28 febbraio 2007

IN FONDO SONO CONTENTO CHE SIANO TORNATI I TAKE THAT

Due cose, visto che ho voglia di scrivere. Così, alla rinfusa e senza un particolare nesso tra di loro.

Desidero porgere le mie più sentite scuse agli Arctic Monkeys per averli sempre derisi per il loro nome e per aver affrontato il loro disco con così grave ritardo. Fortunatamente dopo lunghi tentennamenti mi sono deciso, mi ha convinto lui. E gliene sono veramente grato, tra l'altro.
Mi sono procurato Whatever People Say I Am, That's What I Am Not (gran bel titolo) e sono rimasto folgorato. Stupendo. Ha un tiro micidiale e ti entra dentro per poi non uscirne più. Questi ragazzi sono più piccoli di me e faranno tanta strada. Era tanto che non mi capitava di emozionarmi così per un disco di esordio. Più o meno dal disco dei Klaxons.

In tema di dischi di un certo spessore, un altro scovato per caso e difficile da abbandonare è Chevrotine dei francesi Holden. Il fatto che prendano il nome proprio dall'immortale capolavoro di Salinger fa guadagnare loro la mia stima incondizionata e perenne, ma la faccenda è molto più complicata. Suonano come un qualcosa che sta a cavallo tra gli Stereolab meno concettuali e le atmosfere dei Portishead. Un sogno diventato realtà insomma, o comunque qualcosa da non sottovalutare, che ti prende e ti porta via. Verso dove non è dato sapersi, ma l'importante è che ti porti via.
Sono sicuro che piacerebbero molto a lui, il cui blog riesce sempre a farmi pensare ed è nel tempo diventato per me un sicuro punto di riferimento. Avercene di gente così, le cose andrebbero decisamente meglio.

25 febbraio 2007

L'ITALICA ARTE DEL FARE LE NOZZE CON I FICHI SECCHI

Dico l'ovvio, ma in questo caso lo dico molto volentieri. Nell'Italia del 2007 c'è un grande vuoto: non c'è Videomusic. E se ne sente la mancanza. O, per lo meno, io ne sento la mancanza.

Videomusic ha segnato gli anni della mia adolescenza, ed è stata importantissima per me: semplicemente, mi ha formato culturalmente. Quanti pomeriggi invernali passati davanti allo schermo, quanti pomeriggi estivi passati davanti allo schermo (non mi piace uscire quando c'è troppo caldo). E non era assolutamente tempo perso, anzi guardandola mi sentivo bene e crescevo.

Videomusic aveva una particolarità: era reale. Era palpabile, sapevi di poter contare su di lei. La sentivi vicino a te, sentivi che parlava di un mondo che conosceva bene, ed era il tuo mondo. Non era plastificata come Mtv, e poi passava video estremamente coraggiosi, cose che ora nessuno si sognerebbe di trasmettere. Dove la trovi oggi un'emittente che sceglie un video dei supremi Faith No More come video della settimana?

E poi c'erano i programmi. Ricordo Segnali di fumo, contenitore pomeridiano presentato tra gli altri da Mikimix, squallido rapper di un'antipatia unica, che finì pure a Sanremo e ora si è lasciato crescere barba e capelli e ha ottenuto il successo con il nome di Caparezza. Il suo passato lo imbarazza ancora. Giustamente, peraltro.
Ricordo Coloradio, ardito esperimento di radio fatta in tv che andava in onda in diverse fasce del giorno, che spaccava soprattutto quando a presentarlo era Mixo, personaggio che ritengo a modo suo un grandissimo.
Ricordo Indies, sobriamente presentato da Attilio Grilloni, forse primo programma televisivo italiano di musica alternative ed indie. Un alieno nella tv dell'epoca. Lì potevo vedere i video dei miei allora amati Nofx, ed era il delirio.
Ricordo Sgrang!, naturale prosecuzione di Indies ma più incentrato su video punk e metal. Senza conduttore, bastava la musica. Fino a qualche tempo fa ne avevo ancora diverse puntate registrate su vhs. Le ho cancellate, forse in maniera ingrata. Non aveva più senso tenerle a prender polvere.
Ricordo Zona Mito, 5 video al giorno per ogni artista, ripercorrendone la storia. Un'idea semplice ma geniale, in un mondo che ancora non aveva conosciuto la diffusione di massa del web.
Mi costa molto ammetterlo, ma rimpiango addirittura il Roxy Bar di Red Ronnie, con le sue continue ospitate di esponenti dell'universo di San Patrignano. Memorabile fu una puntata incentrata sul tema delle droghe leggere con Neffa solo contro tutti, in un clima di ostilità palpabile. Vedendolo mi sentivo male io per lui. Il risultato è stato che fu quasi sbranato vivo da Ersilio Tonini. Incidenti di percorso a parte, non esiste più un talk show musicale come il Roxy Bar. Fortunatamente, invece, Red Ronnie non si vede più tanto in giro.

