30 giugno 2008

IO BALLO DA SOLO

Non avevo mai visto gli Ex-Otago dal vivo, ma devo ammettere che mi sono perso qualcosa di veramente bello. Ironici, intelligenti, mai banali, a Montagnana hanno dato vita ad un concerto spassoso ed irriverente, durante il quale non ci si è annoiati un attimo e si è usciti felici (o quantomeno con il sorriso sulle labbra). Ma il punto è un altro. Il punto è che bisogna finalmente ammettere che gli Ex-Otago sono ormai un gruppo generazionale, un gruppo che trae linfa vitale dell'immaginario tipico del giovane-bene metà anni novanta circa (autoscontri, tagadà, gettoni a spugnate, musica truzza, discoteche minorenni la domenica pomeriggio, spensieratezza, superparty che per te terminavano alle due di notte perché dovevano venirti a prendere i genitori) e lo ricontestualizza teletrasportandolo al giorno d'oggi, come se fosse una sorta di valvola di sfogo per la nostalgia di quegli anni ruggenti. E la gente gradisce, e la gente canta. Sono pronti per i grandi palcoscenici, e con un po' di fortuna potrebbero addirittura avere lo stesso effetto dirompente che ebbero gli 883 nel 1992 e i Lùnapop nel 1999, due grandi band che hanno letteralmente cambiato la vita a milioni di giovani italiani. Basta crederci.

E a proposito di Lùnapop, la vera notizia del momento è che il funambolico Ballo (ex bassista del mai troppo rimpianto supergruppo bolognese ed attuale bassista della backing band di Cesarone Cremonini, l'unico ed autentico Syd Barrett italiano) ha tagliato i suoi famigerati dreadlocks ed ora sfodera una chierica che non ti aspetti, quella tipica di chi ha vissuto una vita spericolata ma ora si è totalmente redento. Visto con i miei occhi pochi giorni fa a Trl (dove tra l'altro ha dovuto sopportare gli sfottò di Carlo Pastore – che con un cinismo che ha del mostruoso ha espresso al povero Ballo la speranza che i suoi capelli possano un bel dì ricrescere - roba da scatenare una rissa in puro Bud Spencer & Terence Hill style), con il nuovo look Ballo fa quasi tenerezza e sembra un pulcino, ma ne guadagna in freschezza e simpatia. Ha avuto il coraggio di non nascondersi dietro ad un parrucchino o ad un trapianto di capelli posticci, ed io non posso che apprezzare incondizionatamente. Un grande uomo oltre che un grande artista, un personaggio che con il mio idolo Cesare Cremonini va a formare una coppia rocciosa, di una solidità pari solo a quella della accoppiata Vialli-Mancini ai tempi della Sampdoria campione d'Italia, 1991 circa. E non importa se Cremonini è sempre più ingombrante (credo che il suo peso attuale superi abbondantemente il quintale) e suona canzoni sempre uguali scritte da chissà chi, l'unica cosa veramente importante è che Ballo e Cesarone siano sempre ospiti in tv a regalare al pubblico comodamente seduto in poltrona preziosi minuti di delirante ilarità assoluta. Due veri fuoriclasse, un patrimonio prezioso da conservare con cura. Il passato, il presente ed il futuro della musica leggera italiana passano anche (e soprattutto) da loro.

¡CAMPEONES!

La Spagna trionfa ed è campione d'Europa. Un paese che sa investire sui giovani, che quando serve sa assumersi le proprie responsabilità anche a costo di fare scelte impopolari ma che poi vince divertendosi. E non solo nel mondo del calcio.

Ma poi chi se ne frega se Zapatero vince e l'Italia no: sono stati detassati gli straordinari ed il nostro Paese si è già prontamente rialzato dopo essere stato messo in ginocchio da due anni di durissimi attacchi alla famiglia tradizionale (tra l'altro perpetrati dai pericolosi seguaci italiani di Zapatero, e dunque è stato solo per colpa di complotto ordito da Zapatero se a questo giro non abbiamo vinto). E poi siamo sempre campioni del mondo, vuoi mettere la soddisfazione?

29 giugno 2008

IL CELLULARE CE L'HO GIÀ SPENTO / PERCHÉ PER ME SEI TROPPO SBATTIMENTO

«Le intercettazioni che loro vogliono limitare ci fanno vedere un capo del governo che fa un lavoro più da magnaccia, impegnato a piazzare le veline che parlavano troppo.»

Antonio Di Pietro commenta con parole che sono pura poesia il quadro da commediaccia all'italiana che emerge dalle intercettazioni delle telefonate tra l'allora capo dell'opposizione Milvio Bentruscoskij e Angostino Saclà (purtroppo sono mio malgrado costretto a camuffare i nomi per non incorrere nelle temibili maglie della censura). Bentruscoskij e la sua banda come un sol uomo parlano di regime, di bieco tentativo di rovesciare un governo eletto dal popolo, di linguaggio da osteria. Il leader leghista Alberto Fossi, direttamente dall'osteria nel quale è solito a pasteggiare a polenta e osei innaffiati da fiumi di grappa distillata clandestinamente nella Val Brembana, fornisce all'umanità il suo interessante e sagace punto di vista: "Sono del parere che è meglio che uno si faccia le donne della sinistra che i culattoni, ma bisogna stare attenti quando si hanno delle cariche". A parte che all'epoca Bentruscoskij non aveva cariche ma era solo il leader dell'opposizione, ma che c'entra con tutto il bailamme scaturito dalla pubblicazione dei contenuti delle intercettazioni? Nulla, proprio nulla. Come nulla c'entra la Padania (pardon, Bandania) con il mondo reale e come nulla c'entrano i provvedimenti approvati dal nuovo, liberalissimo governo italiano con i reali bisogni degli italiani.

