28 febbraio 2008

MISSING


Che fine ha fatto Daniele Capezzone? Sono molto preoccupato perchè da qualche settimana non si hanno più notizie di lui. Non una comparsata tv, non una dichiarazione polemica, non un sorriso, non una delle sue solite battute esilaranti. Niente.
È stato ufficialmente avvistato l'ultima volta il 12 Febbraio, quando ha dichiarato che le coalizioni in campagna elettorale dovrebbero anticipare non solo il programma dei primi cento giorni, ma anche il programma delle prime cento ore (tra l'altro, il fatto che la dichiarazione sia stata riportata dal magazine viniesapori.net si commenta da sè). Dopo di questo, il buio totale.
Viene quasi da sospettare che, da quando ha annunciato al mondo intero la sua adesione al Popolo della Libertà, i media nazionali vogliano oscurarlo o, peggio, boicottarlo.
Ma questo ostracismo è in fondo pienamente comprensibile. Sarebbe imbarazzante registrare sue dichiarazioni in tema di aborto, RU486 o coppie di fatto e riuscire a farle convivere con le posizioni di personaggi del calibro di Eugenia Roccella o Riccardo Pedrizzi.
Ma io non ci sto e mi ribello ad una così grande ingiustizia. Rivoglio Capezzone.
Rivoglio le sue roboanti interviste in cui validissimi giornalisti cercano di contrabbarlo (non senza suscitare in lui malcelato orgoglio) come "la sintesi di McCain e Obama". Rivoglio le sue gustose partecipazioni a Markette. Rivoglio la sua pettinatura da omino Lego. Non posso stare senza.
É il mio idolo. Ridatemelo.



E, tanto per rimanere in tema di mancanze, persone mancanti e cose di cui si sono perse le tracce: Everything But the Girl - Missing (Todd Terry Club Mix). Non c'entra decisamente nulla con Capezzone, ma ogni scusa è buona per ricordare un capolavoro del genere.

26 febbraio 2008

HAI MAI FATTO CASO A QUANTO DENARO SPENDI OGNI ANNO PER SOSTITUIRE LE CATENE?

«Resterò incatenato ad oltranza alla statua di Garibaldi sperando che almeno il presidente Marini mi voglia incontrare. Ho intenzione di passare qui la notte. Il Senato non potrà chiudere. L'unico problema sarà quello di avere una coperta e quello di dover pisciare.»

Oltrepassando (di parecchio) la soglia del ridicolo, il Senatore Rossi si è incatenato davanti al Senato. E lo ha fatto per nobilissimi motivi: la sua arcinota lista "Per il bene comune" è l’unica a dover raccogliere le firme per presentarsi alle prossime elezioni politiche, e a lui questo non va proprio giù. Il buon Nando Rossi, tanto per non farsi mancare nulla, lamenta il boicottaggio da parte delle emittenti tv, che a suo dire starebbero facendo di tutto per oscurare lui ed il suo movimento (che poi sono un po' la stessa cosa).

Ma in fondo Rossi fa bene a comportarsi così. Personalmente io al suo posto farei esattamente lo stesso, ma penso che chiunque farebbe un tale grande sacrificio in nome del bene comune. Se il suo movimento riuscirà ad essere ammesso, infatti, darà impulso a quel processo di grande modernizzazione che potrà permettere all'Italia di fare lo scatto decisivo, e quindi riuscirà sicuramente a migliorare le sorti del nostro paese. Come d'altronde sono già riusciti a fare Officina Comunista, Partito dei Consumatori Uniti e tutte le altre decine e decine di incarnazioni con cui il sagace senatore si è presentato davanti agli elettori. E allora perché buttare via un'occasione così ghiotta? Perché nessuno se lo vuole pigliare?

Perchè Rossi è coerente e dice cose scomode, ma la purtroppo gente non lo capisce. Perché è coraggioso, ma purtroppo non lo è fino in fondo. Se fosse davvero coraggioso fino in fondo si dovrebbe incatenare non alla statua di Garibaldi, ma ad una comoda poltrona del Senato. E lì dovrebbe rimanere fino all'inizio della prossima legislatura, in paziente attesa dell'inizio delle ostilità.
Che poi, se vogliamo dirla tutta, incatenarsi alla poltrona resta per lui l'unico modo per riuscire a mettere di nuovo piede in Parlamento. Per certa gente essere eletti è un miracolo che nella vita capita una volta sola.