Fino al 1999 è stato così. Poi le cose sono cambiate, e Videomusic è morta lì. Per innovare ha iniziato ad appiattirsi sul modello Mtv, da poco arrivata in Italia. Ha vivacchiato per qualche tempo, offuscando il ricordo dei tempi che furono, poi è sparita, grazie anche alla decisiva opera di Vittorio "qualsiasi cosa da me toccata è andata a puttane" Cecchi Gori. Alle ultime politiche era candidato per la Lega Nord, speriamo bene.

La forza dell'emittente era quella di saper mantenere i piedi per terra ed utilizzare la fantasia.
Avendo poche risorse a disposizione, con il coraggio e l'inventiva riusciva a fare grandi cose. Sapeva osare. Quando ha cercato di fare le cose troppo in grande, senza umiltà, è finita. Servirebbe un'emittente musicale come Videomusic. I tempi sono troppo cambiati e nel 2007 probabilmente nessuno la cagherebbe, ma a me piacerebbe molto.
Sono fiero di appartenere alla generazione cresciuta con Videomusic.

23 febbraio 2007

LIBERTA' DI PENSIERO

Uno dei primi a parlarne è stato lui.
Il blogger egiziano Kareem è stato condannato a 4 anni di carcere per aver criticato Islam e presidente Mubarak.

E pensare che c'è gente che pensa che Mubarak sia "illuminato".

E pensare che siamo nel 2007.

NON E' FINITA.

Joakim. La prima volta che ne ho sentito parlare pensavo che fosse un calciatore spagnolo.

Poi ho sentito il disco. Monsters & Silly Songs. Non me lo aspettavo così bello, pieno e completo. Suona come qualcosa che sta a metà strada tra il prozac, i Can, Aphex Twin e i New Order. I Wish You Were Gone sembra veramente la dark side of Blue Monday, e non è solo un gioco di parole.

Nonostante la terribile copertina, Joakim è riuscito a sorprendermi. In giorni come questi non è poco.

No, non è un calciatore. Decisamente.

20 febbraio 2007

IL PROFETA DI UNA GENERAZIONE CHE NON C'E'

E a questo punto parliamo di Morgan. Farlo richiede molto coraggio, forse addirittura incoscienza. E' un duro compito ma qualcuno dovrà pur farlo, ed io sono qui proprio per questo.

In fondo è giusto che qualcuno lo stronchi definitivamente, se lo merita. Poche volte mi è capitato di vedere un personaggio così spocchioso e pieno di sé, così scarsamente umile e sempre pronto a tener banco su qualsiasi cosa, compreso ciò che non conosceva. Anzi soprattutto su ciò che non conosceva. Così, alla cazzo. Principalmente è questo il motivo per cui non l'ho mai potuto sopportare.

Per chi non ne fosse al corrente, Morgan, al secolo Marco Castoldi, è l'ex cantante (nonchè leader) dei Bluvertigo, band meteora che ha avuto il suo picco di fama sul finire degli anni novanta e che proponeva un synth-pop elettronico trito e ritrito. Roba che in Gran Bretagna nessuno si filava più da almeno dieci anni, insomma. In Italia questa roba ha inspiegabilmente attecchito, ma fortunatamente è stato un fuoco di paglia, ed i Bluvertigo sono finiti ben presto nel dimenticatoio. Meritatamente, aggiungo io.

