederli live venerdì scorso al Covo ed, in tutta sincerità, posso affermare che gli Enon dal vivo sono semplicemente pazzeschi e non fanno prigionieri. Trattasi di gente che la sa lunga e sul palco dà tutto, senza sconti. I brani di Grass Geysers... Carbon Clouds sottoposti alla prova live suonano molto più ruvidi e tirati e, nonostante venga privilegiata la parte elettrica rispetto a quella elettronica, l'efficacia ed il fascino e la loro rimangono gli stessi, grazie anche al formidabile batterista Matt Schulz, una vera macchina dalla potenza inaudita. Ed i presenti hanno gradito assai, come hanno gradito i due inediti eseguiti per l'occasione (che suonano inaspettatamente molto, molto più punk rispetto al resto del loro repertorio), vera ciliegia sulla torta a coronamento di una grande serata.
E' sempre bello vivere serate del genere e rendersi conto di come anche un gruppo con un cantante/chitarrista che esteticamente sembra un impossibile morphing tra Pavel Nedved (centrocampista della Juventus) e Mick Jagger (ex compagno di università di Romano Prodi) riesca ad accontentare sia i palati più fini che quelli più trash (come il sottoscritto). La grande magia della musica sta soprattutto in questo. Un'affermazione del tutto mastelliana, ma che in circostanze del genere ci sta proprio a pennello.

09 dicembre 2007

TOCCA FERRARA E POI IMPLODI

E così, dopo appena cinque puntate, è saltato Daniele Luttazzi. Ed è saltato per colpa di una battuta sulle (presunte) abitudini gastronomico-sessuali di Giuliano Ferrara. Una battuta molto pesante che personalmente in televisione io non avrei mai fatto, ma una battuta che rientra pur sempre nell'ambito della satira e come tale va vista ed interpretata.
I vertici di La7 hanno parlato di “uso inappropriato del mezzo televisivo”, “insulti rivolti ad un'altra persona, tra l'altro della stessa rete”, hanno affermato che Luttazzi in questo caso è passato dalla satira all'offesa e stanno addirittura valutando se passare a vie legali per vedere risarciti eventuali danni all'immagine della rete. Geniale no? Come se nessuno a La7 avesse saputo fin dall'inizio che Luttazzi è imprevedibile e talvolta osa giocare con certe tematiche “scomode” e fastidiose, le plasma a modo suo e riesce ad ottenerne satira cinica e graffiante. Che senso ha lasciare così tanta libertà al comico romagnolo, farne un simbolo della rete e del pluralismo che vige al suo interno, salvo poi silurarlo alla prima occasione utile? Per giunta, il presunto offeso Giuliano “L'Unità è un foglio tendenzialmente omicida” Ferrara non ha dichiarato nulla in merito ed, a quanto pare, non se l'è nemmeno presa. Una brutta vicenda che fa molto pensare e che quantomeno qualche sospetto lo fa nascere.
La puntata di Decameron dannosa all'immagine di La7 è andata in onda sabato 1 dicembre ed in settimana è stata pure replicata, forse per danneggiare ancor di più l'emittente (non vedo nessun'altra spiegazione logica alla riproposizione in toto di un programma ritenuto nocivo). Dopo la puntata del sabato nessuno ha avuto nulla da ridire e la sospensione è stata decretata solo dopo la replica. Un grottesco caso di stop a scoppio ritardato, non c'è che dire. Non è che qualcuno molto più in alto di Ferrara e dei vertici dell'emittente ha visto la replica, si è sentito particolarmente toccato dalla gag in questione ed ha suggerito lo stop, paventando magari una riduzione della pubblicità se la trasmissione non fosse stata fermata al più presto? Ma la cosa che fa più pensare è che il programma, dati Auditel alla mano, stava andando parecchio bene e stava ottenendo risultati storici per La7. Talmente storici che, almeno in quella fascia oraria, è stato polverizzato il tradizionale duopolio Rai-Mediaset: come dire, un autentico affronto a chi vuole un mercato radiotelevisivo il più chiuso e fossilizzato possibile e quindi cerca con tutti i mezzi di conservarlo tale. Che quindi sia l'aver toccato gli interessi di qualcuno la vera ed unica ragione che sta dietro allo stop? Ma sono solo ipotesi, ed io sono come al solito troppo sospettoso. Anzi, nel mio piccolo sono anche io uno dei soliti demonizzatori e giustizialisti, di quelli che attaccano-continuamente-l'avversario-e-poi-si-perdono-le-elezioni (come dicono certi raffinati intellettuali di sinistra). A quanto pare anche il Cdr dell'emittente la pensa così (ed anzi in un comunicato denuncia addirittura il fatto che ogni qual volta l'emittente fa un programma di grosso successo lo sospende anzitempo), ma forse La7 in realtà é un covo di girotondini in incognito e quindi non bisogna farci tanto caso.