25 febbraio 2008

IL GIUSTIZIERE DELLA BOTTE (DI VINO)

Il grandissimo Zucchero ne ha fatta un'altra delle sue. Non contento delle fantasmagoriche prodezze estive, ha voluto regalare ai suoi ammiratori un'altra indimenticabile perla degna di un autentico fuoriclasse. Un'esternazione da manuale che lo proietta immediatamente al primo posto della hit parade, un qualcosa che lo consegna per sempre alla storia come il più grande cantante italiano di tutti i tempi e farà sì che la sua leggenda venga tramandata ai posteri nei secoli dei secoli.
Una frase come ”Qui ci vuole una rivoluzione, ovviamente non con le armi, ma pensate un po' se il 13 e 14 aprile prossimi nessuno si presentasse a votare. La classe politica capirebbe finalmente che non ha più la gente dalla sua parte", altro non è che il colpo di genio definitivo di un formidabile artista. Non c'è che dire, Zucchero ha davvero superato se stesso e per la concorrenza sarà difficile riuscire ad eguagliarlo. E non si tratta più di plagiare (pardon, ispirarsi liberamente) a destra e a manca per comporre brani, autentici centoni sfoderati tanto per restare a galla e non perdere un briciolo del successo ottenuto, qui si va molto oltre. Zucchero arriva dove gli altri non hanno osato arrivare: il plagio di quello che, da Beppe Grillo in poi, ormai un po' tutti i personaggi famosi dicono (vuoi per convinzione, vuoi per sentirsi adeguati ai tempi che corrono). Limitarsi a sparare sul sistema è bello, garantisce visibilità e affascina il pubblico giovane, ma è troppo semplice. In fondo si rischia poco. Ci vuole molto più coraggio a plagiare un attacco al sistema, ad ispirarsi liberamente all'antipolitica, a clonare la ribellione a buon mercato variando il tempo o qualche nota qua e là. La posta in gioco è altissima e basta un niente per fallire, cadendo nel dimenticatoio.
E proprio in questo sta la grandezza di Adelmo Fornaciari a.k.a. Zucchero: essere il millesimo che sfida le convenzioni mettendoci la propria faccia, anche a costo di scandalizzare i benpensanti. Dimostrare di essere una testa pensante e non un fantoccio da rivista patinata, uscendo dal recinto nel quale notoriamente ogni celebrità viene rinchiusa e portando al mondo il proprio pensiero forte, che solo per puro caso è anche il pensiero che va di moda avere. Un idolo assoluto.

Che poi in tutto questo turbinìo di sensazioni forti Zucchero riesca anche a risultare credibile francamente è pretendere troppo. L'importante è che sia apparso ed abbia detto qualcosa, il resto non conta. Zucchero, basta la parola.

21 febbraio 2008

IF THESE ARE GOOD TIMES (Più che di fattore X, si può benissimo parlare di fattore S)

“Ma si punterà in genere sulla musica come linguaggio e come modo per toccare anche argomenti di cultura e società, per avvicinare i giovani e non solo in modo diverso”.

Certo, come no. Con un conduttore del calibro di Francesco Facchinetti (a.k.a. Dj Francesco, personaggio che se non fosse stato figlio di tale padre sarebbe stato uno di quei manovali bergamaschi che impennavano con il Booster elaborato, lavoravano in cantiere come muli tutta la settimana e nel weekend si sfondavano di ecstasy al Number One, 1999 circa) non puoi far altro che toccare argomenti di cultura e società. E magari di scienza, letteratura e religione (campo in cui l'ex punk Facchinetti dovrebbe essere abbastanza ferrato, viste le sue giovanili frequentazioni di ambienti prossimi a Comunione e Liberazione). Se queste sono le premesse, X Factor si annuncia come un sicuro flop colossale. Uno di quelli che verranno tramandati ai posteri come esempio da non seguire mai e poi mai, pena la dannazione eterna. Non vedo proprio l'ora che inizi per scoprire quante puntate riuscirà a resistere. Non lo guarderò mai, ma vuoi mettere la soddisfazione?

C'è modo e modo di sperperare denaro pubblico. Si può sprecare con classe ed eleganza, cercando di fare cose creative ma per pochi, inseguendo l'Arte pura disinteressandosi dell'opinione delle masse, oppure si può sprecare in totale malafede, facendo colossali marchettoni e cercando solo il proprio arricchimento personale (e quello dei soliti noti) ai danni della collettività. Si può disquisire finché si vuole sull'eticità e la correttezza di queste due scuole di pensiero, ma nessuno potrà sollevare obiezione alcuna sul fatto che il modo peggiore per sputtanare denaro pubblico è buttarlo in un programma come X Factor. L'ennesima fabbrica di illusioni per giovani che si illudono di poter sfondare a tutti i costi, la solita competizione sfrenata che spinge ragazzi a non guardare in faccia a nessuno per arrivare al traguardo, oltrepassando la soglia del ridicolo pur di emergere. Una sorta di Amici di Maria De Filippi con in sovrappiù la pretesa di poter raggiungere il primo posto nella hit parade, visto che “al vincitore viene data la possibilità di concretizzare davvero il proprio Sogno di celebrità, attraverso un contratto discografico”. Risate grasse.