Il parruccatissimo Morgan deve la propria fama ad Mtv, che ha pompato in maniera inverosimile la sua band fino a farla arrivare al successo. Video in heavy rotation, comparsate a programmi, possibilità di suonare agli Mtv Day come gruppo di punta hanno convinto tutti che i Bluvertigo fossero una gran figata; il fatto che venissero identificati esclusivamente con lui ha fatto il resto. Che schifo di mondo, viene subito da dire.

Ma il peggio doveva ancora arrivare. A questo punto Mtv ha provato a lanciarsi in un'operazione tanto sfacciata quanto stupida: far divenire Morgan un simbolo generazionale.

Ci hanno provato in tutti i modi. Era ovunque, a qualsiasi ora del giorno. Sapeva tutto lui. Musica, cinema, droga, comunismo, pornografia, non importava: Morgan diceva la sua verità. Non c'era programma di Andrea Pezzi dove non fosse invitato in veste di opinionista (o cuoco, come nel caso di Kitchen). Mancava solo che gli facessero fare anche le pubblicità. Ci avranno anche pensato, credo.

Ma non c'è stato verso, non ce l'hanno fatta. Morgan non aveva lo spessore culturale per essere un simbolo, e non aveva nemmeno il carisma adatto, risultando poco credibile. In poche parole, era un gonzo, e nemmeno piccolo. Troppo costruito, troppo distante dai ragazzi dell'epoca, troppo impegnato a dimostrarsi profondo e riflessivo per potercela fare. Si vedeva lontano un miglio che stava recitando una parte.

Progressivamente la band, nonostante l'ultimo colpo rappresentato da un'apparizione a Sanremo (con L'assenzio, forse ad onor del vero l'unico loro pezzo veramente bello), ha perso appeal ed ha finito per far perdere le sue tracce, e la gente ha iniziato a dimenticarsi di Morgan. Il punto più basso e triste della sua parabola discendente è forse stato raggiunto con la candidatura alle elezioni europee del 2004 con la Lista Liberal-Sgarbi (Vittorio Sgarbi, proprio lui, un altro simpaticone) e con la conseguente, solenne figuraccia. Una manciata di voti raccolti, nel vero senso della parola. Nemmeno Romi Osti, mister La 9 e candidato per la stessa lista, ha saputo fare di peggio (Bisognerebbe parlare anche di lui un giorno o l'altro, è un personaggio che regala sempre molte soddisfazioni, soprattutto ai telespettatori delle interminabili dirette notturne della sua emittente).

Morgan ha quindi tentato con scarsa convinzione (e scarsi risultati) la carriera solista e saltuariamente è ricomparso ad Mtv in programmi rievocativi degli anni ottanta o degli anni novanta, come fosse una cosa normale chiamare uno che non è stato praticamente nulla, ma che è stato spacciato per lungo tempo come un simbolo generazionale.
Peccato che la generazione a cui si riferivano non fosse la nostra.
Chiedevamo gente semplice ma con le palle, non gente come lui.

DELICATESSEN

Me ne parlò a suo tempo lui, che non so più che fine abbia fatto. Li ho messi nella mia wishlist e me ne sono assolutamente dimenticato, salvo poi comprarli a distanza di mesi, inaspettatamente.
Hot Club de Paris. Potrebbe essere il nome di un sito porno, ma di quelli più raffinati e con pretese intellettuali, sempre che un sito porno possa averne. E invece no, non lo è.

Drop It 'til It Pops. Gran titolo, e gran disco. Una folgorazione.

Hardcore, ma zuccheroso come solo il miglior pop sa essere. Geniali, come una versione alla candeggina dei No Means No, una delle band più geniali di tutti i tempi.

Forse è una bestemmia ma se Brian Wilson nel 2007 si mettesse in testa di fare hardcore suonerebbe come loro.

Non è che sia la verità assoluta, ma io li interpreto così. Ho dei grossi problemi, lo so.

IDEA REGALO (PER FARE BRUTTA FIGURA)


Passi per la musica, che è quanto di più brutto mi sia capitato di ascoltare negli ultimi dieci anni.



Ma i Beatles proprio no, lasciateli stare.