Si potrebbe andare tutti a manifestare in piazza in autunno (e non ora che fa troppo caldo), ma tanto in autunno ricominciano Buona Domenica e tutti gli altri programmi di punta della tv italiana, e dunque per l'italiano medio il problema non si pone nemmeno.

26 giugno 2008

È PRATICAMENTE OVVIO CHE ESISTANO ALTRE FORME DI VITA

Il dato di fatto è che vorrei essere il tastierista dei Dari. Bello, agile, biondo, scattante. Frangettone biondo d'ordinanza, trucco pesante ad incorniciare uno sguardo inquieto, uno sguardo da autentico poeta pirata che spera i bei ricordi ed ha tanta nostalgia degli anni '90, quando il mondo era l'arca e noi eravamo Noé. In poche parole, un potenziale modello da spot pubblicitario di Calvin Klein che però ha scelto di sfondare nel mondo della musica. A dire il vero anche gli altri del gruppo in quanto a presenza scenica non scherzano, però lui è oltre. Vorrei essere così ma non ne ho il coraggio.

Il Dari sono fantastici, non ho mai sentito nulla di più geniale. Che poi a quanto pare si chiamano Dari e sono un gruppo che prende il nome dal proprio leader (che per l'appunto si chiama Dari e si muove quasi come Alberto Camerini), ma non fa nulla. L'importante è crederci, l'importante è volare via. E loro suonano musica per volare via ed andarsene lontano, sempre più lontano, laddove nulla potrà fermare il loro grande sogno (che poi è anche quello dei loro accanitissimi fan). Nemmeno la Magistratura Rossa, l'opposizione giustizialista, Zapatero, i cinesi o le tasse.
Come Cesare Ragazzi i Dari hanno in testa un'idea meravigliosa, ma la mettono in pratica in un modo totalmente diverso da quello scelto dal loro benemerito maestro: invece di trapiantare capelli suonano qualcosa che finissimi critici definiscono EMOTRONIK, una sorta di pasticcio che mette insieme l'emominkia dei My Chemical Romance, gli incredibili capelli unti del cantante dei Finley, linee vocali alla Lunapòp, un sublime tarocco della musica da autoscontri ed il meglio del meglio dei ruggenti anni ottanta. Roba forte, roba che scotta ed è in grado di portare i ragazzi sulla cattiva strada, roba che neanche il Moby più in botta ha mai avuto il coraggio di suonare. Roba che dovresti vergognarti ad ascoltare il mio rap, come dice il sommo poeta Metal Carter, ma però loro sono ancor più poetici ed usano le maiuscole al posto delle minuscole e le W al posto delle V, e sono pure modesti perché giustificano questo vero e proprio colpo di genio dicendo che è merito della tastiera del loro pc che si è guastata e non ha permesso loro di digitare i caratteri giusti.
Tutti li criticano ma qualche mosca bianca li ha anche apprezzati, visto che sono stati finalisti ad Arezzo Wave ed ora sono da tutti considerati la next big thing del rock italiano (anzi, il drizzone del rock italiano). Sono convinto che tempo un paio di mesi ed infiammeranno i prestigiosi palchi del Festivalbar, ma intanto per ora si accontentano di infiammare le tv e le radio di regime con la loro fantasmagorica megahit Wale (tanto Wale), un vero tormentone che ti entra nel cervello e non ne esce più. Incardinarsi nelle sinapsi dell'ascoltatore con versi profondi e commoventi come “e allora dimmi Wale che cosa Wale Wale / il cellulare ce l'ho già spento perché per me sei troppo sbattimento” e “terza volta che ti chiedo e non ci stai / se Wale non mi vuoi / io mi faccio i ca**i miei / ti dico “Wale..vaccagare!” non è un'impresa da tutti, ma i Dari hanno lo spessore e certe cose possono permettersele. Sono grandissimi, e sfido io qualcuno ad affermare il contrario.
E mentre Grignani ci sta lentamente abbandonando e sta diventando sempre più il Mick Hucknall italiano (nel senso che è talmente ingrassato che nei suoi video è costretto ad utilizzare il famigerato e temutissimo effetto Mick Hucknall per camuffare il proprio cattivo stato di forma), ci restano solo i Dari. Anzi i dARI, che fa più dEUS e quindi offende l'orgoglio dei soliti indie snob, ma anche di certa critica musicale di sinistra che poi perdiamo le elezioni e Di Pietro fa opposizione vera e noi no.
I Dari sono un patrimonio da salvare ed io lotterò per salvarli dalle critiche, in prima persona e con tutte le mie forze. Praticamente, il potenziale gruppo preferito dei giovani che compaiono nel video di Menomale che Silvio c'è e che fecero pure da figuranti nelle varie trasmissioni tv in cui il globetrotter di Arcore intepretò la parte del comiziante ai tempi della scorsa campagna elettorale.
Siam campioni del mondo.

25 giugno 2008

IL MASTINO SUONA SEMPRE DUE VOLTE

«Per me le nozze sono tra un uomo e una donna, quelle tra omosessuali mi scandalizzano perché sono uno che crede nella famiglia da quando sono bambino e per chi crede nella religione una cosa del genere è molto strana.»

E bravo Gattuso. Hai perso un'altra occasione per stare zitto. Anzi, hai perso e basta.
Ed ora vai a casa, ed assieme alla tua famiglia tradizionale mettiti di fronte ad un televisore tradizionale e magari se hai tempo guardati la Spagna che gioca in semifinale.