Il programma è (manco a dirlo) un format che in Gran Bretagna ha riscosso grande successo e che, dato l'ottimo stato di salute in cui versa la nostra tv, è stato brutalmente importato e riproposto in salsa italiota. Ma mentre in terra albionica si puntava anche sulla personalità dei ragazzi in gara, nulla di tutto ciò è previsto in X Factor (almeno a giudicare da quanto sta scritto sul roboante sito del programma). Meglio concentrarsi sui grandi trionfi artistici di Francesco Facchinetti o sul fatto che i giurati sono Simona Ventura, la discografica Mara Maionchi e Morgan (lo pagheranno bene, ma è caduto molto in basso – ammesso che nella sua carriera uno del genere abbia fatto qualcosa di alto), meglio concentrarsi sul cervellotico regolamento o bullarsi del successo che tale format ha avuto all'estero per cercare di convincere gli italiani della possibilità di emergere dal nulla. No, nessuna Leona Lewis uscirà da una trasmissione del genere; al massimo verrà fuori un Dennis Fantina qualunque che cadrà subito nel dimenticatoio. Sempre che X Factor vada avanti tanto a lungo da riuscire ad incoronare un vincitore.

Il brutto è che a quanto pare la gente ci crede sul serio: le audizioni che hanno avuto luogo in molte grandi città d'Italia erano affollatissime di aspiranti concorrenti e, per giunta, in rete sono nate le prime polemiche a causa di qualcuno che si è sentito ingiustamente escluso o addirittura maltrattato dai curatori del casting. Il segno del declino di un paese si vede anche da piccoli particolari come questi.
L'Italia è alla frutta, e solo un pronto ritorno di Mauro Repetto alla casa madre 883 potrebbe riuscire salvarla. Ma la vedo dura, molto dura. Repetto se ne è andato e non ritorna più.

19 febbraio 2008

IDEA REGALO (PER FARE BRUTTA FIGURA) #3

Irrompe sul mercato la felpa dell'Udc. E lo fa con gran classe, forte dello slogan Io c'entro (abbreviato in c'entro, tanto per dar più vigore al messaggio di appartenenza) stampato sul petto a caratteri cubitali, del simbolo del partito su una manica e dello scudetto di campione d'Italia sull'altra - perchè il centro è da sempre campione d'Italia, vince sempre e quindi c'entra a prescindere.

Colore blu navy, tessuto prestigioso, cappuccio e cerniera, sta su tutto ma è meglio se la metti su una poltrona. Ideale per fare brutta figura da solo o in compagnia, con gli amici o con il/la partner, è disponibile per ora solo sul web al sito Udc Gadgets Store, ma dal 14 aprile sarà finalmente venduta in tutti i negozi d'Italia, e nulla sarà più come prima.

Già si preannunciano code chilometriche di persone desiderose di far proprio a tutti i costi un capo così fashion e sbarazzino. Purtroppo, data la calca ed il conseguente clima pesante che potrebbe venire a crearsi, si temono incidenti, ma sono già state allertate le Forze dell'Ordine che nei giorni precedenti provvederanno a transennare i negozi per evitare ogni genere di rischio.

18 febbraio 2008

ME AND GIULIANO DOWN BY THE SCHOOL YARD (A TRUE STORY)

"Io non discuterò della vita umana come se fosse un'opinione, con alcun candidato in tv. La tv è antiveritativa". Giuliano Ferrara ha detto proprio così: antiveritativa. Un termine che non si sa bene cosa voglia dire, utilizzato da un giornalista, agent provocateur e conduttore tv che spesso ha utilizzato la tv per diffondere la propria versione della verità, ovvero una strumentale esposizione dei fatti finalizzata a mettere alle corde l'avversario (suo e/o del suo datore di lavoro). Una verità che, stando a quanto da lui ammesso utilizzando quel fantastico termine, evidentemente è falsa. In pratica, nonostante sia considerato da tutti molto intelligente a prescindere, si è sbugiardato da solo. Come un pivello, tra l'altro.

Che poi lui affermi che la sua lista pro-life prenderà il 6% di voti e che si proponga addirittura come Ministro della Sanità è qualcosa che somiglia più al frutto di un'esperienza psichedelica che alla verità. Cose del genere vanno prese in considerazione solamente per ridere alle sue spalle. D'ora in avanti vietato prenderlo sul serio.

15 febbraio 2008

COMA AMERICA

Io compro sempre Rumore, però a volte osservando le copertine ci resto un pochino male. Tanto per usare un eufemismo diciamo che non sono sempre brillanti, però almeno hanno il pregio di farmi pensare. Tanto per dire, questo mese vedendo i bollitissimi Linea 77 in copertina mi è sorta spontanea una domanda: ma che fine ha fatto Fred Durst? Uno dei personaggi più antipatici e supponenti che abbiano mai calcato lo star system, un uomo finto dalle scarpe (almento di un paio di misure più grandi della sua vera taglia) ai capelli (ossigenati in maniera a dir poco imbarazzante) da (presunta) icona rock che era si è tramutato in un autentico fantasma. È letteralmente sparito nel nulla, vittima di un successo di pubblico che pareva non dover finire mai e che invece fortunatamente si è esaurito, tramutandosi in un ricordo assai sgradevole.