17 febbraio 2007

TV CASUALTY

Io a volte ho il gusto dell'orrido, dell'infinitamente brutto. Del trash, duro e puro. Non lo faccio apposta, è che è più forte di me e non posso farci nulla. In poche parole, sono un cultore di The Club, il programma che va in onda ogni giorno ad orari random su Allmusic.
Ogni volta che mi capita di vederlo rimango ipnotizzato, non ne posso fare a meno. Come una droga. Il format del programma è vecchissimo: intervistare i ragazzi nei luoghi di aggregazione dei ggiovani d'oggi permettendo loro di lasciare un breve videomessaggio di presentazione per eventuali pretendenti. Di una banalità quasi surreale.

Ma è la tipologia dei protagonisti che lascia interdetti. Semplicemente, sono tutti degli stereotipi viventi. Forse non esistono neppure. In tutte le città, i partecipanti sembrano sempre gli stessi, ed a volte mi chiedo se non escano tutti da un unico stabilimento di produzione, tale è il livello di standardizzazione. C'è il manzo da discoteca, iperlampadato dallo sguardo conquistatore e dal neurone decotto; c'è lo sfigatello, impacciato, bruttino e con gli occhiali, che fa disperati appelli alle ragazze; c'è la bruttina-che-cerca di-rendersi-interessante, appassionata dell'arte e del bello ma che dimostra in realtà di non sapere un'acca; c'è quella in netto sovrappeso, dark per giunta, che si dichiara patita di Evanescence et similia, dissimulando a fatica l'entusiasmo per ciò che afferma; c'è la strafiga che vuole dimostrare a tutti i costi di non essere un'oca e di avere un'intelligenza fuori dal comune, che sembra pure riuscirci salvo poi cadere sul più bello.

Non manca proprio nessuno, nemmeno il furbetto con i capelli a spazzola e le lentiggini che non sta fermo un attimo mentre lo intervistano, probabilmente incocainato. Il grande assente è solo il congiuntivo. I ragazzi di The Club hanno infatti una particolarità: hanno tutti dei grossi problemi con la lingua italiana. Mi è capitato di sentire gente fare strafalcioni pazzeschi, cose da ridere a crepapelle, ed uscirne con dignità, come fosse una cosa normale pronunciare frasi del tipo 'se un ragazzo bacia male LO insegno io a baciare'. Direi che hanno tutti lavato i panni in Arno. Disgustoso.

Altra grande particolarità è la voce fuori campo che fa le domande ai partecipanti. Era dai tempi di Lucignolo che non si sentiva una voce così irritante, ma forse ciò che viene chiesto è pure peggio. Le domande, infatti, sono assolutamente inutili, ed in particolare riguardano tematiche di natura ludico-sessuale. Capita quindi di sentir chiedere ai ragazzi quante volte al massimo in una notte, e regolarmente questi millantano numeri da fantascienza, mostrando anche un certo orgoglio per quanto affermano. Il cazzo.

Un bel programma, non c'è che dire. Devo solo capire bene quali siano gli orari di programmazione poi potrò seguirlo regolarmente, senza dovermi accontentare di imbattermi solo per caso. Visto per caso o regolarmente, in ogni caso va giù come un bicchier d'acqua e consente di passare minuti di sana e consapevole libidine mentale.

Mi chiedo se abbiano vinto loro, se l'Italia sia veramente questa, ed ogni volta non so dare risposta. E continuo a guardarlo.

WHAT WOULD YOU'VE BEEN, IF YOU HADN'T BEEN A TEEN. DO YOU KNOW WHAT ELSE IT MEANS?