23 giugno 2008

SE HO VINTO / SE HO PERSO

L'Italia ha vinto i campionati Europei di calcio, e tutto il Paese è in festa. Caroselli di auto e scene di giubilo stanno lì a sottolineare la portata storica dell'evento, e la vita dell'italiano medio è definitivamente migliorata arrivando a livelli impensabili anche solo fino ad un paio di anni fa.
I problemi reali del Paese (intercettazioni, rifiuti, immigrazione clandestina, disoccupazione, petrolieri, banche, calvizie, senilità precoce, nanismo) sono stati prontamente risolti dal sempre più liberale governo attualmente in carica, ma mancava solo una vittoria in grado di gratificare il popolo italiano. E non una inutile come quella ai Mondiali di due anni fa (inutile solo perché ottenuta grazie ad un colpo di fortuna di Romano Prodi, ma inutile anche perché non è stata in grado di risolvere i problemi reali del Paese), ma una vittoria vera, in grado di infiammare i cuori e di fare vedere di che pasta siamo fatti. E visto che l'Europa ha bisogno di un drizzone, quale occasione migliore di una vittoria agli Europei per dimostrare a tutti quei parrucconi che l'Italia è l'unica capace di raddrizzare il Vecchio Continente?
Occasione prontamente raccolta da una nazionale che ha dovuto superare mille insidie e mille ostacoli prima di arrivare in finale e battere la temutissima Inghilterra, guidata da quell'implacabile bomber di razza che risponde al nome di David Mills e che tanti grattacapi ha creato alla nostra difesa. Ma poi abbiamo stretto i denti ed anche lui è stato fermato, e noi ce l'abbiamo fatta. Grandi individualità, grande gioco, combattività e sicurezza nei propri mezzi: il risultato è che l'Italia ha vinto a dispetto di ogni pronostico iniziale ed ora è festa, festa fino al mattino e nessuno la potrà fermare.
E non importa se il resto dell'Europa calcistica tirerà fuori di nuovo la storia della furbuzia e dell'opportunismo tipici degli italiani, dell'emergenza democratica, dello scarso pluralismo nell'ambito dell'emittenza televisiva o delle simulazioni in area da rigore: è tutta invidia, lasciamoli rosicare. Abbiamo il sole in tasca e siamo i migliori anche a livello internazionale, non pensiamo a ciò che dicono di noi.
Il funambolo Cassano (schierato finalmente tra i titolari dopo un inspiegabile boicottaggio iniziale, forse opera dei soliti giornalisti sportivi rossi), Franco Califano, il kaiser Franco Baresi, lo stopper Schifani, il portiere-saracinesca Boia chi molla Buffon, il fantasista Brunetta, l'oriundo Roberto Calderoli, l'infallibile bomber Luca Toni: sono questi i nostri assi nella manica, sono stati loro a dare il contributo decisivo alla vittoria finale. Sono loro i nostri eroi, dobbiamo esserne solo fieri e festeggiare. Senza vergogna alcuna.

VOGLIO SOLO FUTURI INVEROSIMILI

Ormai ai concerti di Vasco Brondi (a.k.a. Le Luci Della Centrale Elettrica) la gente canta in coro e tira fuori gli accendini come se fosse ad un concerto di Vasco Rossi. Ho addirittura visto qualcuno con gli occhi lucidi per la commozione, e non era perché Vasco giocava in casa.
Forse sta succedendo qualcosa che ancora io non riesco a capire. Staremo a vedere.

Ad ogni modo, concerto impeccabile, di quelli che durano un'ora ma ti sembra un minuto e dopo ne vorresti ancora. Il ragazzo ormai è pronto.

19 giugno 2008

EVERYBODY WANTS TO BE SOMEBODY

L'edizione estiva di Trl condotta dall'immenso Carlo Pastore rimane un traguardo francamente irraggiungibile, ma Ferrara Sotto Le Stelle è sicuramente l'evento clou dell'estate 2008 (assieme al Festivalbar, ovviamente – anche se per il Festivalbar i tempi d'oro in cui trionfava Corona purtroppo sono ormai andati e non torneranno più).
Ferrara è una bella città ed un gran posto per viverci. C'è il sole, c'è il mare, c'è la nebbia anche d'estate, ci sono ben due gigantesche scritte Coop e soprattutto c'è una mentalità aperta e non provinciale, che porta la gente ad accostarsi alle cose nuove e diverse con curiosità mista a voglia di scoprire. Praticamente, la maggior parte dei gggiovani ferraresi se starà in spiaggia a sorseggiare comodamente un aperitivo (o più aperitivi, a seconda dei casi) nei bagni più in dei Lidi Ferraresi e quindi snobberà Ferrara Sotto Le Stelle. Peccato per loro.
Ma in fondo poi chi se ne frega della provenienza. L'importante è che ci sia la gente giusta e ci si diverta, del ferrarese medio non me ne importa nulla. Anzi, mi fotte sega (come diceva il compianto Joe Cassano). Io ci sarò, perché mi interessa la musica e mi interessa ascoltarmela in santa pace senza gente che innalzi stendardi e striscioni vari come fossimo ad una puntata di Trl (e si torna sempre a Carlo Pastore, forse perché sono un Carlo Pastore wannabe – ma in fondo chiunque desidera essere qualcun'altro, e quindi non devo preoccuparmi troppo), o senza gente che critichi a prescindere come faccio io. Poi il resto non conta.
Tutto il resto è game over, come disse qualche anno il sempre giovane conservative punk Ringo. Conta solo il fatto che io mi possa vedere seduto in giardino cose molto interessanti come Franz Ferdinand, Interpol, dEUS, Raconteurs, Hercules and Love Affair, Notwist, Le Luci della Centrale Elettrica, Cat Power, Toumani Diabatè, i Distretto 51 feat. Bobo Maroni (che da buon fautore del gioco di squadra viene solamente per cacciare dall'Italia Toumani Diabatè, ma io glielo impedirò con tutte le mie forze), Davide Van De Sfroos (suo malgrado eletto cantore della nuova classe operaia padana pur essendo di sinistra), La banda del trucido, Giuliano Ferrara (il cantore della vecchia classe dirigente italiana ed americana, uomo dalle mille bandiere e soltanto per caso omonimo della città sede del festival), Vittorio Sgarbi (che invece gioca in casa), Caetano Veloso, il mio avvocato Gaetano Pecorella, Giucas Casella, Daniele Capezzone (a cui rivolgo un sincero in bocca al lupo per la sua futura carriera politica) e Giorgione Zamuner.