Piccolo bignami della vita del personaggio in questione: nato in Florida, si autodefiniva (con grosso sfoggio di modestia) un self made man. Praticamente: uno che dice di aver vissuto una vita molto avventurosa e che pur di allungare un demo del suo gruppo al bassista dei Korn si è spacciato per un tatuatore professionista nonostante avesse alle spalle solo la frequenza di un corso di poche settimane, per giunta interrotta miseramente. Ma l'occasione fa l'uomo ladro, Durst ha fatto il tatuaggio della sua vita ed il demo è arrivato nelle mani di Ross Robinson, produttore che ha avuto un quarto d'ora di popolarità ma che da allora è ricordato come colui che ha codificato l'essenza del suono nu metal. I Limp Bizkit escono con un primo disco (Three Dollar Bill Y'all$$ - che a dire il vero è un gran bel disco, fatto di canzoni vere, semplici e potenti) e soprattutto con un secondo disco (Significant Other – caratterizzato da ospiti prestigiosi e da melodie facili e ruffiane, in poche fatto un disco fatto apposta per piacere alla gente ma che in fondo aveva parecchio da salvare) che in America diventa un vero e proprio caso commerciale. Ma è grazie alla colonna sonora di Mission Impossible 2 che i Limp Bizkit diventano famosi anche in Europa, raggiungendo il pubblico di Mtv e quindi i neoalternativi, dei quali diviene presto il Messia. Dopo di questo il buio totale.

Chitarristi che vanno e vengono, album sempre più mediocri ed una creatività ridotta ai minimi che va a braccetto con il sempre crescente delirio di onnipotenza di Fred Durst, un uomo che si vanta di non aver mai letto un libro in vita sua ma che si mette in testa di fare il lanciatore di messaggi, un boss delle masse che diventa quasi boss della sua etichetta discografica (ne diviene infatti il vicepresidente, per giunta con la speciale delega di talent scout). È per colpa sua se band improponibili come Staind e Puddle of Mudd sono divenute pseudo-famose, infestando per mesi e mesi Mtv e i locali per neoalternativi. C'è stato un periodo in cui Durst era talmente sulla cresta dell'onda che avrebbe potuto benissimo candidarsi alla presidenza degli Stati Uniti ed avrebbe vinto facile, sia che si fosse presentato con i Repubblicani che con i Democratici. Ma fortunatamente non si è presentato (anche se credo che avrebbe senz'altro fatto meno danni di George W. Bush), nonostante all'epoca certe sue dichiarazioni avessero fatto addirittura temere il peggio.

Non si hanno più notizie di Durst da almeno un paio di anni. Un disco pubblicato con un'etichetta semi-indipendente, un suono che intendeva tornare alle origini come se negli ultimi dieci anni non fosse successo nulla e Durst fosse ancora un furbo ragazzotto in cerca del successo a tutti i costi. Un autentico colpo di spugna a cura del caro Fred, forse spinto dalla volontà di ricostruirsi una verginità artistica facendo dimenticare uno dei momenti che forse permettono di comprendere meglio quale livello di fama avesse raggiunto, ma nello stesso tempo fanno capire quanto fosse paraculo il personaggio. Al concerto in memoria delle vittime dell'Undici Settembre, a macerie ancora fumanti, Fred Durst si esibisce in un'agghiacciante cover di Wish You Were Here accompagnato da Johnny Rzeznik dei Goo Goo Dolls. Cappellino in testa, voce pesantemente effettata, stonature che non si controllano, brutta gente a lume di candela, Wes Borland che vorrebbe essere altrove, Syd Barrett che se l'avesse saputo prima avrebbe cercato con tutte le sue forze di impedire quello scempio. Uno dei momenti che hanno definito cosa sarebbe stato (almeno a livello musical-culturale) il nuovo secolo. Certe macchie purtroppo però non si cancellano, e Fred Durst è meritatamente caduto nel dimenticatoio.