Non gli Afterhours. Non i Marlene Kuntz. E nemmeno i Massimo Volume. Dei 99 Posse neanche a parlarne. Mi spiace lasciare fuori i Sangue Misto, ma sarebbe troppo facile indicare loro.
I dischi italiani più importanti degli anni novanta sono stati tre. Per il loro valore di reperto storico e per l'impatto che hanno avuto al momento dell'uscita.
Pislas della Paolino Paperino Band, per la sua provocazione intelligente e la sua ironia sagace. Dietro alle prese per il culo c'è molto di più, basta saperlo cogliere. Massimo rispetto per una grandissima band che non ha mai ottenuto ciò che avrebbe meritato.
La fabbrica di plastica di Gianluca Grignani, ovvero un uomo che non sta bene nella sua condizione di superstar, vuole esprimersi liberamente e fa un disco che risulta un entità aliena nell'allora panorama maistream. Ho sempre sospettato che all'epoca si facesse. Una volta ripulito, è finito artisticamente. Peccato.
Così com'è degli Articolo 31, che con questo disco sono riusciti nella non facile impresa di rendere importanti le cazzate e, contestualmente, a rendere cazzate le cose importanti, facendo il botto e chiudendo definitivamente la loro comunque non brillante carriera artistica. Il simbolo della parte più futile del decennio.
I più importanti sono stati questi, ci puoi scommettere che sono stati questi.

Paolino Paperino Band - La pentola
Gianluca Grignani - La fabbrica di plastica
Articolo 31 - Tranqui funky

13 febbraio 2007

GETTONI A SPUGNATE, TANTO NON PAGAVO IO (un post sulla musica da autoscontri)

Confesso di essere stato, durante l'adolescenza, un assiduo frequentatore di autoscontri. Ognuno ha le proprie colpe da espiare. Io ho questa, e (un pochino) me ne vanto.

E soprattutto ne sono stato un assiduo frequentatore negli anni che andavano dal 1994 al 1998, gli anni d'oro di Albertino, l'uomo che dettava legge in materia di musica da autoscontri. Un idolo per tanti miei amici, un coglione per me.
Si trattava di musica che non brillava certo per sobrietà, e il tipico frequentatore di autoscontri era ancor più truzzo. Io almeno (per fortuna) ho sempre mantenuto un certo distacco, ovvero mi vestivo come mi pareva e avevo una mia linea musicale nettamente diversa dal resto della massa.
La musica da autoscontri non mi piaceva, ma ciò non toglie che quando ero in pista mi gasava. E' innegabile: bpm ad andatura elevata, melodie semplici ma coinvolgenti, cassa martellante, suoni di synth tagliati col coltello, in pista hanno tutto un altro effetto. Soprattutto se hai 16 anni e vedi il mondo per la prima volta. Ti fanno sentire invincibile. I dominatori dell'universo.
Ora, in pista venivano suonato anche altro, ma era la dance a farla da padrona. Quindi, a parte gli 883 e gli Articolo 31, il resto era dance. Roba che di mia iniziativa non avrei mai ascoltato, nemmeno sotto tortura.
A distanza di anni, ho elaborato un opinione diversa in materia. Sarà che sto invecchiando, ma non era poi così male. Vuoi mettere Eins Zwei Polizei di Modo, col suo testo così espressivo e le sue melodie così ricercate? O gli Snap, con le loro finissime parti rappate? O Gala, meteora di un estate, che starà ancora contando i bei soldoni che Come Into My Life le ha fruttato? (O meglio, il produttore li starà contando. Gala in quanto tale forse non esisteva nemmeno, probabilmente era solo un corpo femminile utilizzato per le apparizioni al Festivalbar)

Una mia personale top ten in materia:
Ralphie Rosario - Take Me Up
The Temperer - Feel It
Ace Of Base - The Sign
Aladino - Brothers In The Space
Molella - With This Ring Let Me Go
Wighfield - Saturday Night
e, dulcis in fundo, un vero crimine contro l'umanità: Ramirez - El Gallinero
Dopo questo outing, mi rimane da dire solo un'unica cosa. Albertino non era un coglione come ho sempre pensato. Era il più avanti di tutti, ero io che non lo capivo. Rimpiango solo una cosa: il suo capello lungo e unto. Da quando li ha tagliati non è più la stessa cosa.
Ti prego Albertino fai ricrescere i capelli. O al limite, fai un trapianto.