Sabato 21 giugno, ore 21.00: CRISTINA DONA' + LE LUCI DELLA CENTRALE ELETTRICA con GIORGIO CANALI

Martedì 1 luglio, ore 21.30: CAT POWER and the DIRTY DELTA BLUES

Giovedi 3 luglio, ore 21.30: GIOVANNI ALLEVI con orchestra sinfonica I VIRTUOSI ITALIANI

Lunedì 7 luglio, ore 21.30: CAETANO VELOSO

Mercoledì 9 luglio, ore 21.00: THE RACONTEURS + guest

Sabato 12 luglio:Bands Apart Festival: FRANZ FERDINAND + THE CRIBS

Domenica 13 luglio, ore 21.00: HERCULES AND LOVE AFFAIR + guest

Martedì 15 luglio:Bands Apart Festival: INTERPOL + DEUS

Martedì 22 luglio, ore 21.00: THE NOTWIST + YUPPIE FLU

Giovedì 24 luglio, ore 21.30: TOUMANI DIABATÈ

Il programma è molto allettante, e dunque se a questo giro Fusi di Testa non viene mi incazzo parecchio. Lo cerco ormai ad ogni concerto, ma purtoppo non lo trovo più, ed un po' mi dispiace non vedere più in giro un personaggio così pittoresco. Ha forse abbandonato la lotta passando sul fronte ancor più biecamente commerciale? Sono io che non sto abbastanza attento a chi mi circonda? O forse è solo perché non vado più concerti trendy come quelli a cui è solito essere presente lui? Staremo a vedere che succederà. Io continuo a crederci.

(fotogag via Sceneboot/Er P)

17 giugno 2008

PROVA AD ESSER TU QUEL CHE NON SEI

Estate 1996. Gianluca Grignani non ne può più e sta sbroccando, ma deve pur sempre reagire (o almeno provarci). Si sente un pupazzo chiuso in una vetrina di giocattoli, non regge più la pressione causata dal clamoroso successo ottenuto col disco dell'esordio, è in crisi di identità, vuole fuggire dal retro. E la sua reazione, la sua autentica fuga per la libertà si chiama La fabbrica di plastica. Il tracollo di un uomo e la sua resurrezione.
Poche storie, La fabbrica di plastica è un disco clamoroso. Di quelli che ne esce uno ogni dieci anni e poi te ne ricordi a lungo, molto a lungo. Mai in Italia a livello mainstream si era sentita roba del genere, mai nessuno si era sognato di ripubblicare The Bends dei Radiohead con i testi in italiano ed un carico di paranoie ancor più doloroso dell'originale. Grignani ha successo ma se ne sbatte, sta male e vuole fartelo pesare. Ed ecco allora il tormento di un giovane che ha provato invano ad essere ciò che non è (la title track) e tenta ad affrontare i propri demoni (Il mio peggior nemico), acquisisce consapevolezza e si prende il lusso di condannare il bel mondo del rock e tutto ciò che ruota intorno alla sua galassia (Rokstar), di scrivere canzoni d'amore che suonano più come odi implicite all'uso di allucinogeni che come canzoni d'amore in senso stretto (+ famoso di Gesù, Testa sulla luna) e di raccontare nel dettaglio abusi chimici di vario tipo che ti consentono addirittura a vedere attrici che escono dallo schermo del cinema e ti portano via (L'allucinazione). Capolavoro.
Che poi all'epoca intorno a questo disco siano stati creati ad arte gossip e pettegolezzi vari (Grignani eroinomane, potenziale suicida, malato di Aids) e storielle buone solo per Tutto – musica e spettacolo (Grignani che va in Giamaica per ritrovarsi, ha la folgorazione e decide di farsi i dreadlocks, ma poi si pente, taglia i capelli in stile punk e li tinge di biondo) poco importa. Grignani era uno che si faceva intervistare da Baudo a Domenica In e farfugliava perché era in un palese stato confusionale, e anche solo per questo è da rispettare.
La fabbrica di plastica è stato un flop clamoroso e non se lo è cagato nessuno (tanto che sei mesi dopo l'uscita era già nel bancone dei cd nice price) ma il vero successo è esser figlio di se stesso e dunque quel disco è stato l'unico vero successo di Grignani. Un musicista che ha provato a fare quello che voleva, ha fallito completamente ma almeno ha riacquistato la propria autostima ed è tornato ad essere carne da dare in pasto alle belve feroci che popolano l'universo discografico italiano. Un musicista che ha capito che con certa roba in Italia non si campa ed è meglio fare marchetta, e che da quel momento è stato un po' più forte ed un po' meno solo.
Ciò non toglie che L'aiuola sia roba che meriterebbe di essere menzionata nelle Convenzioni di Ginevra , magari sotto una apposita voce denominata “torture più crudeli da infliggere ad un ragazzo in età post adolescenziale”.