13 febbraio 2008

RIALZATI ITALIA

I Datarock sono 2+2 adorabili cazzoni. Normalmente sarebbero in due ma dal vivo si fanno dare una mano da altri due loschi figuri, ovvero un incredibile bassista che sembra un fuoriuscito dagli Asian Dub Foundation e da un batterista con i baffi a manubrio ed i capelli impomatati sinonimo di ignoranza. Insomma, roba che non c'entra assolutamente nulla con la dance rockeggiante (o il rock danzereccio) proposta dal combo norvegese, ma roba che messa nel contesto ci sta a pennello.
I Datarock sono simpatici e sono persone da ammirare a prescindere, gente che sabato sera si è fatto un'ora e mezza su di un palco illuminato dalle temibili luci del Covo - vestita oltretutto con occhialoni da sole e bizzarre tute rosse che facevano sudare solo a guardarle. Mi sono divertito parecchio con le loro gag, ed in mezzo ci hanno messo un sacco di buona musica per la gioia delle orecchie dei presenti, ma soprattutto delle mie. Il che, per inciso, è sempre cosa buona e giusta.
Su disco sono ottimi, ma dal vivo non me li aspettavo così bravi e convincenti. Non avrei scommesso nulla su di loro, ma hanno superato pienamente l'esame, divertendosi e divertendomi molto. Un inizio più selvaggio, suonato a rotta di collo con gusto punk, e poi la legna preso il sopravvento ed ha iniziato a regnare sovrana perché la legna vince sempre, trascinando le prime file in ballo sfrenato & sudore & sorriso stampato in faccia anche durante il viaggio di ritorno in macchina. Se avessero iniziato a suonare quindici anni e gruppi come i !!! non fossero mai esistiti probabilmente i Datarock sarebbero stati tra i protagonisti musicali del Deejay Time di Albertino. Cambia la forma ma lo spirito è lo stesso, assolutamente identico e quasi sovversivo.
Fare le cose semplici e fatte bene, senza strafare e soprattutto senza prendersi troppo sul serio, pensando solo al divertimento. (Auto)ironia unica via. Praticamente, tutto il contrario del dj set post-concerto a cura dei tipi del Plastic di Milano. Roba spocchiosa nonché ketaminosa, roba da discotecaro da riviera romagnola riciclato alternative perché adesso va di moda quello. Music for zombies, sono fuggito a gambe levate e tanta gente mi ha seguito. Se questo è il divertimento dei neoalternativi milanesi, si salvi chi può. Albertino pensaci tu.

12 febbraio 2008

GOMITO A GOMITO CON L'ABORTO

Carnevale è già passato da un pezzo ma Giuliano Ferrara non se ne è ancora accorto e tenta il colpo di scena (che poi tanto colpo di scena non è, visto che è una vita che Giulianone fa giornalismo/politica sempre al servizio del miglior offerente) della discesa in politica. E lo fa in grande stile, con una lista antiabortista di cui francamente nessuno sentiva la mancanza. Tranne la CEI.

Un partito pro-life che ha come collocazione naturale il centrodestra (come dubitarne?) ma che, tanto per mantenere un po' di suspense, minaccia di presentarsi fuori dai poli qualora non si verificassero determinate condizioni politiche. "Se Berlusconi rispondesse sì all'apparentamento lo sbarramento sarebbe al 2 per cento: riuscirei ad andare in Parlamento con un gruppo di persone che farebbe questa battaglia culturale. Se invece Berlusconi resiste, per chissà quali ragioni che non saprà spiegare nè a me nè a se stesso, andrò avanti".Interessante davvero. Ho riso parecchio e mi devo ancora riprendere del tutto.

Ovviamente Zio Silvio non resisterà, e se Ferrara si prende la Binetti, Bobba e gli altri teodem è fatta.

[foto guidocalta]