I'M SINGING IN THE RAIN (AND I'M HAPPY AGAIN)

Ieri sera mentre ascoltavo i Giardini di Mirò guidando sotto la pioggia ho avuto un'illuminazione. Ho capito non una, ma ben due cose.
Qoob è una bella cosa, ne avevo parlato male ma devo ricredermi. E' importante che ci sia una realtà del genere. Si può sempre migliorare, ma per ora ce la teniamo così.
Lemming dei Ronin è un disco per cui si può tranquillamente ancora usare il termine post-rock. Anzi, forse è l'unico. E' stupendo, a condizione di non condannarlo ad un ascolto distratto o superficiale.

Ronin - Il galeone

12 febbraio 2007

STILE. MICA SI COMPRA, STILE.

Confesso di essere un nostalgico di Jamiroquai. O meglio, nostalgico dei primi 2 album di Jamiroquai, quando non si era bruciato il cervello con la coca. Sono affermazioni forti, ma certe cose bisogna precisarle.
E da nostalgico del buon Jay Kay, ho (ri)scoperto Remy Shand e il suo primo e (finora) unico album The Way I Feel. Gran disco, tra l'altro.
Lo conoscevo solo per i singoli che passavano all'epoca (e che mi diedero le stesse senzazioni che mi diede Emergency On Planet Earth) ma, ascoltando l'intero cd, mi sono reso conto che Remy Shand è un genietto. Ha aggiornato il concetto di soul, riuscendo a suonare antico e moderno nello stesso tempo. Il nuovo e il vecchio. L'analogico e il digitale.

Qualcuno ha parlato di nuovo Stevie Wonder. Così, tanto per gradire.

Remy Shand - Take a Message
Remy Shand - The Way I Feel
Remy Shand - Rocksteady

11 febbraio 2007

IMPAGABILE, A COSTO DI RIPETERMI

Sentir dire che Albertino avrebbe potuto essere il John Peel della musica da giostre è impagabile. Lo ripaga da anni di mie prese per il culo, anche se confesso che sotto sotto rimpiango il Deejay Time dei tempi d'oro.
Entrare in un negozio di bici e vedere la sagoma cartonata di Albertino, scoprendolo testimonial di una terribile bicicletta in fibra di carbonio è impagabile. Da piegare dalle risate.
Sentire un gruppo che suona come of un'improbabile incrocio tra Pulp e Xiu Xiu e che riesce a farlo in maniera credibile è impagabile. Gli of Montreal fanno proprio questo, e lo fanno molto bene. Hanno tanta fantasia ed estro compositivo, e riescono a sorprendere ad ogni brano. Il solo fatto che escano per la gloriosa Polyvinyl Records, etichetta in genere avvezza a ben altri suoni, me li subito rende simpatici. Hissing Fauna, Are You the Destroyer? è un piccolo capolavoro. Molto kitsch, mi piace veramente tanto.

of Montreal - Heimdalsgate Like A Promethean Curse

08 febbraio 2007

LA GRAFICA E' ASSOLUTAMENTE ANCORA PROVVISORIA

Some Loud Thunder dei Clap Your Hands Say Yeah è un disco della madonna.
Un suicidio commerciale assoluto, nulla a che vedere con il primo disco.
Proprio per questo mi piace un sacco.
Qualcosa di provvisorio, come la grafica del mio blog. Qualcosa che crescerà nel tempo.

04 febbraio 2007

MEA CULPA

Dividing Opinions dei Giardini di Mirò è proprio una piacevole sopresa. Non me lo aspettavo così. E' un disco maturo e ricco di sfumature, c'è un intero mondo dentro.
Io avevo sempre sentito parlare di loro come (presunto) gruppo clone dei Mogwai e di conseguenza li ho sempre snobbati, visto che proprio i Mogwai non li sopporto. Li ritengo noiosi e supponenti, troppo chiusi mentalmente, troppo sopravvalutati.
Di loro salvo solamente Young Team, che infatti non c'entra praticamente nulla col resto della loro discografia.
E invece i Giardini sono un'altra cosa. Hanno una mentalità più aperta alle contaminazioni, sanno rischiare. Riescono paradossalmente a risultare di facile ascolto pur suonando un genere molto ostico. In una parola sono molto molto più bravi degli scozzesi. Mi dispiace parecchio non averli considerati prima, ma rimedierò.
Tra loro e i Mogwai c'è differenza come tra il giorno e la notte.