13 giugno 2008

NO RAGE AGAINST THE CASH MACHINE

In Italia c'è grandissima attesa per quello che senza ombra di dubbio si annuncia come l'evento musicale dell'anno: il ritorno dei Rage Against The Machine in concerto nel nostro paese. La leggendaria band americana, spinta sicuramente da passione politica e voglia di cambiare il mondo ancora una volta, si è riformata di recente e sarà da noi per un'unica, attesissima, data a Modena il 14 giugno. I biglietti sono da mesi e mesi in vendita su internet e temo che saranno ormai esauriti, per cui chi è interessato dovrà per forza rassegnarsi a sganciare un bel pacco di euro ai bagarini per assicurare la propria presenza all'imperdibile appuntamento che cambierà l'Italia.
Per quanto mi riguarda, io non ci sarò per niente al mondo, e mai concerto fu mancato più volentieri. Nonostante i Ratm siano stati un gruppo molto importante per me e per la mia formazione cultural-musicale, giudico del tutto inutile (se non dannosa) questa reunion. Sono bolsi e datati (i loro progetti post-scioglimento stanno tutti lì a dimostrarlo – soprattutto il fantomatico disco solista di Zack De La Rocha), rischiano di sembrare tristi e patetici, infangando per sempre il ricordo del grande gruppo che furono. E dunque, che bisogno c'è di vederli in concerto? Ma soprattutto, che bisogno c'è di loro nel 2008? Perché hanno scelto di riformarsi?
Ci sono le presidenziali americane, ecco perché. C'è un altro po' di sana ribellione a buon mercato da spacciare, c'è la tigre dell'astensionismo da cavalcare, ed un altro po' di cash sonante da incassare sulla pelle di chi ci crede veramente. Il leit motiv resta sempre lo stesso: spremere le tasche dei giovani alternative americani (e di tutto il resto del mondo) finché si può, nascondendosi dietro il paravento di granitiche (e comodissime) scelte ideologiche. Anime candide a qualunque costo, meglio se quantificabile in migliaia e migliaia di dollari.
Passino i dischi sempre uguali (l'unico disco in cui hanno qualcosa di diverso fu una raccolta di cover, tanto per dire), passi per i riff di chitarra che il buon Morello ha spudoratamente rubato qua e là (a dire il vero facendoli propri con grande personalità), ma la battaglia contro il voto alle elezioni proprio no. Ecco, se c'è qualcosa che non perdonerò mai ai Rage Against The Machine è il loro essersi schierati per il non voto alle presidenziali americane del 2000 (quelle vinte da George W. Bush per una manciata di voti, peraltro in maniera assai dubbia), con tanto di campagne attive e video a tema per sostenere quella nobile causa. Una battaglia di cui non ho mai compreso bene il senso, una battaglia che me li ha fatti definitivamente cancellare dalla galleria dei gruppi preferiti.
Troppo facile fare di tutta un'erba un fascio e sparare nel mucchio. Si rischia pochissimo e molto spesso si guadagna parecchio, o quanto meno non si perde nulla perché chiunque vinca ci si potrà sempre lamentare a prescindere – atteggiamento che io sospetto sia mosso più dalla vanità personale che da un reale desiderio di voler cambiare le cose spazzando via l'esistente (ma questo è un altro discorso). Per tanto che potesse non piacere, per tanto che potesse apparire moscio e poco incisivo, Al Gore non era (e non è) la stessa cosa dell'intelligentissimo George W. Bush. Ed i Democratici non erano (ed a maggior ragione oggi non sono) la stessa cosa dei Repubblicani. La scelta sciagurata-ma-redditizia dei Rage Against The Machine (che magari ha finito per influenzare migliaia e migliaia di giovani americani) è imperdonabile perché potenzialmente può essere stato ciò che ha consegnato il paese a Bush. I Ratm pontificavano in maniera ossessiva di Bush ed Al Gore due facce della stessa medaglia, ma nel frattempo Al Gore ha vinto un Nobel, gli americani si sono dovuti ciucciare ben due mandati di Bush (con tutti gli annessi e connessi del caso) ed il gruppo è meritatamente scomparso, finendo mestamente nel dimenticatoio (luogo ove è stato catalogato fino al momento della reunion alla voce “ex grandi artisti che facevano le anime candide ma a fine mese incassavano tanti bei soldoni”) ma risorgendo praticamente ogni sabato sera in tutti i più derelitti rock club di provincia.
Ed ora i Rage Against The Machine ritornano, e non hanno intenzione di fare prigionieri. Sono praticamente certo che diranno qualcosa in merito alle prossime elezioni americane. Oserei addirittura dire che pronunceranno anche qualcosa contro il G8 e (new entry) a favore del Tibet libero e (ma qui la vedo più dura) della Birmania libera. Come al solito la musica passerà in secondo piano, ma io attendo ugualmente con ansia il loro concerto in Italia perché non vedo l'ora di farmi quattro risate leggendo cosa scriveranno su forum, blog et similia i loro fan duri e puri. Già mi immagino i “grande emozione”, “ci credono ancora, che coerenza!”, “i tatuaggi del bassista, ma come fanno a non scolorire mai?”, “Zack De La Rocha si muove ancora come un gatto nonostante sia ingrassato di venti chili”, “Morello che grande! Ho sempre pensato che fosse americano ma ho scoperto che è di Lecce come me!”. Attendo con impazienza, e spero che il giorno del concerto arrivi il più in fretta possibile. Ne vale davvero la pena, e per questo (ma solo per questo, che non si illudano troppo) ringrazio la band americana.
Musica che partiva come antagonista ma che ormai viene suonata anche alle sagre di paese e piace davvero a tutti quelli che si vogliono atteggiare anche solo un tantino a ribelli senza afferrarne il senso. Ecco cosa sono diventati i Ratm. Ma la loro coscienza è sempre pulitissima, sia chiaro.

LA VECCHIA GUARDIA NON TRADISCE MAI

Primi verdetti: ho ascoltato il Deejay Time nuova formula ed ho appurato che è qualcosa di pazzesco, con un Albertino in forma stellare ed un mix nostalgia-nuova musica da brivido, ho guardato una puntata di Trl condotta da Carlo Pastore ed ho appurato che è qualcosa di esilarante oltre ogni mia capacità di immaginazione. Non ho mai riso così tanto.
Ci deve essere un legame tra le due cose, ma non sono in grado di darmi una spiegazione logica.