09 febbraio 2008

LA VITTORIA DELLA SCONFITTA

A volte la realtà supera la fantasia. Un partito che sembrava un estemporaneo capriccio di un miliardario in crisi d'astinenza di potere, un partito che pareva dimenticato (se non addirittura surgelato per sempre) ricompare all'improvviso. Senza che nessuno ne sentisse la mancanza, oltretutto.
Pare che il grande passo sia stato deciso in un batter d'occhio. Tutti d'accordo. Altri fanno congressi e ci mettono anni, loro decidono di fronte ad una tazza di caffè, senza consultare i militanti. Mi piace questo modo di semplificare la realtà, ma in fondo chi lo decide cosa è realtà e cosa è immaginazione?
Pierferdinando Casini addirittura è stato informato mentre era in viaggio in treno, ed a quanto pare non l'ha presa troppo bene. Non ci vuole stare. Ma alla fine tornerà, come al solito. Non ha altra scelta.
Il Popolo della Libertà (nome da brivido) nasce, e nasce già forte ed invincibile. E non è stato fondato in Piazza San Babila, in occasione di quella memorabile domenica del predellino, sospinto da una valanga di firme talmente vere che non se ne è mai più parlato, forse per pudore. Nasce nel 2005 (anche se i più non se ne sono mai accorti) e nasce non per obbligo, ma per scelta consapevole dettata dalla volontà di semplificare. Siamo alla totale riscrittura della realtà, ma questo è solo l'inizio. Il bello verrà nelle prossime settimane, ne sono convinto. La parola d'ordine sarà una sola: il Capo ha avuto l'ennesima idea geniale, ennesimo successo in una lunga carriera che l'ha visto sempre vincente, in qualunque campo. E se qualche volta per caso ha perso è stata colpa di altri, non sua.
Giuliano Ferrara si è già portato avanti con il lavoro. Ieri sera ad Otto e Mezzo era raggiante, non stava più nella pelle. Ha aperto la trasmissione parlando un quarto d'ora senza dire nulla, però è sempre molto intelligente. Per non farsi mancare nulla aveva addirittura la forfora sulla giacca, la forfora tipica delle grandi occasioni: la Forfora della Libertà. Ho rischiato un blocco digestivo, ma ne è valsa la pena. In seguito verranno Belpietro, Feltri, Giordano, Vespa e gli altri scrivani di corte, ma Ferrara è di un altro pianeta. Un fuoriclasse al servizio del miglior offerente.
Ovviamente, nessuno si chiederà perché, nonostante vada sbandierando in giro fior di sondaggi che lo danno vincitore a man bassa, Berlusconi abbia avuto bisogno di lanciarsi in un'operazione del genere. Nessuno dirà che il Pdl sta imbarcando chiunque per far numero, nessuno dirà che è un'operazione di facciata e che si squaglierà il giorno dopo le elezioni. Farsi troppe domande non serve, priva lo spettacolo di ogni suo fascino.
Soprattutto, nessuno riconoscerà che Lamberto Dini entrando in un carrozzone del genere ha avuto un coraggio da leone. È un uomo da ammirare perché ha scelto di entrare non per convinzione e nemmeno per convenienza, ma per fare lo iettatore. In sostanza, vuole portare loro sfiga e farli perdere. Si è immolato per noi e pertanto è un vero eroe, e solo il tempo galantuomo saprà far sì che venga riconosciuto da tutti in quanto tale. Ai poster l'ardua sentenza (cit.).

07 febbraio 2008

IL BELLO DELLA DIRETTA

Ma quanti anni ha il Nongiovane? Tra qualche mese si festeggia il decennale della comparsa di questo bizzarro personaggio sugli schermi di Mtv ed io non ci capisco più nulla. Non ho ancora capito cosa rappresenta e perché insiste a farsi chiamare in quel modo, però evidentemente piace visto che continuano a farlo lavorare. Tra l'altro ha pure recitato in Natale a Miami (un film di un certo spessore, garanzia delle sue reali capacità artistiche) quindi c'è da stare sereni e fargli largo, che non ce n'è per nessuno.
Sono dieci anni che Francesco Maria Mandelli a.k.a. il Nongiovane recita il ruolo del nerd, dell'outsider preso per i fondelli dall'altro conduttore di turno. Sono dieci anni che si ripete. Ma non si è ancora stufato? E soprattutto, era già vecchio agli inizi o proprio non invecchia mai? La confusione regna sovrana, ma lui forse in questo genere di situazione ci sguazza. Il ruolo della spalla anche quando ha una trasmissione tutta sua gli calza a pennello. Io personalmente al suo posto non ce la farei ad andare avanti così, ma magari pagano bene ed allora ce la farei un pochino di più.
Ecco, se devo dirla tutta mi piacerebbe molto lavorare ad Mtv. Invidio chi ci lavora, ma più del Nongiovane io invidio Carlo Pastore (il Nongiovane versione discotecaro-mancato) perché ha il privilegio di lavorarci ed oltretutto ha un bel programma tutto suo. Vorrei anche io un programma tutto mio, una trasmissione dove magari potrei annunciare i video mentre mi tolgo le scarpe (con calzino rigorosamente bucato) oppure mentre mi infilo le dita nel naso e gioco a fare l'esploratore. O magari tutte e due le cose contemporaneamente, tanto per disorientare un pochino il pubblico, il calzino nel naso per far perdere conoscenza a qualche madre di piccolo telespettatore di Mtv. Sarei assolutamente imprevedibile ed ingovernabile: tanto per dire, parlerei malissimo dei Tokio Hotel fino a rischiare il licenziamento ma non arriverei mai a fare ventilatio intestinalis putrens in diretta tv, quello sarebbe troppo scontato.
Anche perché per una prodezza del genere rischierei di essere invitato a Porta a Porta - il plastico dello studio televisivo dove è avvenuto il mio misfatto, Sandro Bondi e Paolo Crepet, il Contratto con gli italiani, Bruno Vespa che mi fa domande insidiosissime - ed allora la situazione potrebbe davvero sfuggirmi di mano. Finirei per candidarmi alle prossime elezioni con uno dei mille partitini che compongono la CdL, il termovalorizzatore delle libertà. Meglio di no.