Decameron, per quel poco che ho visto, non mi piaceva per nulla. Luttazzi risultava molto meno brillante che in passato e trasmetteva l'impressione di una persona in seria difficoltà, condizionata dai fantasmi dell'editto bulgaro ed animata da un grande desiderio di vendetta che talvolta lo ha portato ad inseguire Grillo su certi temi. Ma per un artista non deve essere per nulla facile trovarsi ad affrontare una nuova esperienza televisiva dopo essere stato censurato in quella maniera e dopo che (non neghiamolo) nessuno dei membri dell'allora opposizione ha fatto nulla di concreto per difenderlo, e quindi l'atteggiamento di Luttazzi si rivela assolutamente umano e comprensibile.
In ogni caso, che Decameron potesse piacere o meno resta però un dettaglio secondario di fronte al fatto che Luttazzi è stato umiliato per la seconda volta, in maniera assolutamente vergognosa.
Ma tanto a far contento il popolino basta Zelig, e quindi nessuno si porrà il problema.

06 dicembre 2007

IL MIRACOLO DI SAN DENARO

Mi chiedo ormai da anni perché Giuliano Palma e i suoi Bluebeaters piacciano così tanto al pubblico di massa, ma ogni volta che ci penso ipotizzo una ragione diversa e l'unico risultato è che ancora una volta non sono riuscito a togliermi il dubbio.
Giuliano Palma, cazzo. L'ex cantante dei Casino Royale. Abbandonati sul più bello, quando il successo commerciale era ormai alle porte. Al posto dei Subsonica avrebbero benissimo potuto esserci loro, se solo l'abbandono di King Palma non avesse mandato in corto circuito la band, causandone il temporaneo scioglimento. Abbandonati poi per cosa? Per suonare cover di ultraclassici della canzone italiana e straniera, oltretutto in chiave ska-rocksteady. Ottima scelta, non c'è che dire.
E invece quella sbobba reazionaria in Italia funziona molto bene, e nel tempo ha proiettato Giuliano Palma nell'immaginario collettivo, in barba ai suoi ex compagni di viaggio che hanno passato anni barcamenandosi tra mille progetti diversi prima di riuscire a riprendere il filo del discorso. Ormai per loro però il treno è già passato, e non è più tempo. Ricominciare da capo in una situazione del genere deve essere stata molto dura, e quindi tanto di cappello ai Casino Royale che hanno mantenuto la loro dignità intatta e ce l'hanno fatta.
Pensandoci bene ho notato una interessante analogia tra Giuliano Palma e Giuliano Ferrara. Entrambi hanno mostrato la tendenza ad abbandonare la barca che naviga in cattive acque per salire su un'altra barca, più spaziosa e confortevole. Una di quelle che riescono ad assicurare successo personale, fama e denaro a palate. Dicendo così forse sono ingeneroso verso entrambi, o al contrario sono troppo realista. Ma magari è solo per il fatto che portano lo stesso nome di battesimo che mi spingo a fare dell'ironia gratuita, e forse non dovrei. In casi come questo si rischia veramente grosso.
Rimane però il fatto che i Bluebeaters li sento ovunque. In radio, nei supermercati, in tv. Per strada e negli uffici la gente canticchia allegramente le loro hit. O meglio canticchia gli originali, ma solo perché li ha sentiti nella versione dei Bluebeaters, ed io sto iniziando seriamente a non tollerare più un gruppo del genere. Probabilmente piacciono così tanto perché sono rassicuranti: non si tratta più di plagio, si tratta direttamente di cover-riarrangiata-in-maniera-parecchio-furbetta. E la gente normale, quella che nella vita ha bisogno di certezze, non può che gradire: non c'è niente di meglio che sentire le proprie canzoni del cuore, rifatte in una versione un tantino più godereccia del solito, quel tantino che basta a scacciare la monotonia di giornate tutte uguali, piatte. Assolutamente notevole, ma se vogliamo dirla tutta la caratteristica che sicuramente li renderà negli anni a venire oggetto di studi approfonditi è un'altra.
Il loro genio totale, infatti, sta proprio nel fatto che sono innocui e rassicuranti ma nello stesso tempo fanno "fumato" ed alternativo, e riescono a far sentire trasgressivo un certo tipo di gioventù totalmente omologata. La stessa gioventù che ascolta la Bandabardò e magari alle elezioni vota AN, tanto per fare un esempio. Nessun rischio, minima spesa, massima resa. Di capacità di cogliere l'anima di una canzone e reinterpretarla facendola totalmente propria non se ne parla nemmeno, qualcuno potrebbe offendersi.
Giuliano Palma ha scoperto l'uovo di Colombo e tutti sono contenti. Cose del genere però nei pianobar di tutta Italia si fanno da almeno trent'anni, e nessuno grida al trionfo.