11 giugno 2008

IL BEL PAESE

Un intero paese fermo davanti agli schermi a guardare la partita, un intero paese che piange e si dispera dopo la rovinosa sconfitta. Addirittura qualcuno chiedeva a gran voce una spremuta d'orange, è finita tre a zero per l'Olanda ed una bestemmia echeggia nella vallata. L'Italia è una Repubblica fondata sul gioco del calcio, ed ora c'è già chi dopo una partita chiede la testa di mister Donadoni. Misteri della fede.
Che la serata sarebbe stata negativa lo si è capito subito dall'agghiacciante divisa verde indossata dal portiere Gigi Buffon (a memoria d'uomo, una delle più brutte che siano mai state avvistate su un campo di calcio da almeno trent'anni a questa parte). L'Italia è riuscita a prendere gol pure da un tale che si chiama più o meno Wesley Snipes, e non ha fatto praticamente nulla di sensato per reagire.
Una nazionale che è l'emblema perfetto del nostro povero Paese, fatta di fighetti che reagiscono solo se vengono offesi, che giocano solo per il cash e che se vengono sostituiti dopo aver collezionato una figura barbina dietro l'altra hanno pure il coraggio di stupirsi (Materazzi, che ieri sera sembrava un difensore centrale della Spal ma quando lo hanno richiamato ha sgranato gli occhi per la perplessità). È il Paese del “non sono stato io”, del “c'è figa qui?” e del “Francia o Spagna basta che se magna” e lo si vede anche da piccole cose come queste, non si scappa.

A nulla è valso il tardivo ingresso in campo dell'immenso Antonio Cassano: troppo tardi, ormai la frittata era fatta e anche il suo genio puro non poteva più fare nulla. Negli spogliatoi avrà sicuramente sfasciato qualche porta e preso a schiaffi il massaggiatore per la rabbia, ma intanto in campo non ha potuto dimostrare il suo valore. Povero Cassano, lo boicottano perché gli altri suoi compagni sono belli e lui no. I soliti bolscevichi lo trattano come Calimero perché vogliono mettere i bastoni tra le ruote a chi come lui ha fatto tanti sacrifici per arrivare dov'è arrivato, i soliti invidiosi di chi i suoi soldi se li è sudati tutti. Ma si rifarà, ne sono sicuro. È forte, è maturo e soprattutto ha la necessaria stabilità mentale per farcela, dunque il futuro per lui e per la nazionale non può che essere in discesa. Basta crederci, ma intanto la rata è sempre alta e la tassa è sempre lì. I problemi reali del Paese non scompaiono di certo grazie ad un gol.

(feat. SimoMerli)

10 giugno 2008

E ADESSO DIRANNO "UN SALUTO AGLI AMICI DEL PODCAST"?

Forse per un complotto della stampa italiana (che essenzialmente è fatta di giornalisti bolscevichi e fannulloni, salvo qualche lodevole eccezione come Emilio Fede, Vittorio Feltri o Mario Giordano) o più probabilmente perché siamo tutti intercettati e certe notizie non devono girare sennò le temibili toghe rosse ci arrestano tutti mi sono perso un avvenimento a modo suo importantissimo: torna il Deejay Time condotto da Albertino, oltretutto nella sua storica collocazione delle ore 14 e con tutta la vecchia guardia del programmma al gran completo. Anzi, a quanto pare è tornato ieri pomeriggio.
E via con la nostalgia dei bei tempi che furono, ma soprattutto della bella musica e dell'atmosfera che un tempo caratterizzava quel fantasmagorico programma. Ho le lacrime agli occhi, anche se purtroppo temo che non sarà più la stessa cosa. Non c’è più la dance maraglia di una volta, ma soprattutto non ci sono più l'ironia e la spensieratezza di un tempo. Dunque, che senso ha una reunion del genere?
Non oso immaginare come possa essere strutturata ora una trasmissione come il Deejay Time. Non riesco ad immaginarmi una trasmissione a base di Justice, Digitalism e compagnia danzante, ma non riesco nemmeno a vedere un Deejay Time a base di quella commerciale fredda e senza sentimento che impera su emittenti come m20 et similia. Manca QUELLA musica, che però era musica che andava trasmessa in quegli anni, non adesso che abbiamo fior fior di ministri come Calderoli e Gasparri.
E non riesco proprio a spiegarmi il perché della scelta di riprendere le trasmissioni. Non mi aspetto proprio nulla di buono e temo che tutto partirà in quarta per poi trasformarsi (visti i modesti ascolti) in un contenitore in cui verranno riprogrammate le vecchie megahit, per la gioia di chi soffre di nostalgia di quegli anni ruggenti e non riesce ad arrendersi al trascorrere del tempo.
Il rispetto per Albertino e la sua banda resta illimitato, però se il nuovo Deejay Time deve essere un semplice monumento alla musica da autoscontro meglio tenersi il ricordo della vecchia e gloriosa trasmissione.
E poi, a dire il vero, registrare i programmi radio servendosi delle cassettine non va più di moda. Che senso ha riprovarci?

08 giugno 2008

LO SFASCIO

La notizia clou di questi caldissimi giorni di inizio giugno è che è finito X Factor, una delle cose più trash di tutti i tempi. Una trasmissione fatta apposta per sognare, una trasmissione che lascerà una traccia indelebile nella storia della televisione e che verrà ricordata a lungo per la profondità degli argomenti oggetto del dibattito. Una trasmissione di cui io non ho mai visto una puntata intera, e me ne vanto pure. Ne ho visti solo brandelli scelti a caso facendo zapping, autentiche schegge che mi hanno segnato nel profondo e mi hanno aiutato a capire un po' di più questa nostra pazza Italia. Non posso far altro che ringraziare per questo Dj Francesco, l'intellettuale del gruppo, il vero cervello fino che mandava avanti tutta la baracca.

E come ogni concorso musicale che si rispetti, alla fine della corsa X Factor ha decretato un vincitore. E che vincitore! Hanno trionfato i salentini Aram Quartet, un impossibile morphing tra i Neri per caso, Le Vibrazioni, i Queen ed i Cugini di campagna, sia dal punto di vista estetico che musicale. Un polpettone spaventoso, che ce l'ha messa tutta ed ha sempre mantenuto testa alta e sorriso sulle labbra, che ha dovuto superare prove durissime ma poi è arrivato fino in fondo e ce l'ha fatta, sbaragliando una agguerritissima concorrenza che non ha mollato fino alla fine. Applausi a scena aperta, dunque.