L'ULTIMO CHIUDA LA PORTA

(via La Stampa)


04 febbraio 2008

MI RACCOMANDO: TUTTI VESTITI BENE

Forse per un complotto ordito da un celeberrimo politico che per non rischiare spiacevoli effetti collaterali (tipo denunce in sede civile e penale) d'ora in avanti indicherò con il nome di Indulgente Bastella, non sono riuscito ad essere presente al concerto dei Babyshambles all'Estragon in quel di Bologna. Speravo di poter documentare un collasso di Pete Doherty sul palco ma alla fine ho l'unico che ho documentato è stato il mio, visto che l'influenza mi ha bloccato a casa rendendomi incapace di nuocere a chicchessia. L'unica consolazione è che almeno sono riuscito a piazzare i biglietti in giro, non subendo troppi danni a livello economico. Almeno quello, cazzo.

Ma poi, era proprio necessario andare ad un concerto dei Babyshambles? Diciamocela tutta, si va ad un concerto del genere non per la musica (roba trita e ritrita che altri hanno già fatto e pure meglio) ma per l'aspetto più disimpegnato e fashion dell'evento. In poche parole, per puro voyeurismo. Vedere la gente accorsa in massa all'evento, la coda all'entrata del locale, i genitori che accompagnano i figli come se fossimo ad una discoteca minorenne nel 1997, i neoalternativi in delirio, le persone che si aspettano Kate Moss sbucare da un momento all'altro sul palco o che si aspettano un buco di Pete Doherty alle prese con una insostenibile crisi d'astinenza, giudicarli, criticarli, ridere, fotografare, tentare di impezzare Fusi di Testa al bagno... beh sono cose che regalano sempre una certa soddisfazione a gente curiosa come me. Sarebbe stato molto bello essere presente ma in fondo non piango per essermelo perso. In fondo ci sono tante cose a cui tengo di più, e la mia salute fa parte di questo set di cose.

A quanto pare il concerto è stato bello. Non potendo scrivere nulla di mio, ma volendo bullarmi di scrivere di un concerto dei Babyshambles, raccolgo qua e là e riciclo spudoratamente. Il locale era sold out ed Il Giornale ha definito il tutto come “un concerto pieno di sorprese”, quindi deve essere stato per forza una gran figata, ma Il Giornale ha un direttore del calibro di Mario Giordano e quindi un opinione del genere fa testo come il nulla rappresentato su di uno schermo televisivo, ovvero il tg che lui conduceva fino a qualche tempo fa. Invece il ben più attendibile e competente Onan in un bel post ha scritto “Nessun brano dei Libertines in scaletta, un inedito (Sedative) e un finale intensissimo (Pipedown, Killimangiro, Albion) concluso dallo straziante assalto di Fuck Forever . Più punk del punk.”, facendomi veramente rimpiangere di non aver potuto vivere un'esperienza del genere. Il compagno G. ha però scritto “così adesso so cosa vuol dire vedere un fantasma che canta. Non tanto per i suoi abusi quanto per il modo che ha di viverli. Pete Doherty lo fa con voce eterea, non in senso sublime però, sembra proprio che sia capitato lì per caso, destinato a rimanerci per ancor meno”. È riferito al concerto di Milano ma credo che a Bologna sia stato uguale, quindi un pochino di dubbi sullo spessore di Doherty mi restano. Quanto è vero e quanto recita? Ma in fondo, chi se ne importa dei dubbi quando ciò che conta è solo l'aspetto più ludico e mondano di un evento?

Tanto per rimanere in tema di eventi ludici e mondani, mi sarò perso i Babyshambles ma in compenso la sera stessa mi sono visto in tv un film davvero bruttissimo (con mia somma gioia, tra l'altro). Una cosa che non avrei mai visto di mia spontanea volontà, ma che nel delirio causato dalla febbre alta sono riuscito ad ingoiare senza fiatare. Io, lei e i suoi bambini, un film con protagonista un'imbarazzante Ice Cube (che dopo i fasti del Family Values Tour con Korn e Limp Bizkit si è ridotto a fare film per bambini), un opera d'arte talmente brutta da risultare bellissima, talmente scontata e poco divertente da risultare esilarante. Una vera e propria versione anni zero di quel gran capolavoro di trashitudine chiamato I Babysitters (filmissimo il cui titolo originale era Twin Sitters ed aveva protagonisti del calibro dei Barbarian Brothers) che mi ha regalato un'ora e mezza di gioia bambina. Ice Cube che per far colpo su una ragazza divorziata rimasta bloccata per lavoro in Canada accetta di tenerle i figli e riportarglieli in tempo per festeggiare il Capodanno. Ovviamente i bimbi sono diabolici e lo sottopongono ad insopportabili vessazioni per tutto il viaggio, ma alla fine i buoni sentimenti trionfano e nasce una nuova famiglia. In pratica, un film che piacerebbe moltissimo a Ruini.
Per iniziare a guarire non chiedevo altro. Mai fare senza.