04 dicembre 2007

EVERYBODY WANTS TO BE THE DJ / EVERYBODY THINKS IT'S OH SO EASY

Io vado a dire in giro che mi piacciono di più i Soulwax degli esordi, però in realtà non è vero.
I Soulwax degli esordi erano una grande band ma purtroppo rimarranno sempre una delle cosiddette band minori. Gli anni novanta in campo musicale sono stati rivoluzionari e la concorrenza per guadagnare un posto al sole era veramente troppa, e quindi purtroppo i Soulwax degli esordi oggi se li ricordano in tre.
Molto meglio quindi la loro nuova incarnazione elettronica con contorno di attività di dj e/o remixer, una seconda vita iniziata quasi per scherzo e poi divenuta attività principale. La vera ragione della loro grandezza è l'aver fatto capire al pubblico indie-snob che la disco non è peccato, e non è (solo) roba per gente con il cervello sfondato di pastiglie e i jeans McKenzie indosso. Dopo anni di duro (ed appagante) lavoro hanno finalmente deciso di raccogliere su disco il meglio dei loro remix sparsi per i quattro angoli del globo terrestre e donarli al resto dell'umanità. Most of the Remixes è un disco pazzesco, roba che farebbe muovere il sedere a chiunque, roba che è già un pezzo di storia. E per giunta è un disco doppio, visto che nel secondo volume ci sono alcune delle tracce presenti nel primo con annessi alcuni succulenti inediti, in versione mixata per accontentare i palati fini.
Sentendo vecchie cose come Conversation Intercom o Much Against Everyone's Advice sembra passata una vita ma in realtà si tratta della stessa band, o meglio dello stesso nocciolo duro della band, ovvero i fratelli Dewaele. Gente molto intelligente, gente che ha saputo rischiare e che è stata in grado di cambiare le carte in tavola sfondando porte che sembravano chiuse da sempre, quasi blindate. Ed in realtà non c'è tanta differenza tra i Soulwax degli esordi e quelli attuali. Qualche capello in meno, ma la voglia di cazzeggiare è rimasta la stessa, così come è rimasta la stessa la capacità di non prendersi sul serio. Un'attitudine che rende semplici anche le cose più complesse e permette di superare ogni ostacolo, o almeno di uscirne quasi indenne. Non si scappa, la mentalità che ci sta dietro è quella caratteristica degli anni novanta, anni in cui si pensava di poter cambiare il mondo in poche, semplici mosse. Solo che loro il mondo poi un pochino lo hanno cambiato sul serio, ed io non posso che essergliene grato.

COSE DA FARE OGGI: DIRE CHE ATTUALMENTE I DISCO DRIVE SONO IL MIGLIOR GRUPPO ITALIANO


Dei Disco Drive e di una fredda serata di fine novembre.