Di gruppi come gli Aram Quartet ce ne vorrebbero di più, molti di più. Soprattutto in un momento come questo, un momento in cui l'indie sta diventando il mainstream più totale e sta invadendo con le sue truppe corazzate Mtv, ma soprattutto un momento in cui Carlo Pastore, il profeta dell'indie italico, il personaggio televisivo sul quale ho deciso di impostare la mia vita, l'unico che è sempre rimasto autenticamente fedele alla linea, ha inopinatamente deciso di gettare la spugna e passare a condurre Trl. Un dramma dal quale sarà molto difficile uscire, uno stato di sfacelo avanzante la cui unica soluzione potrebbero proprio essere gli Aram Quartet. Sono bravi, sono bellocci, suonano un genere fresco e pressoché nuovo, hanno solo bisogno di meno snobismo da parte di una certa sinistra e di tanto, tanto sostegno. Nel tempo sapranno regalarci molte soddisfazioni, e sia benedetto X Factor che ha regalato loro un contratto discografico. Gli Aram Quartet saranno la salvezza dell'indie italiano, ne sono convinto. E credo che ne sia convinto anche il loro mentore Marco Castoldi alias Morgan dei Bluvertigo.

Da tutto questo bailamme, Morgan ne esce da gran signore. Più forte, più convinto, più maturo nel look e nell'animo. È stato talmente segnato da questa esperienza che ha finalmente deciso di riformare i Bluvertigo, un gruppo di cui in tanti sentivamo la mancanza. Un ritorno inaspettato, su cui io personalmente non avrei scommesso un euro. Come fossimo nel 1998 si riparte, con qualche capello grigio in più ma con le stesse canzoni di un tempo, i medesimi inni generazionali che in realtà per colpa del destino cinico e baro non sono mai riusciti a diventare tali. Che sia la volta buona? Ora Morgan è troppo vecchio per avere il sostegno di Mtv come ai bei tempi che furono, ma potrà contattare sull'appoggio degli altri due membri del trio del male di cui lui stesso faceva parte (Simona Ventura, Mara Maionchi), per cui le possibilità di successo sono alte. Basta crederci sempre e non arrendersi mai. Magari non arriverà a far breccia nel cuore delle nuove generazioni, ma almeno Morgan potrà riuscire a guadagnare un bel pacco di soldi facendo leva sui sentimenti della generazione dei trentenni nostalgici di certi anni novanta (e con i tempi che corrono non è cosa da poco) e se si deciderà a scrivere un album di inediti dei Bluvertigo potrebbe addirittura dare manforte agli Aram Quartet nel tentativo di salvare l'indie italiano dallo sfascio.

Tutto questo si può fare ed il traguardo è dietro l'angolo, a condizione però che si tenga conto del fatto che tra Bluvertigo e Aram Quartet non c'è paragone. Sono come il giorno e la notte. Meglio la pietanza fresca con ingredienti strani della minestra riscaldata più e più volte, che già all'epoca dimostrava chiaramente tutti i propri limiti. Ma tutto questo Morgan non lo sa. È troppo pieno di sé per saperlo.

HASTA LA VICTORIA SIEMPRE

«Un giorno vivremo in un'America dove tutti avranno un'assicurazione sanitaria. Per questo dobbiamo lottare perchè Obama venga eletto. Sarà un'America più forte in cui tutti avranno più dignità. Per questo dobbiamo aiutare Barack Obama a essere eletto».

Finalmente Hillary Clinton getta la spugna e lascia spazio al mio candidato. E ora sotto a chi tocca sperando nella vittoria finale, ma comunque vada a finire a novembre gli Stati Uniti avranno finalmente un grande presidente.
E dunque, qualunque sia il verdetto finale, come minimo il prossimo presidente americano sarà una brava persona e non avrà nulla a che vedere con George W. Bush, ma dal momento che è sempre meglio essere realisti e pretendere l'impossibile diventa assolutamente doveroso sostenere Obama.

06 giugno 2008

POMA NON POMA

Narrow Stairs dei Death Cab For Cutie è il disco del mese di Rumore di questo mese ed, a quanto si deduce dalla sontuosa recensione a cura di Sara Poma, è un gran disco, uno di quelli che lasciano il segno e si candidano ad occupare i piani alti delle classifiche di fine anno. E fin qui tutto bene.
La questione però è un'altra. La questione è che a quanto pare Sara Poma questo mese ha recensito un fake. Ha parlato di un disco che non è Narrow Stairs, ma un volgare tarocco d'autore. Di quelli belli ma pur sempre tarocchi. È bufera, ed ora le critiche a Rumore si sprecano.
Critiche del tutto immeritate, oserei dire. Ben ha fatto Rumore a pubblicare una cosa del genere e a renderla pure disco del mese, ma soprattutto ben fa Rumore a continuare a servirsi del prestigioso contributo della Poma. Il solo fatto di recensire un fake è una genialata, un vero e proprio gesto situazionista, un affronto alla mentalità indie snob che ormai impera anche nel nostro paese. Vuoi il disco che piacerà a tutti? Io te lo recensisco, ma faccio anche di più. Recensisco il tarocco e te lo sbatto in faccia, nuda e cruda realtà che a volte può far male ma che a me fa tanto bene. Magari è lo stesso che hai scaricato tu senza accorgerti che è un falso d'autore, ma intanto ti ho fregato e ti ho preso per i fondelli e rido alla tua faccia. Chi se ne frega delle prese per il culo che verranno?
Ci vorrebbero 10, 100, 1000 Sare Poma nel triste, triste mondo della critica musicale. Dopo questo gran gesto è già entrata nella galleria dei miei idoli dichiarati. C'è chi la chiama dilettante allo sbaraglio, io mi limito a chiamarla Sara Proma. Ma io sono quello che impennava con il Ciao, con la maglietta degli Squallor Arrapaho, quello che rimpiange la sella con le frange, la targa Arizona e la marmitta Proma, e dunque non faccio testo.