01 febbraio 2008

HO FATTO LA PACE COL MIO PASSATO

Qualche tempo fa, sistemando i cassetti della mia stanza, ho trovato una cosa che nemmeno sapevo di avere. Qualcosa che non ricordavo e che, distratto come sono, ho sempre visto ma non ho mai notato. Un oggetto assolutamente insignificante all'apparenza, ma dotato di una potenza tale da riuscire a scatenare in me un vortice di ricordi da cui sto uscendo a fatica. Non è da tutti i giorni accorgersi di avere ancora una figurina di quelle che venivano regalate con la Nutella in occasione dei mondiali di Francia '98, ma io l'ho ce l'ho fatta. E grazie a quel minuscolo sticker con ritratto un giovanissimo Alex Del Piero nulla è più stato come prima.
I mondiali in Francia furono mondiali pazzeschi, per me addirittura i più belli degli ultimi vent'anni. Bel gioco, clima positivo, grandi giocatori, sorprese a non finire. L'Italia come al solito partì con grandi aspettative ma si sciolse come neve al sole, uscendo ai quarti di finale dopo aver perso ai rigori una drammatica sfida con la Francia, nazionale che poi vinse la competizione. Un magnifico Zidane portò i galletti allla vittoria mentre Del Piero, il giocatore da cui ci si aspettava di più, fu una delusione e giocò parecchio male.
L'Italia uscì ai calci di rigore ma in fondo non me ne importava nulla, perché il giorno dovevo sostenere la prova orale dell'esame di maturità. Una estate che pareva essere interminabile stava per iniziare per davvero, dovevo superare solo l'ultimo ostacolo ed era fatta. La tensione era tanta ma, per uno strano scherzo del destino, almeno in quell'occasione fui in grado di esprimermi in un italiano corretto (e sensato) e superai il tanto temuto giorno del giudizio in maniera più che brillante. Passato l'esame nulla poteva fermarmi. Un'estate da leone da vivere intensamente, senza nessun genere di preoccupazione o paranoia, prima dell'università e delle responsabilità serie: stavo diventando grande e nemmeno volevo rendermene conto. Addirittura non volevo neanche comprarmi il telefono cellulare perché non ne sentivo nessun bisogno.
E ora, dopo quasi dieci anni, ogni volta che vedo la figurina di Del Piero penso a quell'estate ed immancabilmente penso ad un'unica, sola canzone: Drinking in L.A. dei Bran Van 3000. Un brano atipico, che si sentiva ovunque e piaceva a tutti ma non si capiva il perché. Io trascorsi un lunghissimo periodo sabbatico al mare a non abbronzarmi ed impazzii letteralmente per quella strana canzone, così lontana da tutto ciò che ascoltavo di solito.

All'inizio pensavo che fosse Beck, poi mi sono reso conto che si trattava di roba totalmente diversa, qualcosa che possedeva più classe di Mr. Hansen ma che nello stesso tempo sapeva essere facile ed incisiva. Possedeva la capacità di mandar via ogni cattivo pensiero e farti pensare al divertimento, a party lunghi ventiquattr'ore in cui si festeggiava anche se non esisteva un valido motivo per farlo, tanto l'importante era stare insieme ed uscire dalla noia del quotidiano vivere senza badare a quali sarebbero state le conseguenze. Un inno per una gioventù apparentemente sconvolta, ma in realtà assolutamente tranquilla ed inoffensiva.
Ho passato anni a chiedermi grazie a quale genere di miracolo una canzone come Drinking in L.A. sia riuscita a diventare un tormentone (e poi addirittura ad entrare nell'immaginario della generazione che all'epoca era intorno ai diciotto), ma non credo nei miracoli e non sono ancora riuscito a darmi una risposta sensata. Erano gli anni novanta, e forse questo basta a spiegare tutto. E comunque Drinking in L.A. in una manciata di minuti è in grado di fotografare perfettamente un momento (per me) storico, ed è questo ciò che conta.
Un discorso del genere andrebbe chiuso ricordando ancora una volta che è stata una vera fortuna che gli allora sulla cresta dell'onda Bluvertigo non siano riusciti a diventare il gruppo simbolo di una generazione, ma voglio astenermi dal dire cattiverie su Morgan.
Sono come sono
sono cosa sono
sono come sono
forse neanche buono,
ma ormai parlar male di lui è come sparare sulla Croce Rossa, e quindi è meglio non infierire ulteriormente.

O È CARNEVALE TUTTO L'ANNO O NON È CARNEVALE MAI

Il sempre brillante Roberto Calderoli (che per la cronaca è sposato con rito celtico) ha definito la sua legge elettorale Porcellum "un dono di Dio".

Ha detto proprio "un dono di Dio", ma ovviamente si riferiva a Ronnie James Dio. Non intendeva minimamente elogiare la sua legge-porcata. È stato frainteso.