03 giugno 2008

AZZURRO È LIBERTÀ

Trix e Flix, le mascotte di UEFA EURO 2008™, si sono unite alla stella del reggae Shaggy nel nuovo video 'Like A Superstar'. L’obiettivo è di creare il giusto clima di festa fra i tifosi. Trix e Flix sono attualmente impegnati a promuovere UEFA EURO 2008™, così il video servirà a trasmettere la passione in quegli angoli di mondo che le due mascotte non possono raggiungere di persona. Il video, oltre a fornire abbondantemente testimonianza della loro abilità con il pallone, punta a dare un assaggio della festa del calcio che ci sarà la prossima estate in Austria e Svizzera.


Già. Trix e Flix. Festa del calcio. Stella del reggae. Proprio ciò di cui avevo bisogno io per trovare la forza di appassionarmi di nuovo al fantasmagorico mondo del giuoco del pallone. Che lo dicano chiaro e tondo che lo hanno fatto apposta, così almeno posso bullarmene un pochino con gli amici fidati al bar sotto casa. Così, tanto per fare il gaggio e vivere il mio bel quarto d'ora di celebrità.

Gli Europei in Austria e Svizzera saranno una tamarrata assurda, e sono certo che proprio per questo mi piaceranno un sacco. Non so nemmeno quali squadre giochino, ma in fondo chi se ne importa? Tanto la palla è sempre rotonda e l'erba è sempre verde. È l'evento in sé che merita di essere vissuto appieno, anche solo per il fatto che come mascotte ufficiali della competizione sono stati scelti due terrificanti mostriciattoli come Trix e Flix, un qualcosa che sta a metà strada tra il bambino della Kinder prima versione, Telespalla Bob e Claudio Baglioni (per l'armonia e la plasticità dei lineamenti). Solo in terra austro-elvetica potevano raggiungere un così alto picco di cattivo gusto, ed io che ho cattivo gusto da vendere non posso che apprezzare in maniera totale ed incondizionata.
Ma in fondo io non faccio testo. Tanto per dire, da piccolo ero solito indossare con orgoglio la maglietta con Ciao, il logo di Italia '90, però non posso che rallegrarmi della scelta di riesumare un autentico relitto degli anni novanta come Shaggy. Con tanti bravi e belli che c'erano in giro, hanno preso un reduce dalla prima guerra in Iraq che ha fatto il botto con un motivetto insignificante come Boombastic, è caduto nel dimenticatoio ma poi periodicamente si è presentato con canzoncine sempre più paracule, che servivano più come giustificazione per mostrare tette e culi nei relativi videoclip che altro. Non certo un simpaticone, dunque. Però il fatto che pur di rimanere a galla ed estorcere ancora qualche milionata di euro a discografici ed organizzatori di eventi vari abbia avuto la sua bella svolta in chiave musica da autoscontri lo renderà senz'altro il mio idolo di un'estate, anche solo per il fatto di aver avuto l'umiltà di provare ad adattarsi alle tradizioni musical-culturali tipiche dei luoghi in cui si svolgeranno i campionati. Una volta sentivo Boombastic e mi prendeva lo sconforto, mentre ora sento Like a Superstar e mi sento Albertino feat. Fargetta 1994 circa mentre al Deejay Time veniva programmato l'ennesimo, favoloso disco degli Snap.

So già che questi Europei mi piaceranno talmente tanto che tiferò Italia, giusto perché voglio essere nazionalpopolare fino in fondo ed uniformarmi alla massa. La nazionale è sempre la nazionale, e bisogna essere vicini agli azzurri in un momento del genere, un momento in cui finalmente abbiamo un governo liberale e democratico, la spazzatura è sparita, la xenofobia è un lontano ricordo e la gente ha soldi a palate e compra addirittura tutto ciò di cui non ha bisogno. Ci manca solo una nazionale vincente e poi abbiamo proprio tutto, e allora perché non crederci fino in fondo e gridare tutti in coro “Forza Italia!”? Bisognerebbe tifare nazionale (anzi, tifare alla nazionale) anche solo per il fatto che è stato convocato l'unico, vero, grande genio dell'odierno calcio italiano: Antonio Cassano, il vero miracolo italiano. Un eterno ragazzino che è un grande campione dentro ma soprattutto fuori dal campo, uno che ti risolve la partita con un colpo ma poi prende a legnate l'arbitro e si becca una squalifica di durata biblica: in poche parole uno che ogni volta che vedo certi suoi exploit mi chiedo di quale sostanza (non necessariamente illegale) stia a rota.
Nessun dubbio: Cassano, il Val Kilmer del calcio italiano, per le sue prodezze è divenuto nel tempo il mio idolo calcistico. A dire il vero non me ne importa nulla del calcio e nemmeno di vincere, ma so già che Cassano ci porterà alla vittoria. O almeno ci farà fare bella figura qualunque cosa combini. Uno del genere è un patrimonio da proteggere, e con lui si fa bella figura a prescindere. È l'amico del cuore ideale, e dunque per amicizia io scenderò in piazza a festeggiare il genio di Bari anche se le cose non dovessero andare bene. È il migliore ed un pochino lo invidio, anche solo per il fatto che Lucignono qualche tempo fa gli ha dedicato uno speciale. Certi onori toccano solo ai più grandi, ed un onore del genere uno come lui se lo merita tutto.

01 giugno 2008

VOLEVAMO ESSERE I VILLAGE PEOPLE

Roberto Calderoli, Ministro della Repubblica Italiana. Un uomo che non deve chiedere mai.
E che non ha nemmeno bisogno di indossare i calzini.